«Sono tre anni che lavoro qui. All’inizio ci avevano avvertiti: “sarà dura”. Però non avrei mai creduto che sarebbe stata così dura. Il problema è che la roccia sembra bella, invece continua a spingere e il buco piano piano si richiude». Renzo Bonomelli, giovane bresciano, sa che è la roccia a dettare il ritmo dello scavo. E che l’uomo, nel ventre della montagna, deve sempre scendere a patti con la voglia di avanzare. Chi come lui a Faido1 scava il tubo ovest della galleria di base del San Gottardo in direzione nord (“ovest-nord”), non ha però solo dovuto rinunciare ad andare avanti al ritmo sperato. Lì la roccia ha costretto l’uomo a fermarsi, addirittura a retrocedere per rifare più di una volta il lavoro già fatto, distrutto nel frattempo dall’azione della montagna. Il fronte di scavo nord nella canna ovest non si è mosso di un solo centimetro dal maggio 2004 alla fine dello scorso febbraio. Durante quegli otto mesi l’“avanzamento” è rimasto fermo al metro 276,80. Dapprima le squadre hanno fatto marcia indietro fino al metro 151, poi da quel punto sono avanzate di nuovo verso nord sostituendo tutto ciò che avrebbe dovuto impedire i crolli e garantire la tenuta della galleria e che invece la montagna che si richiude su se stessa aveva strappato, rotto, deformato: gli aculei di acciaio infilzati nella roccia (ancoraggi), le reti metalliche, il calcestruzzo, le volte in acciaio (centine) Hem 180 (le più massicce sul mercato, in teoria non deformabili), piegate o spezzate neanche fossero ramoscelli... È la roccia trovata laddove lo gneiss della Leventina si mischia con quello del Lucomagno a creare grattacapi a minatori e ingegneri. Entrambi gli gneiss sono duri e compatti, ideali da scavare. Però nella zona di transizione dall’uno all’altro la roccia è friabile, pertanto soggetta a crolli o a deformazioni provocati dalla pressione della montagna. La zona “disturbata”, che corre obliqua rispetto ai due tubi principali del traforo, ha sorpreso tutti. E ancor oggi – a più di due anni e mezzo dall’averne appurato ubicazione e direzione, non però la sua esatta estensione... – continua a dare del filo da torcere: «Normalmente vi è una netta separazione tra un tipo di roccia e l’altro – spiega Stefan Flury, responsabile del settore sud del traforo di base del Gottardo –. Nell’“ovest-nord” invece questa separazione non è netta: ci sono alcuni metri di gneiss della Leventina, poi alcuni metri di gneiss del Lucomagno, poi si ritorna allo gneiss della Leventina, e così via. Una situazione geologica non prevista né prevedibile: sondaggi, osservazioni e studi tendevano ad escludere una zona di disturbo di questo tipo. Ma purtroppo le cose si scoprono solo quando si comincia a scavare, ad entrare nella roccia». Infatti. Solo poche settimane dopo il primo brillamento, un crollo nella caverna trasversale ai piedi del cunicolo d’accesso e nel cuore della stazione multifunzionale (Smf)2 lascia un buco di 8 metri nella volta. È l’11 aprile 2002. Da allora a Faido le sorprese saranno all’ordine del giorno o quasi, in ogni caso più frequenti che a Bodio (dove comunque le difficoltà si sono rivelate superiori al previsto, vedi articolo accanto) e nei tre comparti settentrionali (Sedrun, Amsteg, Erstfeld) della trasversale ferroviaria del San Gottardo. I sondaggi effettuati tra la metà del 2002 e il gennaio 2003 mostrano che la zona “disturbata” tra lo gneiss della Leventina e lo gneiss del Lucomagno si trova in piena stazione multifunzionale. Altre verifiche condotte nei mesi successivi portano nell’ottobre 2003 alla conclusione che in condizioni del genere la soluzione migliore è quella di spostare la Smf 600 metri più a sud, dove la roccia è nettamente più favorevole.3 Risolto il problema della Smf, nel 2004 se ne acuiscono altri. Gli scavi prendono una brutta piega, soprattutto nell’“ovest nord”. Qui la roccia friabile e la pressione della montagna obbligano gli ingegneri a correre ai ripari con misure di sicurezza (e relativi costi) supplementari per garantire l’incolumità dei lavoratori. La spinta della roccia è tale che gli ancoraggi, le reti metalliche e il calcestruzzo spruzzato – le prime misure destinate a “contenere” la montagna che tende a richiudersi – cedono nello spazio di alcune settimane. Si deve perciò ricorrere subito alle pesantissime centine Hem 180, di regola installate in un secondo tempo, dopo gli ancoraggi, le reti e il calcestruzzo. Costrette a sopportare un peso supplementare, però, le Hem 180 non reggono (alcune – piegate, spezzate, poi recuperate e tirate a lucido con una mano di vernice nera brillante – sono oggi eleganti sculture esibite nei corridoi della sede di Alptransit Gottardo Sa e dei prefabbricati del cantiere di Faido-Polmengo). Non reggono neppure gli ancoraggi, né tantomeno le reti metalliche e il calcestruzzo. Ormai si lavora più per tappare le falle nelle retrovie che al fronte di scavo. A maggio 2004 l’avanzamento viene così interrotto al metro 276,80. Le forze vanno concentrate sul rifacimento degli ultimi 125 metri del tratto già scavato: si toglie il materiale danneggiato, si montano centine meno pesanti ma “flessibili” (le Th 44) e a una distanza minore l’una dall’altra, il profilo della galleria viene allargato di due metri per lasciare maggior “sfogo” alla roccia che spinge e che aveva provocato deformazioni di un metro e mezzo... «È la terza volta che rifacciamo il lavoro qui», dice Renzo Bonomelli quando lo incontriamo nelle retrovie attorno al metro 180 a fine marzo, un mese e mezzo dopo che al primo fronte di scavo (nell’“ovest-nord” ce n’è un altro – un attacco intermedio dal tubo est – circa 350 metri più avanti) si era ripreso ad avanzare verso Sedrun. Per accelerare i tempi, a febbraio nel comparto di Faido è entrata in azione una nuova squadra di avanzamento. Per ognuno dei tre turni di 8 ore, sei squadre lavorano contemporaneamente su altrettanti fronti. L’obiettivo è terminare il grosso degli scavi nella stazione multifunzionale nella seconda metà del 2006, in tempo per l’arrivo delle due fresatrici provenienti da sud, che verranno poi ispezionate, adattate al nuovo diametro di 9,3 metri e messe così in condizione di tracciare il profilo definitivo dei due tubi proseguendo verso Sedrun. La geologia riserverà altre sorprese? «I sondaggi ci dicono di no, però non possiamo esserne sicuri», osserva Stefan Flury. L’unica certezza, al momento, è che si continua a scavare in condizioni difficili. In teoria, la zona “disturbata” avrebbe dovuto essere superata già alla fine dello scorso anno. In teoria. A fine marzo, al secondo avanzamento nell’“ovest-nord” (attorno al metro 630), un macchinista del “jumbo” perforatore diceva: «Qui stiamo facendo una strage di centine: avanziamo di un metro al giorno». Dietro andava peggio. E continua ad andare peggio: nella galleria a binario unico ovest-nord «le protezioni avvengono con sostegni di metallo flessibili [centine, ndr] alla distanza di 0,75 m. A causa di deformazioni fino a 80 cm, sono state realizzate nella zona posteriore diverse protezioni con ancoraggi più forti», si legge nel bollettino sullo “stato dei lavori” del 25 maggio 2005. Da metà febbraio a fine giugno, le squadre impegnate al primo fronte di scavo dell’“ovest-nord” sono avanzate dal metro 276,80 al metro 353. Circa 60 centimetri al giorno... 1 Nei comparti di Faido-Polmengo (fino alla seconda metà del 2006) e Sedrun lo scavo dei tubi della galleria di base avviene mediante esplosivo (“avanzamento convenzionale”), in quelli di Bodio-Pollegio (salvo la tratta in materiale sciolto della “Ganna di Bodio”), Amsteg ed Erstfeld (dalla fine del 2006) mediante una gigantesca fresatrice lunga circa 400 metri con una testa munita di 58 dischi d’acciaio rinforzato. 2 La stazione multifunzionale di Faido è un labirinto comprendente, oltre ai due tubi principali a corsia unica e ai cunicoli trasversali che li collegano l’un l’altro, anche i due cambi di corsia (o tunnel di collegamento: in caso di incidente o panne tecnica i treni possono essere deviati nell’altro tubo), le due stazioni di soccorso (in caso di arresto di emergenza del treno ed evacuazione dei passeggeri), i locali tecnici per l’esercizio ferroviario e le installazioni di ventilazione. Le stazioni multifunzionali nella galleria di base del San Gottardo sono due: una a Faido, l’altra a Sedrun. 3 Alla fine del 2004 la Alptransit San Gottardo Sa stimava il costo dello spostamento della stazione multifunzionale e delle misure di sicurezza supplementari adottate soprattutto nell’“ovest-nord” a 188,8 milioni di franchi, il ritardo accumulato tra Faido e Bodio – ormai non più recuperabile – a circa due anni, uno dovuto alla zona perturbata incontrata a Faido e uno ai problemi geologici nel comparto di Bodio (Cfr. Rapporto della Delegazione di vigilanza della Nfta, 27 aprile 2005, pp. 79-80). I responsabili di Alptransit stanno valutando se prolungare gli scavi da Sedrun verso sud in modo da recuperare il ritardo accumulato nel tratto che parte da Faido verso nord.

Pubblicato il 

08.07.05

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato