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A porte chiuse
di
Gianfranco Rosso
Si chiamano Schengen e Dublino le prossime tappe del processo di smantellamento del diritto d’asilo in Svizzera. Da anni in cima alla lista dei desideri delle autorità di polizia elvetiche, i due accordi internazionali vengono ora presentati dal Consiglio federale come gli elementi costitutivi di un’Europa "sicura e senza frontiere" di cui anche la Svizzera "dovrebbe" entrare a far parte. In realtà non sono altro che un meccanismo militar-poliziesco inventato dall’Unione europea per escludere dal proprio territorio i perseguitati e i poveracci che fuggono dall’inferno di paesi lontani e vicini. L’accordo di Schengen formalmente promette più libertà per i cittadini, ma in realtà non è che un rafforzamento dello stato di polizia: l’abolizione dei controlli dei documenti alle dogane è infatti "compensata" dall’aumento dei controlli all’interno del Paese. In un raggio di trenta chilometri al di qua e al di là della frontiera i funzionari doganali sono autorizzati a fermare, perquisire e identificare le persone. Il "vantaggio" di un simile sistema, affermano i fautori di Schengen, è quello di poter istituire controlli imprevedibili per i presunti criminali e dunque più efficaci di quelli alle frontiere. Questi signori non dicono però che tali controlli, secondo le leggi cantonali attualmente in vigore, sono illegali. Premessa per un controllo d’identità sul territorio nazionale è infatti la presenza di un sospetto concreto oppure di un pericolo per l’ordine e la sicurezza. La cancellazione di questerestrizioni spalancherebbe le porte agli abusi da parte della polizia, che sarebbe libera di operare con la stessa durezza e lo stesso arbitrio impiegati per esempio in occasione della manifestazione contro il World economic forum di Davos del gennaio scorso. Vittime principali di arbitrio sarebbero evidentemente gli stranieri e tutti coloro che potrebbero esserlo agli occhi dell’agente. L’esperienza dei paesi vicini insegna che da quando i controlli sono possibili anche in assenza di sospetti, lo sguardo di doganieri e poliziotti cade quasi sempre su persone che hanno la pelle di un colore diverso dalla nostra. Un criterio identico è applicato anche nella gestione del cosiddetto Sistema d’informazione di Schengen (Sis), considerato il cuore dell’accordo. Lo stesso consiste nella registrazione elettronica di qualcosa come dieci milioni di dati riguardanti circa un milione di persone. Fra queste solo l’1 per cento è accusato di un reato o è ricercato. Più dell’80 per cento delle registrazioni riguarda invece cittadini extracomunitari espulsi dall’Unione o persone a cui va impedito l’accesso allo "Spazio di sicurezza europeo". In futuro, secondo i progetti annunciati, il Sis potrà addirittura custodire i dati di stranieri indesiderati per periodi molto più lunghi, nonché registrare fotografie, impronte digitali e profili di Dna. Il tutto con l’obiettivo di trasformare il vecchio Continente in una sorta di fortezza, al riparo dalle "invasioni" di donne, uomini e bambini in cerca di una vita dignitosa. Ed è in quest’ottica che da qualche anno paesi come la Germania e l’Austria lavorano per sostituire la Convenzione di Ginevra sui rifugiati con un sistema basato sul contingentamento. Come se si trattasse di merce! Schengen è dunque qualcosa di più di un accordo internazionale. È una strategia globale di chiusura che mira, tra l’altro, a gestire e fermare i processi migratori con l’impiego degli eserciti direttamente nei paesi di provenienza, lontani dalle frontiere dell’Ue. Basti pensare a quanto è capitato nel 1999 in Kosovo con la gestione militarizzata dei campi di rifugiati. Di fronte a questa evoluzione, che sarebbe meglio chiamare involuzione, la Svizzera non vuole essere da meno. Il Consiglio federale e la maggioranza sperano così che il 10 giugno il popolo avalli l’impiego di soldati svizzeri in operazioni per l’imposizione armata della pace. Altro elemento decisivo di questa sciagurata strategia è il cosiddetto "accordo di Dublino" sull’asilo, che in qualche modo completa l’operazione Schengen. Se la Svizzera vi aderirà, gli aventi diritto all’asilo nel nostro paese diminuiranno drasticamente. L’accordo consente infatti di inoltrare una sola richiesta in tutta l’Unione europea. Per tutti coloro che non hanno un parente prossimo in uno stato membro oppure non sono in possesso di un visto (che è rarissimo), a decidere sulla domanda d’asilo sarà il paese in cui l’interessato ha messo piede per primo. Tutti gli altri potranno espellerlo senza troppe formalità. La Svizzera sarebbe così responsabile soltanto per i richiedenti che giungono attraverso un aeroporto internazionale (nel 2000 a kloten ne erano arrivati 162). In pratica questo significa che l’asilante non verrà più interrogato sui motivi che lo hanno portato a lasciare il suo paese, ma sul percorso che lo ha portato in Svizzera. Se venisse per esempio trovato con in tasca un biglietto della metropolitana milanese, sarebbero date le condizioni per non entrare in materia sulla richiesta d’asilo ed espellerlo immediatamente. Entro il 2002 gli Stati dell’Ue disporranno poi del sistema Eurodac, che consentirà di confrontare le impronte digitali e dunque di individuare immediatamente chi presentasse una seconda domanda d’asilo. L’Europa senza frontiere è un’altra cosa!
E la chiamano Europa senza frontiere
Ecco che cosa prevede l'accordo di Schengen e la Convenzione di Dublino: • Soppressione dei controlli: L’accordo di Schengen, stipulato nel 1985, abolisce i controlli alle frontiere comuni di tredici stati dell’Unione (tutti esclusi Regno Unito e Irlanda), a cui si sono aggiunti Islanda e Norvegia. Dal 1999 è stato integrato nel quadro giuridico e istituzionale dell’Ue, il cosiddetto "acquis communautaire". • Sicurezza: L’accordo prevede l’inasprimento dei controlli alle frontiere esterne allo spazio di Schengen, regole comuni in materia di visti d’entrata, maggiore collaborazione fra i servizi di polizia e di dogana. • Rete d’informazione: Il sistema d’informazione di Schengen (Sis), una rete informatica automatizzata che permette alle autorità di accedere ad informazioni su persone ricercate, scomparse o indesidearate, nonché su oggetti e veicoli rubati. • Convenzione di Dublino: sottoscritta nel 1990 dagli Stati membri dell’Ue, determina lo stato responsabile di esaminare le domande d’asilo presentate in uno dei quindici paesi dell’Ue. Essa limita fortemente la libertà di movimento dei richiedenti. Una convenzione parallela con Norvegia e Islanda è entrata in vigore il 25 marzo 2001. • Eurodac: È un sistema che consente di confrontare in tutti i paesi dell’Ue le impronte digitali di richiedenti l’asilo e di coloro che varcano illegalmente una frontiera esterna. Sarà operativo a partire dal 2002.
Pubblicato il
25.05.01
Edizione cartacea
Anno IV numero 18
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