1° maggio, rifiorisce la lotta

C’è poco da festeggiare, molto per cui lottare. Il Primo Maggio del 2006 per il Ticino, come per il resto della Svizzera, sarà il punto focale da cui aprire un’offensiva contro la precarizzazione del lavoro, le disparità salariali fra uomini e donne e il peggioramento della qualità della vita che negli ultimi anni hanno fortemente intaccato l’esistenza delle lavoratrici e dei lavoratori. “Stop al lavoro precario - Su con i salari” è il motto che echeggerà per tutta la giornata di lunedì in cui sono previste manifestazioni, interventi ufficiali ma anche momenti di aggregazione collettiva all’insegna della creatività e della convivialità. A ribadire l’internazionalismo del movimento dei lavoratori sarà presente anche Otelo Saraiva de Carvalho, uno dei protagonisti della rivoluzione dei garofani in Portogallo. Quest’anno l’Unione sindacale svizzera (Uss) Ticino e Moesa ha dato al sindacato Unia del Sottoceneri il mandato di organizzare e coordinare la manifestazione che avrà quale punto nevralgico Lugano. Il Primo Maggio segnerà il primo passo di un percorso che vedrà nei prossimi mesi altre tappe significative. Preludi, questi, ad un autunno che in Ticino si preannuncia caldo. Quello che si è delineato, infatti, negli ultimi anni è uno scenario di precariato e di nuova povertà che hanno sensibilmente intaccato la qualità di vita delle lavoratrici e dei lavoratori del cantone. A tracciare con toni preoccupati il quadro della situazione vi erano lo scorso venerdì, in sede di conferenza stampa, Gabriele Milani, segretario sindacale di Unia nonché responsabile dell’organizzazione delle manifestazioni del Primo Maggio, il segretario regionale Saverio Lurati in rappresentanza dell’Uss e Damiano Bozzini, vicepresidente del Partito socialista ticinese. «In Ticino stiamo assistendo negli ultimi anni ad un palese peggioramento delle condizioni del mondo lavorativo – ha detto Milani –. I segnali si moltiplicano, a partire dal precariato che si esplica in un aumento costante del numero di contratti a tempo determinato, in un ricorso alle agenzie interinali e in una disparità salariale fra uomo e donna che nel nostro cantone è ancora più marcata rispetto al resto della Svizzera». Una tendenza quella del precariato che si è accentuata con l’entrata in vigore dei Bilaterali. «Stiamo attenti – ha messo in guardia Saverio Lurati – a non cadere nel tranello della destra che combatte per ragioni xenofobe la libera circolazione delle persone. Noi come sindacato dobbiamo raccogliere e segnalare le preoccupazioni dei ticinesi che vedono i loro salari minacciati dagli interinali e dai lavoratori autonomi esteri e autoctoni spesso chiamati proprio da quegli imprenditori che da una parte si schierano contro le aperture delle frontiere ma che dall’altra sviliscono il costo del lavoro». Tutti fattori che concorrono ad alimentare il fenomeno dei lavoratori poveri, quei working poor le cui fila si vanno ingrossando come è stato evidenziato anche nella recente ricerca di Emiliano Soldini e Fabio B. Losa (“Working but poor in Ticino”), presente quest’ultimo al dibattito sul tema organizzato nell’ambito delle manifestazioni del Primo Maggio giovedì sera a Lugano-Paradiso. La stessa scelta di Lugano quale punto focale delle manifestazioni ha un senso ben preciso. «Non vogliamo demonizzare la città – ha spiegato ancora Milani –, ma Lugano è la capitale economica del cantone e da qui devono partire dei segnali chiari per l’affermazione di una politica economica che realizzi condizioni dignitose di lavoro comprensive, tra l’altro, di contratti collettivi, minimi salariali, promozione e sostegno della formazione tra le classi sociali meno favorite economicamente e culturalmente, fattiva realizzazione della parità salariale tra donne e uomini. Tutte priorità queste che rappresentano le linee direttrici che dovranno orientare le azioni sindacali nel corso dei prossimi anni». Linee direttrici condivise dal Partito socialista ticinese che scenderà in piazza col movimento sindacale affinché, ha ribadito Damiano Bozzini, «l’equità nel mondo del lavoro si traduca anche in equità nei rapporti sociali». Ma spezzare il circolo vizioso del precariato significa anche spezzare il giogo della disparità salariale che le donne continuano a subire in Svizzera e soprattutto in Ticino. Ingiustizie che stridono ancora di più, ha ricordato Saverio Lurati, alla luce delle scandalistiche vicende fiscali che hanno coinvolto il ministro delle finanze Marina Masoni e la sua famiglia. «C’è chi, come la famiglia della direttrice del Dfe, trova il modo e i tempi di nascondere i capitali per non pagare le tasse – ha commentato il segretario regionale Unia Ticino e Moesa – mentre i lavoratori fanno sempre più fatica a sbarcare il lunario, mentre assistiamo ad un peggioramento dell’Assicurazione invalidità con la colpevolizzazione delle vittime del lavoro, mentre c’è chi, come il padronato, con sfrontatezza chiede di sopprimere la legge sugli assegni familiari ormai ridotti a 200 franchi. Viviamo in un’epoca in cui vi sono manager che guadagnano in un giorno la paga annuale di due operai, ormai il divario tra un pugno di salari stratosferici e la stragrande maggioranza di salari bassi è diventato abissale. Viviamo tempi in cui in Europa il potere è tutto nelle mani della finanza e la politica riesce a fare ben poco». E qui Lurati ha ricordato come è diventato sempre più difficile per le persone riuscire ad affrancarsi dal ricatto del consumismo, «dei bisogni indotti che annientano il potere di ribellione di fronte alle ingiustizie, o all’imposizione di condizioni lavorative degradanti». Condizioni ancora più marcate per le donne che, a parità di lavoro, guadagnano circa il 21 per cento (nel settore industriale fino al 25 per cento) in meno degli uomini. Il che significa che per ogni uomo che guadagna 50 franchi, vi è una donna che ne percepisce 39. Per questo l’Uss si sta adoprando con forza per la campagna “Fairpay” dichiarando il 2006 anno di lotta contro la disparità salariale. Nonostante l’uguaglianza tra i due sessi sia sancita dalla Costituzione svizzera, il nostro paese è in penultima posizione in Europa in quanto a parità salariale. Anche su questo fronte, la mobilitazione si preannuncia calda. Il 14 giugno infatti – a 15 anni di distanza dallo sciopero nazionale delle donne – la campagna sarà lanciata ufficialmente e per il 23 settembre 2006 verrà organizzata una manifestazione nazionale non solo per la parità salariale ma anche per l’adeguamento dei salari al crescente costo della vita.

Pubblicato il

28.04.2006 01:00
Maria Pirisi