Diario di classe

Recentemente sono apparsi i dati sul collocamento dei giovani in tirocinio inTicino.                                                              

Tra questi, un dato decisamente sorprendente è quello riferito ai posti in tirocinio offerti sul territorio cantonale. Nel luglio 2017, i posti di tirocinio a disposizione nel cantone erano 3.062, di cui 1.621 nel Sopraceneri (52,9%) e 1.441 nel Sottoceneri (47,1%).


Se il tirocinio è legato alle attività economiche, stupisce costatare come nel Sopraceneri, dove c’è solo il 30% dei posti di lavoro del Ticino  vengano offerti più posti di tirocinio di quanto non avvenga nel Sottoceneri, dove si concentra ben il 70% dei posti di lavoro (147.000 addetti).


Vien da chiedersi quali siano le ragioni e cosa stia succedendo nel tessuto economico del nostro Cantone. Se nel 2017 è cresciuto il numero dei giovani che hanno scelto l’apprendistato rispetto agli anni precedenti, costatare come il numero dei posti di lavoro e il numero dei posti di apprendistato non abbiano più una connessione diretta tra loro è fonte di grande preoccupazione.


Le plausibili spiegazioni di questo dato non sono infinite. Proviamo a vederne alcune.
Le aziende del Sottoceneri svolgono attività meno qualificate rispetto a quelle del Sopraceneri. Questa prima ipotesi non è però supportata dalle statistiche sul tipo di attività nelle diverse regioni. La seconda ipotesi è che le aziende del Sottoceneri non vogliano più assumersi gli oneri finanziari e umani della formazione degli apprendisti, perché sono più soggette alla concorrenza e quindi più attente ai profitti;
Terza ipotesi, il tessuto economico del Sottoceneri è meno radicato nel territorio e di conseguenza meno attento alla formazione anche per una presenza forte di imprenditori provenienti dall’Italia che non conoscono e non promuovono la formazione all’interno delle aziende. Ipotesi plausibili, ma davvero               preoccupanti! Visto che l’economia svizzera ha fatto della formazione duale uno dei tasselli del suo successo e ha costruito molte possibili strade formative di grande valore e qualità, mettere in discussione  l’onere della formazione da parte dell'economia, vuol dire abbattere una parte importante delle fondamenta dell’economia stessa, nonché perdere la responsabilità sociale.

                                                                                

Ma non solo! Per l’economia svizzera, rinunciare alla qualità e all’affidabilità delle proprie maestranze è una scelta suicida quando la tecnologia sostituisce sempre più il lavoro dove non ha bisogno di grandi qualifiche!
In realtà, dati alla mano, nel resto della Svizzera questo disimpegno formativo non c’è! Tutt’al più è in atto, cosa che in Ticino si fa fatica a percepire, uno spostamento degli accenti dalla formazione di base alla formazione continua. Ma, nel resto della Svizzera, la responsabilità delle imprese resta forte e presente.


Il che significa che il Ticino si dimostra sempre più lontano dalla cultura imprenditoriale e formativa  della Svizzera. E sembra collocarsi sempre più ai margini del modello economico elvetico fatto di formazione, d’innovazione, ricerca, qualità e sperimentazione. E la politica non sembra preoccuparsene. Si sciacqua molto spesso la bocca con discorsi sull’urgenza della formazione e dell’adeguamento tecnologico, ma in realtà dimostra di essere complice di quell’economia che non fa formazione e che si oppone ad un salario minimo degno di questo nome, due facce di una stessa medaglia! Nello stesso modo, con la stessa cecità politica!

Pubblicato il 

30.11.17
Nessun articolo correlato