Da quando sono ritornati da Niederurnen, nei villaggi della zona di Santa Maria di Leuca decine di ex collaboratori della Eternit muoiono di mesotelioma, un tumore dovuto all’esposizione all’amianto. A centinaia erano emigrati negli anni ’60 e ’70 per far fortuna a Niederurnen. La strada che da Santa Maria di Leuca porta a Corsano è bordata di fichi d’india. Nella luce verde degli ultimi raggi del sole si rispecchiano gli scogli. Dall’altra parte della strada ci sono coltivazioni d’olivi a perdita d’occhio. Nell’estremo sud della Puglia la gente ha sempre vissuto d’agricoltura. La Puglia è una delle regioni più povere d’Italia. Da qui a partire dalla metà degli anni ’50 sono emigrati a migliaia verso il Belgio, la Germania e la Svizzera. Gli abitanti di Tiggiano, Corsano, Alessano e di altri villaggi attorno a Santa Maria di Leuca credevano di aver trovato la felicità a Niederurnen, alle dipendenze della Eternit, la fabbrica della famiglia Schmidheiny che produceva cemento d’amianto. Sperando in un futuro migliore a centinaia sono andati nel piccolo villaggio glaronese con la grande fabbrica. Ma la loro felicità è stata di breve durata. Da quando sono tornati da Niederurnen, nei villaggi attorno a Santa Maria di Leuca gli ex lavoratori della Eternit muoiono a decine di mesotelioma, un tumore dovuto all’esposizione all’amianto. Cifre esatte però non ce ne sono. Ma ognuno qui conosce qualcuno che è già morto o si è ammalato. Nemmeno alla Eternit non ne sanno di più: «Dall’Italia sono arrivati circa 2 mila 500 collaboratori», ci dice il boss della Eternit Anders Holte. La sala comunale di Corsano è piena fino all’ultima sedia: “Giustizia per le vittime dell’amianto della Eternit” sta scritto su uno striscione. La gente è venuta anche da Alessano, Tiggiano, Casorano, Gagliano e da Santa Maria di Leuca. Si conoscono l’un l’altro. L’atmosfera è cupa, tutti condividono lo stesso destino: loro o i loro parenti hanno respirato per anni nella fabbrica la polvere d’amianto assassina, ora sono in ansia per la loro salute. Molti di loro sono ammalati, hanno disturbi alle vie respiratorie, asbestosi o cancro. Altri per paura non vanno nemmeno più dal medico. Dolorata Cazzato, madre di quattro bambini, è seduta in fondo alla sala. Di notte non riesce a dormire: deve sempre tossire e le manca il respiro. Il perché non lo sa. «Spero che non faranno vedere immagini di persone ammalate, non lo reggerei», dice piano a suo marito Salvatore Chiarello. Accanto a lui è seduta Mariarosaria Antonazzo. Ci racconta che suo padre, Cosimo Antonazzo, è morto nel 1984 di cancro ai polmoni dopo essere rientrato da Niederurnen. Allora Mariarosaria aveva 13 anni: «Gridava dal dolore e vomitava sangue», ricorda. Più avanti nella sala ci sono Elvira Longo e Christian Marini. Anche i loro padri sono morti di mesotelioma. Da anni Elvira e Christian conducono una battaglia legale contro la Suva, l’Istituto nazionale svizzero per l’assicurazione infortuni. La Suva si rifiuta di riconoscere un’indennità per i superstiti. Delusa dall’Eternit e dalla Suva è anche Assunta Orlando. Dice che suo marito Ippazio Chiarello è morto di cancro nel 1990, quattro mesi dopo il suo ritorno da Niederurnen. «Il medico della Suva gli aveva detto che tutto era a posto, ma lui aveva già metastasi alle ossa». Lei una rendita per superstiti alla Suva non l’ha mai chiesta: non sa nemmeno di averne diritto. «La gente qui è disperata, nessuno gli ha spiegato quanto sia pericoloso l’amianto», spiega Franco Basciani, segretario del settore migrazione di Unia. Conosce di persona molti dei presenti. Perché da ragazzo pure lui ha lavorato alla Eternit. Da alcuni anni si occupa dei suoi colleghi di un tempo. Ha organizzato la serata d’informazione assieme all’associazione dei migranti di Corsano. Franco Basciani e Massimo Aliotta, un avvocato dell’associazione svizzera per le vittime dell’amianto, vogliono informare gli ex collaboratori della Eternit e i parenti delle vittime sui loro diritti. Aliotta si arrabbia quando constata che «la maggior parte di loro non sa nemmeno di aver diritto a delle rendite e a delle indennità». Molti ex collaboratori della Eternit non hanno avuto più alcun contatto con la Suva da quando sono ritornati in Puglia. Ma ai presenti non interessano soltanto i soldi. Fontana Alessio di Tiggiano vuole prima di tutto una cosa: «Giustizia». Anche suo padre è morto a causa dell’amianto. La giovane donna chiede se si possa inoltrare una denuncia penale contro la Eternit in Svizzera. Ma questa via non è semplice da percorrere, come spiega ai presenti l’avvocato svizzero: in Svizzera la tutela dei lavoratori è messa male. La prescrizione è troppo breve: benché un cancro dovuto all’amianto si manifesti soltanto da venti a quarant’anni dopo l’esposizione alle pericolose fibre, per una procedura penale vale in linea di principio un termine di prescrizione compreso fra 5 e un massimo di 15 anni dall’ultimo contatto con l’amianto. Per la maggior parte dei presenti in sala questo termine è una presa in giro, perché hanno lavorato alla Eternit di Niederurnen negli anni ’70 e ’80. Il loro rapporto di lavoro si è concluso da più di dieci anni. Anche se si ammalano soltanto ora, è di solito troppo tardi per inoltrare una denuncia penale. Al termine della serata alcuni degli ex dipendenti della Eternit si ritrovano nel bar di fronte alla biblioteca comunale. Domenico Crudo racconta come nei primi anni ‘70 si sia procurato da solo una maschera di protezione: «C’era polvere dappertutto, ma non ci hanno dato alcuna maschera di protezione. Soltanto anni dopo ce le hanno fornite». Crudo si ricorda molto bene dell’epoca in cui Stefan Schmidheiny aveva rilevato l’impresa dal padre Max. Il figlio Stefan aveva cercato delle fibre alternative all’amianto, ma le condizioni di lavoro non erano migliorate. «Al contrario», sostiene Crudo, «Stefan ha introdotto il lavoro a cottimo. La pressione aumentò enormemente». Anche Antonio Mariello ha lavorato per 19 anni alla Eternit: con un forcone per il letame riempiva dei sacchi con le fibre di amianto. «Quando ci ammalavamo e cominciavamo a tossire ci mandavano semplicemente in un altro settore, dove c’era meno polvere», racconta Mariello. Francesco Treveri è preoccupato per la sua salute: «Quando veniva la Suva dovevamo ripulire la fabbrica da cima a fondo». Mario Muccio è triste. Racconta che suo fratello Virgilio e suo cugino Antonio Muccio sono morti entrambi di cancro pochi mesi dopo il loro ritorno da Niederurnen. Adesso si chiede: «Quando toccherà a me?». Anche Antonio Martella avrebbe partecipato volentieri alla serata a Corsano. Ma è ammalato. Ha sempre bisogno di ossigeno ed è spossato dalla chemioterapia. Ha un mesotelioma e sa che gli rimangono ancora soltanto pochi mesi. «Perché ci hanno fatto questo», chiede sempre a sua moglie. «Perché?». "Andavo a dormire pieno di polvere" Biagio Zaccaria, 60 anni, ha lavorato dal 1962 al 1993 alla Eternit di Niederurnen. Oggi è convinto che la Suva e la Eternit si siano messe d’accordo. «Come ringraziamento mi hanno sbattuto fuori. Dopo 31 anni. Nel ‘91 la mia asma peggiorava sempre più. Il medico della Suva mi aveva fatto trasferire ad un altro reparto. Era questo il segnale: chi era malato veniva trasferito. Nei nostri incarti però c’era sempre scritto “adatto per lavori con amianto”. Il licenziamento è stato un duro colpo. Mia moglie Rosaria ed io abbiamo raccolto le nostre povere cose e siamo ritornati con la figlia più giovane a Corsano. I quattro figli maschi sono rimasti a Niederurnen. Ora viviamo nella paura. Mia moglie ha già subito tre interventi. Mi sento in colpa, perché tornavo a casa sempre pieno di polvere. Non avevamo la doccia. Alla sera andavo a letto pieno di polvere. Nel 1990 Rosaria ha dovuto farsi operare la prima volta, aveva un cancro all’intestino. Quando sembrava che cominciasse a stare meglio è arrivato il secondo cancro, nel ’98, un linfoma. Ma anche quello l’ha superato come per miracolo. L’anno scorso l’hanno dovuta operare ai polmoni. Ma non finisce mai? Mi sento tanto in colpa. E cosa succederà se mi ammalerò anch’io? Non ci voglio nemmeno pensare. Non vado più dal medico. Non voglio nemmeno sapere come sto. Si sono messe d’accordo, la Suva e la Eternit. Sapevano a che pericoli ci esponevano. A volte mi chiedo se c’è qualcosa che assomiglia alla giustizia». La precisazione La Eternit Ag non fornisce per principio informazioni sullo stato di salute dei suoi (ex) collaboratori. Biaggio Zaccheria è stato licenziato alla fine del 1992 nell’ambito di una riduzione del personale. Questa è avvenuta per la contrazione del settore edile. Dalla fine degli anni ’70 la Eternit ha introdotto una serie di innovazioni nell’ambito della tutela della salute dei collaboratori. Anders Holte Ceo Eternit Ag

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25.02.05

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