«Vi racconto l’incubo» Nel cuore del ciclone regna una calma irreale e spettrale. E chi si trova nel mezzo fa fatica a capire che cosa sta succedendo sulla sua testa. Questo quanto si evince dalle testimonianze di coloro che l’inferno newyorkese l’hanno vissuto da vicino. Tra questi ultimi anche Vasco Pedrina, uno dei nostri editori nonché presidente del Sei, che con la sua famiglia sta soggiornando nella Grande Mela per alcuni mesi. «Quando è successo – ci ha detto Pedrina – trascende l’immaginazione. Al momento io mi trovavo nella scuola del Rockefeller Center (grattacielo polifunzionale, ndr) dove gli altoparlanti invitavano la gente ad uscire. Eravamo frastornati e capivamo solo che qualcosa di grave era successo. Mia moglie, invece, si trovava a 500 metri dalle Twin Towers, stava per entrare in un negozio quando ha visto la gente scappare senza guardarsi indietro. Lei si è voltata e ha visto irrompere fra i grattacieli un’immensa nuvola di fumo e polvere. È entrata in un negozio dove una radio annunciava in diretta la catastrofe in atto. Non ha fatto in tempo ad uscire dall’edificio quando davanti ai suoi occhi è apparsa l’immagine del secondo aereo che sventrava in una palla di fuoco la seconda torre». Ma come ha vissuto Vasco Pedrina quei terribili momenti? «Come dicevo – racconta – sono subito corso fuori dal Rockefeller Center: centinaia di migliaia di persone si erano riversate sulla strada e il clima era di mobilitazione generale. Il primo pensiero – mio e di mia moglie – è andato ai nostri figli che si trovavano in una scuola vicino al palazzo dell’Onu, evacuato anch’esso. Sono corso a prenderli: erano nella cantina dell’istituto e disegnavano. Un bambino cercava di spiegare a mio figlio, che non parla l’inglese, quel che era successo con un disegnino: un palazzo e due aerei che vi si schiantavano contro. Ma lui continuava a non capire fino a quando non sono arrivato io a spiegargli l’accaduto. In realtà solo quando siamo rientrati a casa e abbiamo potuto sentire i notiziari ci siamo resi conto della reale portata della catastrofe». All’ora x dell’esplosione tutto si è fermato a New York. «Bloccata la metropolitana – spiega Pedrina – alle persone non restava altro che tornare a casa a piedi. Le persone come me hanno avuto – e hanno – la sensazione di vivere una situazione surreale. La gente era preoccupata ma reagiva con compostezza e in modo responsabile». Quindi c’è una sorta di discrepanza fra le reazioni della popolazione e quelle del governo. «In effetti – dice Pedrina – si ha l’impressione che l’amministrazione Bush stia dimostrando nella reazione più concitazione di quanta non ne dimostri la gente comune. Le dichiarazioni ufficiali sembrano dare adito ad un clima di guerra quando invece le persone, seppur scioccate, non lo vivono così. Ora resta la preoccupazione politica che questa catastrofe venga strumentalizzata dall’amministrazione Bush a favore dei suoi progetti di militarizzazione, di rilancio delle spese militari. Si teme, inoltre, che gli Stati Uniti reagiscano con delle misure irrazionali in alcune parti del mondo». mapi

Pubblicato il 

14.09.01

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