Lavoro

Subito o mai più. Quello che li accomuna è la fretta. Hanno il mito del fatto compiuto, il rapporto causa-effetto non li riguarda, ragionano per via deduttiva, se qualcuno è un nemico è anche un criminale, la condanna arriva prima del processo e al posto del processo una serie di narrazioni una più inverosimile dell’altra. Sono costretti a inventare non solo i fatti, ma anche un linguaggio adatto ai fatti inventati dove “presunto” significa “accertato” e “percepito” equivale a “reale”. Come faranno a intendersi con gli amici al bar? In una traduzione italiana risalente al 1975 del racconto di Kafka La metamorfosi è contenuta una piccola svista: il termine Strassenlampen, i lampioni elettrici lungo la strada, è reso in italiano come se fosse Strassenbahn, “tranvia elettrica”. Adriano Sofri su tale svista (o forse si tratta di una delle rarissime varianti dell’autore stesso) ha costruito un intrigante romanzo intitolato Una variazione di Kafka e incomincia così: «Ma come si fa a scambiare un tram per un lampione?». È possibile, ci stanno facendo vedere lucciole per lanterne, o meglio lucciole e lanterne insieme.


Ora che ha vinto le elezioni, Matteo Salvini si comporta da statista compassato. Non gira più per le strade accompagnato da un gruppo di squadristi travestiti da cittadini arrabbiati perché gli stranieri si prendono le case che spetterebbero agli italiani. La realtà però è diversa dalla narrazione di “prima i nostri”. In Italia lavorano come braccianti agricoli 400.000 immigrati nordafricani e rumeni sui quali si sta conducendo l’esperimento di non dar loro una casa. Dormono fra i ruderi delle masserie abbandonate, sotto i viadotti, sotto teli di plastica, ricevendo come paga pochi euro al giorno in nero che non bastano nemmeno per comprarsi da mangiare. Costerebbero troppo i pomodori che giungono sulle nostre tavole se dovessimo dare una casa a chi li raccoglie.


Siamo tutti degli immigrati. Celti, greci, latini, germanici e slavi sono arrivati dall’India, trovando sul posto popolazioni giunte a loro volta probabilmente dall’Africa. Ma c’è un popolo in Europa che non appartiene alla famiglia etnico-linguistica indoeuropea: i magiari. Provenendo dall’Asia centrale, si installarono nella pianura pannonica nell’anno 896, compiendo incursioni e saccheggi specialmente nei monasteri in Germania, Gallia, Spagna, Grecia, Italia (la parte orientale della pianura padana era allora chiamata Vastata Hungarorum), fino a far vacillare lo stesso Impero romano-germanico. Nel 1001 si convertirono al cristianesimo e diedero vita a quel regno d’Ungheria che in seguito fu incorporato nell’Impero austro-ungarico, dunque felicemente integrati nel contesto europeo. Ora, con quale legittimità storica e culturale Viktor Orbán ha costruito al confine con la Serbia una barriera doppia di rete e filo spinato, elettrificata e provvista di telecamere di sorveglianza per sbarrare il passo a dei profughi sicuramente meno violenti e meno razziatori degli Ungari del IX e X secolo? Sì, può farlo, perché non si vergogna di raccontare agli ungheresi di essere il baluardo della cristianità contro gli invasori stranieri. Un’altra storia.

Pubblicato il 

19.04.18

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