Amianto

Nell’anno in cui il sindacato Unia, insieme a Solidar Suisse, è impegnato in una campagna internazionale contro l’esposizione all’amianto dei lavoratori delle aree più povere del mondo, area ha incontrato tre attivisti di Legambiente nel parco sorto al posto della fabbrica Eternit. 

 

Il Monferrato è una terra straordinaria: non è stato difficile innamorarsi dei suoi paesaggi, del suo patrimonio culturale e, non da ultimo, della sua generosità enogastronomica. L’esperienza più bella è stata però quella che abbiamo vissuto a Casale Monferrato. Sulla strada del ritorno, infatti, ci siamo recati a far visita al parco Eternot, situato nell’area, oggi completamente bonificata, dove un tempo sorgeva il sito produttivo Eternit più grande e importante d’Italia. In questo luogo abbiamo incontrato tre persone che, come tante altre in questo territorio, hanno contribuito a fare della comunità di Casale un esempio di resistenza civile.   


La bonifica

Casale Monferrato è stata ed è tuttora teatro di battaglie contro le morti per amianto. Il processo Eternit bis, dopo la proscrizione dei reati imputati a Stephan Schmidheiny nel primo grande processo Eternit, è infatti tuttora in corso e coinvolge direttamente o indirettamente tutta la comunità. Lo stabilimento Eternit ha chiuso i battenti nel 1986 e, negli anni, Casale è riuscita, oltre a condurre battaglie coraggiose su più fronti, a bonificare un territorio devastato dalla presenza dell’amianto. Uno dei simboli di questa bonifica è stato proprio il parco Eternot, sorto nel luogo in cui era attiva la fabbrica maledetta e inaugurato nel 2016 a seguito di un costosissimo risanamento dell’area durato anni.


Il parco Eternot

Oggi il parco si presenta come un’area verde ricreativa molto semplice e accogliente. Della vecchia fabbrica rimane soltanto l’edificio della dirigenza, che però non risulta ancora agibile. All’ingresso dell’area verde un cartellone introduce il visitatore alla storia del parco e una statua di una bambina, intitolata L’aquilone di Romana, ricorda a tutti il coraggio di Romana Blasotti, la donna in prima linea nelle battaglie contro Eternit che, a causa dell’amianto, ha perso il marito, una figlia e altri tre familiari. Al centro dell’area verde sorge una struttura monumentale che offre riparo a tavoli e sedie. Ed è proprio qui che incontriamo Bruna Casati, Monica Ferrero e Johnny Zaffiro, tre attivisti di Legambiente che periodicamente, insieme a militanti di altre associazioni, si prendono cura del simbolo vivente del parco: il vivaio Eternot.

 

Il vivaio Eternot

Il vivaio è stato ideato dall’artista Gea Casolari che voleva un segno di vita in un luogo che era stato per decenni teatro di morte. Come afferma Bruna Casati, queste piante «sono una rappresentazione materializzata della lotta che la città di Casale ha realizzato e continuerà a portare avanti negli anni, fino a quando, nel mondo, non ci saranno più morti d’amianto». Le grandi foglie bianche della Davidia involucrata, la pianta del vivaio detta anche pianta dei fantasmi, dei fazzoletti o delle colombe, sono per l’artista il simbolo adatto per ricordare il dolore causato dalle morti (i fantasmi e i fazzoletti) e per esprimere un messaggio di giustizia internazionale (le colombe).

 

Un dramma collettivo

Non c’è casalese che non abbia toccato con mano la tragedia dell’amianto. Lo conferma Monica Ferrero che afferma: «La mia famiglia non ha avuto morti, però ho perso tanti amici. È inevitabile a Casale conoscere e soffrire a causa del problema dell’amianto». E lo ribadisce Johnny Zaffiro: «Un mio carissimo amico, un compagno, è morto da poche settimane, alla mia stessa età, 49 anni. In questo periodo è la mia generazione che sta pagando le conseguenze più pesanti della presenza dell’amianto a Casale». Però ci tiene anche a sottolineare: «La città ha saputo reagire, ha preso posizione. Casale è un esempio di resistenza e resilienza. Occorre rimanere uniti, continuare la lotta e far capire perché è così importante oggi vedere questo parco al posto della fabbrica Eternit».

 

L’amianto oggi

Il tema dell’amianto non è storia ma attualità e non soltanto perché ci sono importanti processi in corso. Anche in Svizzera, nonostante la messa al bando dell’amianto dal 1989, si continua a morire. Per questo è stato istituito un fondo per le vittime dell’amianto e i congiunti (https://www.stiftung-efa.ch/it/) e una piattaforma informativa sul tema (http://www.forum-asbest.ch/it/). Nel mondo, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, la situazione è ben più drammatica: sono milioni le lavoratrici e i lavoratori che entrano a contatto con questo materiale. Questo materiale è stato utilizzato ovunque e non è stato ancora messo al bando in alcune zone del pianeta.

 

Chittagong

Nella città portuale di Chittagong in Bangladesh oltre 100000 persone lavorano alla demolizione di vecchie navi, in cui spesso sono presenti grandi quantità di amianto. Incidenti mortali, infortuni e malattie professionali sono all’ordine del giorno. Unia, in collaborazione con Solidar Suisse e la fondazione sindacale locale Oshe, sostiene questi lavoratori e queste lavoratrici e fa pressione affinché le compagnie navali di proprietà elvetica garantiscano condizioni di lavoro umane e sicure in Bangladesh e negli altri paesi dove avvengono demolizioni navali come Pakistan e India. Anche Unia, insomma, si batte affinché il messaggio del vivaio Eternot e di Casale Monferrato arrivi in tutto il mondo, senza eccezioni.

Pubblicato il 

24.10.19

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