Amando il più utile, animata dal più giusto e aspirando alla più grande perfezione, nel separarsi dalla nazione spagnola il Venezuela ha riacquistato indipendenza, libertà, uguaglianza, sovranità nazionale. Costituendosi in una repubblica democratica, ha messo fuori legge la monarchia, le distinzioni, la nobiltà, i privilegi: ha dichiarato i diritti dell’uomo, la libertà di agire, di pensare, di parlare e di scrivere. (…) Il primo Congresso del Venezuela ha impresso negli annali della nostra legislazione, con caratteri indelebili, la maestà del popolo degnamente espressa, sigillando l’atto sociale più capace di formare la felicità di una nazione.
Simón Bolívar, discorso di Angostura, 15.2.1819


Una popolazione che fatica ad arrivare a fine mese scende in piazza. Animata da una rabbia comprensibile si scontra con la repressione. Morti e feriti gravi si contano a decine. Il presidente eletto è ai minimi storici della sua popolarità e la gente ne reclama a gran voce le dimissioni. Stiamo parlando della Francia di Emmanuel Macron, il paese che il 26 gennaio 2019 ha dato al governo venezuelano un ridicolo ultimatum (8 giorni) per indire nuove elezioni.


In Venezuela il 23 gennaio del 1958 cadeva il regime militare di Pérez Jiménez. Il dittatore partirà in esilio, finendo i suoi giorni protetto dalla Spagna franchista.
Ai margini di una manifestazione antichavista tenuta lo stesso giorno di 61 anni dopo, uno sconosciuto si autodichiara presidente del paese e la Francia dell’égalité è pronta a riconoscerlo.


Gli fa compagnia quella stessa Spagna, oggi a dirigenza “socialista”, in cui gli autori di un referendum pacifico sono incarcerati con pene detentive di 25 anni e accusati di aver incitato all’insurrezione. Israele, paese che viola il diritto internazionale dal giorno della sua nascita. Il Brasile post colpo di stato giudiziario che ha deposto Dilma e, ovviamente, gli Usa di Trump e del suo fido Elliott Abrams, il macellaio di El Salvador e complice attivo dei massacri in Nicaragua e della destabilizzazione nel continente.


Nel corso di uno storico discorso tenuto nella città che in seguito avrebbe preso il suo nome, El libertador, Simón Bolívar, ispirato dal giacobinismo francese, parlava di un «potere morale», indispensabile per la Repubblica quanto l’esecutivo, il legislativo e il giudiziario. Nel farlo, rendeva attenti i parlamentari al «torrente infernale che ha sommerso la terra del Venezuela». Un torrente alimentato dall’incessante ingerenza di un nemico straniero.


Il Venezuela è già storia, per questo possiamo parlarne anche se si tratta di attualità. È la storia delle aggressioni imperialiste e di chi si oppone a esse.
In tempi recenti paesi quali il Brasile, il Paraguay, il Guatemala, l’Honduras e soprattutto il Venezuela ci mostrano come “il torrente infernale” dell’interventismo abbia in gran parte cambiato forma, senza mai arrestarsi. Ai sanguinari colpi di stato di ieri si preferiscono le vomitevoli menzogne di oggi.


Ogni esperienza concreta di cambiamento sociale può e deve essere criticata, ma di fronte a un attacco così crasso e brutale non è questa la priorità. Se il potere morale al quale si rifaceva El Libertador fosse stato realmente istituito, oggi ci direbbe di guardare in primo luogo al triste teatrino diplomatico in corso in questi giorni. Ci direbbe che l’esitazione nello schierarci ci sta facendo cadere nella complicità.


Quindi adelante Maduro, senza se e senza ma.

Pubblicato il 

30.01.19