Il mercato del lavoro in Svizzera è sufficientemente flessibile. Lo riconosce uno studio, realizzato da Ecoplan e dalla scuola universitaria di scienze applicate di Zurigo e pubblicato di recente dall'Ufficio federale delle assicurazioni sociali (Ufas), che analizza la flessibilità del lavoro dal profilo della sicurezza sociale. E conclude che, in quanto a copertura contro la precarietà, c'è ancora parecchio da fare. Il Consiglio federale – ha commentato l'Unione sindacale svizzera (Uss) – dovrebbe essere il primo a leggersi attentamente questo rapporto.

In Svizzera ci sono almeno 700 mila persone occupate in modo atipico. Sono coloro che vengono assunti con rapporti di lavoro a tempo determinato, ad interim, su chiamata, a domicilio, pseudoindipendente. Questa situazione è sovente sinonimo di precarietà, e suscita preoccupazione in merito alla copertura sociale di tali persone, dato che le lacune, secondo lo studio dell'Ufas, in effetti non mancano. Nel trattare questa tematica si parla di "flessicurezza" (fusione di "flessibilità" e "sicurezza"), cioè del grado di conciliazione tra le opposte esigenze dell'economia e dello stato sociale. Secondo lo studio, occorre insomma chiedersi come sia possibile conciliare la flessibilità del mercato del lavoro con una protezione sociale efficace.
La flessibilizzazione dei rapporti di lavoro è attualmente considerata da numerosi specialisti come il miglior modo per risolvere i problemi apparsi negli ultimi anni sul mercato del lavoro. Se le forme di lavoro atipiche sono ormai ampiamente diffuse, è tuttavia importante evitare che creino precarietà e riducano la protezione sociale delle persone interessate. Tra il 2002 e il 2006, il numero totale delle persone che lavorano a tempo parziale (inclusi i rapporti di lavoro atipici) è cresciuto a circa 1,3 milioni, mentre quello di coloro con un contratto di lavoro a tempo determinato di durata superiore a 3 mesi è salito a 245 mila. I contratti di lavoro particolarmente problematici dal profilo sociale (lavoro su chiamata senza numero minimo di ore garantito, telelavoro senza fissare il volume di lavoro, contratti a breve termine) hanno invece subito il calo più netto negli ultimi anni. Secondo i ricercatori, il numero delle persone interessate varia tra 45 mila per la pseudoindipendenza e 208 mila per il lavoro su chiamata.
Lo studio dell'Ufas dimostra anche che il sistema svizzero di sicurezza sociale, pur con qualche lacuna, offre una buona copertura alle persone con un rapporto di lavoro atipico. Ciò è dovuto soprattutto al fatto che l'assoggettamento all'Avs e all'assicurazione malattie non è limitato alle persone che esercitano un'attività lucrativa, come in altri Paesi. L'Ufas si dice inoltre consapevole che occorre procedere ad adeguamenti nell'ambito della previdenza professionale. Attualmente, in caso di contratti a tempo determinato presso il medesimo datore di lavoro, i vari periodi d'impiego sono addizionati soltanto se l'interruzione non supera le due settimane. Ora l'Ufas prevede di prolungare il termine a tre mesi mediante una modifica d'ordinanza. Non si profila invece alcuna soluzione per le persone che lavorano per più datori di lavoro.
Le lacune più vistose concernono invece il secondo pilastro, obbligatorio soltanto a partire da un determinato reddito e con un lavoro di una durata di almeno tre mesi. Le possibilità offerte di ritirare il capitale per esercitare un'attività lucrativa in proprio possono anche riservare brutte sorprese all'età del pensionamento. Sussiste dunque ancora un potenziale di miglioramento. Tuttavia, secondo gli autori dello studio un «vero e proprio cambiamento di sistema non s'impone».

Il commento dell'Unione sindacale svizzera

La flessibilità è spesso sinonimo di precarietà. Lo afferma l'Unione sindacale svizzera (Uss) nel commentare lo studio pubblicato dall'Ufas sulla "flessicurezza". Ed indica l'esempio del lavoro a tempo parziale: non è vero che costituisce un trampolino di lancio verso forme di lavoro più sicure, ma è invece vero che sempre più spesso i lavoratori "atipici" rimangono prigionieri della loro condizione. Nel 2007 un buon terzo dei salariati a tempo parziale ha dichiarato che desiderava poter lavorare di più: segno che non sempre un contratto a tempo parziale è una libera scelta. E ancora: una persona su 7 cerca un impiega a tempo pieno; e tra coloro che ripiegano sul lavoro ad interim, i due terzi continuano a cercare un lavoro fisso.
Dunque, di flessibilità in Svizzera ce n'è già troppa, e quel che occorre è una maggiore sicurezza sociale per le persone occupate in forme di lavoro atipiche. Non solo manca spesso l'assicurazione d'indennità giornaliere obbligatoria, ma molti "atipici" non beneficiano della copertura della previdenza professionale. «Sono soprattutto le autorità a non avere la volontà di cambiare le cose. Il Consiglio federale dovrebbe essere il primo a leggere il rapporto sulla "flessicurezza"», afferma l'Uss. Per esempio, il 2 aprile scorso il governo ha rifiutato, con motivazioni fragili, di migliorare la previdenza professionale di coloro che fanno lavori per un periodo di durata limitata (musicisti, attori ecc.).

Pubblicato il 

30.05.08

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