Contrariamente ai timori espressi dalle associazioni dei datori di lavoro durante la campagna referendaria, che temevano un'impennata dei disoccupati, l'introduzione del salario minimo (23 franchi all'ora) a Ginevra nel novembre 2020 non ha avuto un impatto significativo sul tasso di disoccupazione.

 

La prima parte del rapporto presentato nel dicembre 2023 dal Dipartimento dell'Economia e del Lavoro (DEE) lo aveva già dimostrato. Qualche giorno fa, il DEE ha invitato i media e ha presentato la seconda parte dello studio, che conferma questo risultato. Lo studio, condotto sempre dalla Scuola di Amministrazione Aziendale di Ginevra (HEG) e dall'Università di Ginevra, si basa questa volta su dati individuali di uomini e donne disoccupati a Ginevra, estratti dal sistema federale utilizzato dagli Uffici Regionali di Collocamento (URC), consentendo un'analisi più dettagliata. Il periodo analizzato è di 56 mesi, tra luglio 2018 e marzo 2023, e riguarda tutte le persone registrate presso un URC nei cantoni di Ginevra, Vaud, Friburgo e Berna, ovvero più di 120.000 persone.

 

Benefici per le donne

Sebbene il salario minimo non abbia avuto alcun effetto sul tasso di disoccupazione, è giusto dire che le donne ne hanno beneficiato.

 

«In generale, la durata della disoccupazione è molto più lunga per le donne che per gli uomini» spiega José Ramirez, professore dell'HEG e autore dello studio. «Questo perché sono più colpite dai bassi salari, quindi introducendo un salario minimo si aumenta l'incentivo ad accettare un qualsiasi impiego che si presenta loro. Pertanto, scopriamo che la disuguaglianza in termini di durata della disoccupazione è diminuita grazie al salario minimo».

 

In concreto, le possibilità per le donne di trovare un lavoro sono aumentate del 6,5% rispetto agli uomini. «Sono lieta di constatare che il salario minimo ha ridotto le disuguaglianze sul mercato del lavoro, anche se purtroppo persistono», ha commentato Delphine Bachmann, Consigliera di Stato, responsabile del DEE.

 

Giovani svantaggiati

Al contrario, la possibilità di trovare un lavoro è diminuita dell'11,1% per i giovani tra 18 e i 25 anni e per i meno qualificati (-5,3%), che sono “i perdenti” in questa situazione, secondo le parole di José Ramirez: «I giovani tra i 18 e i 25 anni sono quelli che tradizionalmente rimangono disoccupati per più tempo. Possiamo notare che il salario minimo ha ostacolato la loro capacità di trovare rapidamente un lavoro, ma un numero maggiore di loro sta uscendo dal registro dei disoccupati (13,8%). Non abbiamo dati che ci dicano dove stanno andando, ma l'ipotesi più probabile è che si stiano dirigendo verso la formazione».

 

Per Delphine Bachmann, questa situazione dimostra «quanto sia importante per i giovani formarsi per trovare un lavoro».

 

Dubbi fugati

Le parti sociali presenti al tavolo hanno potuto commentare i risultati di questo studio.

 

Per Davide De Filippo, presidente della Communauté genevoise d'action syndicale, queste conclusioni erano attese. «Il timore di un aumento del tasso di disoccupazione espresso dai datori di lavoro è stato respinto, ma non è una sorpresa. Il ritorno delle donne sul mercato del lavoro è una buona notizia, ma era anche prevedibile: prima dell'introduzione del salario minimo, per le donne era più difficile accettare lavori faticosi e mal pagati che consentivano loro di coprire a malapena le spese per la cura dei figli. Un salario dignitoso incoraggia le persone a tornare al lavoro più rapidamente. Per quanto riguarda l'effetto negativo sui giovani, è vero che negli ultimi anni il mercato del lavoro è diventato più rigido e sono  richieste dai datori competenze ed esperienze sempre maggiori. Ci appelliamo alla loro responsabilità e chiediamo loro di dare una possibilità anche ai più giovani» ha commentato.

 

Il Presidente dell'Union des associations patronales genevoises (UAPG), Pierre-Alain L'Hôte, ha espresso la sua soddisfazione per questi risultati: «Non abbiamo alcuno spirito vendicativo e troviamo rassicurante che non ci siano effetti perversi. Non possiamo che rallegrarci del fatto che le disuguaglianze tra uomini e donne siano state corrette», ha sottolineato. L'Hôte ha aggiunto che sarebbe interessante capire e analizzare questo spostamento delle persone senza lavoro fuori dalla disoccupazione: «Dove vanno? Si formano? Lasciano la Svizzera? Vanno in assistenza sociale? O accettano un lavoro sul mercato nero?»


Un sostegno migliore

Delphine Bachmann conferma questa mancanza, ma sottolinea la difficoltà nell'ottenere questi dati. «È una questione trasversale su cui lavoreremo con i miei colleghi del Dipartimento della Pubblica Istruzione e del Dipartimento della Coesione Sociale».

In ogni caso, i risultati di questo studio saranno utilizzati all'interno del DEE e dell'Office cantonal de l'inspection et des relations de travail (OCIRT) per mettere in atto misure che facilitino il ritorno al lavoro delle fasce di popolazione in maggiore difficoltà e per fornire loro un migliore sostegno.

 

Nel 2025 saranno pubblicati due rapporti finali, uno sugli effetti del salario minimo sull'occupazione e l'altro sui salari.

Pubblicato il 

25.09.24
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