A casa non le vogliamo, all’estero sì

Gli svizzeri non vogliono scorie radioattive sotto casa. Il Parlamento ne prende atto e decide di autorizzarne l’esportazione. Parallelamente, per garantire consensi all’opzione nucleare, concede al popolo alcuni strumenti per opporsi alla costruzione di nuove centrali e di depositi sotterranei per le scorie. Partendo da questi criteri, le Camere federali stanno tentando di dare forma alla nuova legge sull’energia atomica, che fungerà da controprogetto a due iniziative popolari anti-nucleari: la prima (denominata “moratoria più”) mira a vietare per dieci anni ogni autorizzazione per nuove installazioni; la seconda (“corrente senza nucleare”) chiede invece l’abbandono progressivo dell’energia atomica. Il Consiglio degli Stati nel dicembre 2001 e il Consiglio nazionale pochi giorni fa hanno bocciato le due proposte praticamente senza discuterle. Un atteggiamento non certo molto rispettoso nei confronti dei cittadini che esercitano un diritto democratico. Ma forse questo è l’aspetto meno grave della vicenda. Il peggio sono i contenuti della legge, che la destra di questo paese, il Consiglio federale e la lobby nucleare avranno il coraggio di presentare come alternativa moderata alle due iniziative. In realtà va in direzione esattamente opposta. Essa rilancia alla grande l’opzione nucleare: la moratoria sulla costruzione di nuove centrali atomiche attualmente in vigore non viene rinnovata e il problema dello smaltimento delle scorie viene esportato. Confrontata con la forte opposizione della popolazione elvetica ai depositi di scorie (la votazione sul Wellenberg non è certo un caso isolato), la Svizzera si appresta così ad approfittare della disponibilità russa ad accogliere i rifiuti altamente radioattivi delle nostre centrali. Un affare già fiutato dall’industria nucleare elvetica, che nel 1998 sottoscrisse un accordo in questo senso con il ministero russo dell’energia atomica, il quale con quel genere di importazioni conta di incassare venti miliardi di dollari. Purtroppo il Parlamento sta facendo poco o nulla perché quell’accordo non entri in vigore. Anzi, sta tentando di favorirlo: il Consiglio degli Stati ha adottato una moratoria di dieci anni, ma il Nazionale non ne vuole sapere e la norma alla fine dei dibattiti verosimilmente decadrà. Questo significa che fra qualche anno si moltiplicheranno i trasporti all’estero di materiale nucleare. Continueremo a servirci degli stabilimenti di La Hague (Francia) e Sellafield (Gran Bretagna) per il ritrattamento del combustibile esausto (un metodo alternativo allo stoccaggio che consente di riciclare i rifiuti nucleari) e ci rivolgeremo alla Russia per le scorie che dovranno essere stoccate. E lo faremo nella consapevolezza di correre rischi enormi su entrambi i fronti: oltre agli incidenti che potrebbero verificarsi durante la fase di trasporto, ricordiamo che il ritrattamento è una tecnica ormai antiquata e che un incidente a La Hague renderebbe inabitabile una buona parte d’Europa; per quanto riguarda la Russia sappiamo invece quali siano gli standard di sicurezza. Ma tutto questo al Parlamento sembra interessare poco: l’importante è dare agli svizzeri la sensazione di un’energia nucleare sicura e pulita!

Pubblicato il

27.09.2002 02:30
Gianfranco Rosso