Esteri

A Gaza gli aiuti non bastano, serve un cessate il fuoco permanente

A quasi sei mesi dall'inizio della guerra a Gaza il bilancio è sempre più drammatico e serve a poco lanciare aiuti dal cielo.

“L’obiettivo è distruggere non solo i palestinesi di Gaza ma di tutta la Palestina”. Sono le parole dell’ex politica palestinese, Hanan Ashrawi, a quasi sei mesi dall’inizio della guerra a Gaza, lo scorso 7 ottobre, che ha causato almeno 31mila morti palestinesi di cui 14mila bambini.

 

“Non mi preoccupa la catastrofe umanitaria, perché è già avvenuta, siamo nel mezzo di un genocidio, e Israele vuole andare oltre. Vogliono totalmente disumanizzare i palestinesi, come orde di bestiame, li spostano da un posto a un altro, portando a termine ingegneria demografica”, ha commentato Ashrawi. Mentre continuano i colloqui al Cairo e in Qatar per raggiungere un difficile accordo per il cessate il fuoco, non concretizzatosi neppure alla vigilia del mese di digiuno per i musulmani del Ramadan, iniziato lo scorso 10 marzo.

 

Secondo le Nazioni Unite, i bambini uccisi a Gaza nei primi quattro mesi di guerra, oltre 13mila, superano i bambini uccisi in tutti i conflitti del mondo in quattro anni. Non solo, secondo la guida degli Affari Esteri dell’UE, Josep Borrell, “Israele sta usando la fame come arma di guerra a Gaza”, mentre aumentano i decessi per malnutrizione nella Striscia. “Quando cerchiamo modi alternativi di fornire supporto, via mare o via aerea, dobbiamo ricordare che dobbiamo farlo perché il modo naturale di fornire supporto attraverso le strade è stato chiuso”, ha aggiunto Borrell.

 

L’ultima strage in ordine di tempo lo scorso 29 febbraio è costata la vita a ben 112 persone e centinaia sono stati i feriti tra i palestinesi di Gaza che attendevano il loro turno in fila per gli aiuti umanitari. Secondo gli ufficiali del ministero della Salute di Gaza, smentiti da Tel Aviv, i militari israeliani hanno aperto il fuoco sulla folla accalcata intorno al camion che distribuiva gli aiuti. Gli ostacoli che negli ultimi mesi hanno impedito agli aiuti umanitari di arrivare nella Striscia hanno spinto Stati Uniti e Gran Bretagna, ma anche Giordania ed Egitto, a lanciare aiuti per via aerea. Una modalità di distribuire aiuti molto criticata.

 

Melanie Ward, a guida del think tank Medical Aid for Palestinians, ha assicurato che “dovrebbero essere aperti i valichi che portano a Gaza e non lanciati gli aiuti per via aerea”. Secondo gli esperti, questi lanci costano “sette volte” di più della distribuzione di aiuti via terra. Non solo, sono inefficienti e possono deliberatamente mettere a rischio l’ordine pubblico. “Quando gli Stati Uniti, la maggiore potenza militare al mondo, si riduce a lanciare aiuti, dimostra la sua inefficacia”, ha ammesso il direttore del think tank Council for Arab-British Understanding, Chris Doyle.

 

L’Unione Europea ha così annunciato l’apertura di un corridoio umanitario per la distribuzione di aiuti a Gaza a partire dal porto di Larnaca a Cipro. Lo scorso venerdì 8 ottobre è partita la prima nave di Open Arms con 200 tonnellate di aiuti a bordo e una seconda è in procinto di partire.

 

Tuttavia, sono ancora una volta gli ospedali di Gaza a essere presi di mira dall’esercito israeliano. L’ospedale al-Shifa è stato attaccato nella notte tra domenica e lunedì. Mentre un’inchiesta della Bbc ha mostrato immagini di persone dello staff medico dell’ospedale Nasser a Gaza, bendate, detenute e senza indumenti, mentre venivano picchiate dall’esercito israeliano. Tra di loro, il medico, Ahmed Abu Sabha, ha detto di essere stato tenuto in detenzione per una settimana e di aver subito molestie da parte dei militari israeliani. Eppure sembra che l’unico vero interesse dei coloni israeliani sia quello di conquistare più terra possibile a Gaza. Oltre cento coloni israeliani hanno superato il valico di Erez per costruire strutture, simili a quelle presenti nelle colonie della Cisgiordania. I coloni diretti a Gaza non sono stati fermati dall’esercito israeliano.

 

Pubblicato il

20.03.2024 15:40
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