La Rsi ha annunciato che dal 2013 il suo contributo all'Orchestra della Svizzera italiana (Osi) sarà ridotto da 3,5 a 1,5 milioni di franchi. La sopravvivenza stessa del complesso è a rischio. Come stanno vivendo i musicisti questo momento? Lo abbiamo chiesto ad Andreas Laake, il loro delegato sindacale.

Andreas Laake, quali sono i problemi sindacali che avete di solito nell'Orchestra della Svizzera italiana (Osi)?
I normali problemi contrattuali, per questioni quali orari di lavoro, presenza prima e dopo il lavoro, indennità per viaggi ecc... I rapporti di lavoro all'Osi sono regolati da uno specifico Ccl, che funziona abbastanza bene. Fu elaborato apposta per l'Osi quando la Rsi annunciò un suo primo disimpegno e nel 1991 fu costituita la Fondazione con la diretta partecipazione del Cantone al finanziamento. Prima noi orchestrali eravamo dipendenti della Rsi e avevamo lo stesso Ccl degli altri impiegati della Radio, integrato da un contratto specifico per l'orchestra. Ma la maggior parte di noi è iscritta alla Vpod, non all'Ssm, in quanto anche storicamente l'Orchestra s'è sempre considerata un corpo a parte in Radio. Fu anche una scelta politica, nel senso che la Vpod è un sindacato più grande e quindi politicamente più forte: e senza sostegno politico l'Orchestra non può esistere.
E come sono i rapporti con il vostro datore di lavoro, la Fondazione per l'Orchestra della Svizzera italiana (Fosi)?
È capitato che abbiamo avuto accese fasi di discussione, siamo rimasti anche un anno senza contratto. Ma risolti i problemi attraverso una commissione paritetica i rapporti sono sempre tornati ad essere costruttivi. I tagli preannunciati hanno rinsaldato ancora di più questi rapporti: oggi mi trovo a lottare dalla stessa parte della direzione dell'Orchestra e della Fondazione.
Come avete reagito alla notizia del taglio da parte della Rsi?
La notizia non ci è stata comunicata direttamente, l'abbiamo appresa dai giornali poco prima delle vacanze. È stata una notizia del tutto inattesa, anche perché finora sempre era stata espressa la volontà di mantenere in vita l'Osi e di darle i mezzi necessari. Mai una volta è stata fatta un'ipotesi diversa. Ora ci viene prospettato invece un taglio che comporterebbe la fine dell'Osi. Oltretutto è un taglio secco, in un colpo, e non un disimpegno progressivo. Si può anche accettare la necessità dei risparmi, ma non buttando lì una cifra e basta. Come prima reazione abbiamo esposto uno striscione al termine del nostro concerto a Estival 2009. Poi abbiamo lanciato la petizione creando un gruppo di sostegno all'Osi.
Alle vostre prime assemblee dopo la notizia che clima c'era fra voi musicisti?
Di rabbia e di delusione. Un'orchestra è una grande famiglia, anche se i suoi componenti sono molto individualisti. Per questo le reazioni sono state molto diverse. C'è chi si è disinteressato della questione, per paura o confidando che una soluzione positiva arrivi comunque: questo vale in particolare per alcuni colleghi che provengono tutta un'altra cultura e da un contesto politico e sociale completamente diverso dal nostro. E poi c'è chi ha cercato di attivare iniziative di lotta. Fra queste abbiamo sempre escluso lo sciopero, perché scioperando facciamo solo male al pubblico, che dev'essere il nostro migliore alleato. Oggi sento che comunque una grande maggioranza degli strumentisti appoggia e sostiene le nostre iniziative di lotta.
Avete incontrato i vertici Rsi?
Sì, subito dopo l'annuncio dei tagli abbiamo avuto un incontro con il direttore della Rsi Dino Balestra. E dalle risposte alle nostre domande abbiamo capito che i tagli sono stati fatti a tavolino e in maniera improvvisata, senza pensare alle conseguenze e senza trasparenza. Si è semplicemente deciso che si dovesse tagliare soprattutto nella cultura, in particolare nell'Osi.
È cambiato il vostro modo di lavorare da allora? C'è uno spirito diverso fra di voi?
Siamo tutti coscienti che la cosa più importante è di lavorare bene, di fornire sempre un'ottima prestazione. In tempi difficili c'è comunque più unità, si discute di più, ci si sente più vicini. E questo aumenta la qualità delle nostre prestazioni. Se però avessimo la certezza che le cose peggioreranno, allora la qualità diminuirebbe per un calo di motivazione. Ora c'è solo la minaccia, forse alcuni dormono peggio del solito, ma il lavoro lo si fa con molta motivazione: vogliamo provare al pubblico il nostro valore.
Se l'Osi fosse soppressa, sarebbe difficile per voi trovare un nuovo lavoro?
Solo i colleghi più giovani potrebbero trovare un nuovo lavoro in un'altra orchestra, non so se qualcuno di loro si sta già guardando in giro. Le orchestre hanno tutte un limite di età per accedervi, di solito sui 35 anni. Chi è più anziano, non viene nemmeno invitato alle audizioni, anche se è bravissimo. Questo perché ogni orchestra ha un suo carattere che si forma con gli anni. L'orchestra in questo processo acquisisce un suono che è soltanto suo, caratteristico, e che rimane anche quando entrano nuovi strumentisti. Questo suono caratteristico può essere messo i pericolo se ci sono grossi problemi nell'orchestra e un certo numero di giovani che possono lasciarla. Io non posso più, a 48 anni nessuna orchestra mi vorrebbe. Oltre i 40 anni o si finisce la propria vita professionale nell'orchestra in cui si è inseriti, o si cambia lavoro.
Lei cosa potrebbe fare?
Potrei insegnare oppure costituire una piccola formazione con dei colleghi. Il fatto è che il Ticino non è Vienna. Qui non ci sarebbero gli allievi sufficienti per dare lavoro a così tanti maestri (ognuno per vivere ne dovrebbe trovare almeno 30), e non è nemmeno immaginabile vivere di musica in altro modo. Se l'Osi venisse sciolta dovremmo quasi tutti andare a cercare lavoro altrove. E questa è una responsabilità precisa della Ssr in questo caso: sciogliere un'orchestra in Ticino non è la stessa cosa che scioglierla a Basilea o a Zurigo, dove oltretutto lo Stato ha più mezzi che qui. Ma è uno scenario a cui non voglio pensare. Anche perché sento che molti cittadini ticinesi vogliono l'orchestra e ci sostengono. E questo ci dà fiducia.

Per saperne di più
www.o-s-i.ch (blog dei musicisti dell'Osi)
www.orchestradellasvizzeraitaliana.ch

In pericolo almeno 60 posti di lavoro

Nel mese di marzo dell'anno scorso i musicisti dell'Orchestra della Svizzera italiana (Osi) avevano dimostrato la loro solidarietà agli operai in sciopero delle Officine Ffs di Bellinzona tenendo un seguitissimo concerto in pittureria. Ora sono loro che chiedono solidarietà ai ticinesi. Il 25 giugno infatti la Rsi ha annunciato che dal 2013 il suo contributo all'Osi scenderà in un colpo solo da 3,5 a 1,5 milioni di franchi, suggerendo di reperire fondi nuovi presso finanziatori privati. Una decisione, presa dalla Ssr a Berna, che mette in grave pericolo l'Osi. A rischio è il posto di una sessantina di persone almeno: i 42 musicisti, i 6 impiegati dell'amministrazione e tutti quei tecnici della Rsi che assistono l'Osi nelle prove, nelle registrazioni e nei concerti. Per opporsi al taglio è stato costituito un comitato denominato "Salviamo l'Orchestra". Esso ha lanciato una petizione che in poco più di un mese ha raccolto 5 mila firme. La petizione chiede che il Consiglio d'amministrazione della Ssr ritiri la misura di risparmio ai danni dell'Osi e che nello Statuto nazionale dell'ente radiotelevisivo siano reintrodotti i principi a salvaguardia del federalismo e del ruolo di promozione della cultura e dell'identità regionale della stessa Ssr. Nata nel 1935, l'Osi è stata fino al 1991 integrata alla Rsi, che ne era di fatto l'unica finanziatrice. Oggi essa è affiancata dal Cantone a parti uguali.

Pubblicato il 

25.09.09

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