Sicurezza low cost

«La sicurezza dei passeggeri è probabilmente all'ultimo posto della graduatoria delle priorità delle compagnie aeree. Forse non è neppure contemplata». L'affermazione può apparire come una provocazione, un'esagerazione, tenuto conto che stiamo parlando del mezzo di trasporto universalmente riconosciuto come il più sicuro e affidabile. Purtroppo però essa non è altro che una descrizione fedele della realtà.

Una realtà sconvolgente, ben descritta e documentata in un libro inchiesta della giornalista italiana Nadia Francalacci, che per la prima volta rompe il muro di silenzio e di omertà intorno al settore del trasporto aereo e smaschera il comportamento di molti operatori che nel nome del profitto mettono a repentaglio la vita di milioni di passeggeri.
Dedicato «a tutti i familiari delle vittime dei disastri aerei», "Paura di volare" (edizioni Chiarelettere) racconta di piloti che falsificano o comprano i brevetti, di broker avionici che immettono nel mercato pezzi di ricambio non conformi, di compagnie che costringono gli equipaggi a turni di lavoro massacranti e che falsificano la relativa documentazione, di licenziamenti di comandanti che osano denunciare le carenze funzionali e di manutenzione degli aeromobili, di enti nazionali preposti al controllo dell'aviazione civile che non vedono, non sentono e non parlano, nonché di casi di incidenti (gravi e meno gravi) riconducibili a questo stato di cose.
«Il cittadino che utilizza l'aereo -scrive l'autrice- rischia di trovarsi ai comandi un falso pilota, spesso molto stanco perché costretto a volare oltre il limite consentito dalla legge, e per di più obbligato a pilotare vettori la cui manutenzione è stata effettuata senza molta cura e con pezzi di ricambio non autentici». Le affermazioni contenute nel libro poggiano su una solida documentazione scritta (in parte pubblicata) e su testimonianze di piloti, agenti della Guardia di finanza italiana, ex impiegati degli enti di controllo che hanno trovato il coraggio di parlare. Ma anche sulle risultanze di un'inchiesta (l'unica sin qui condotta in Europa) della Procura di Tempio Pausania (un piccolo centro della Sardegna) sul commercio di pezzi di ricambio non idonei. Un'inchiesta scattata dopo che nell'aprile 2001 in un hangar dell'aeroporto romano di Ciampino i finanzieri avevano rinvenuto una quantità enorme di ricambi di ogni genere pronti per essere venduti: manette utilizzate nella cabina di comando per regolare la potenza dei motori cedute dieci anni prima da una compagnia aerea perché non funzionanti, giubbotti di salvataggio per bambini fabbricati nel 1966 e componenti di ogno sorta smontati da aeromobili dismessi o addirittura incidentati.
Aspetto ancora più inquietante: i broker deviati che gestivano quel magazzino intrattenevano, sin dal 1993, rapporti commerciali con decine di compagnie aeree italiane ed europee (anche svizzere), le quali, venute a conoscenza della cosa, non hanno però adottato immediatamente  misure per mettere in sicurezza le loro flotte. Solo la tedesca Lufthansa ha reagito, e in tempi strettissimi.
Signora Francalacci, dopo l'uscita lo scorso aprile del suo libro inchiesta, le sono pervenute smentite?
No. A oggi non mi sono pervenute né querele né smentite da nessuna compagnia aerea e da nessuna persona coinvolta. Durante la stesura del libro ho invece ricevuto, da persone insospettabili, minacce tese a impedirne la pubblicazione.
Gli incredibili fatti raccontati nel suo libro vanno considerati episodi isolati oppure spia di un sistema di malaffare ben radicato?
Io racconto solo gli episodi che sono riuscita a documentare, ma fatti del genere continuano ad accadere. Sicuramente durante questa nostra intervista negli hangar delle compagnie si stanno installando sugli aerei pezzi di ricambio non idonei o contraffatti, per esempio provenienti dall'Oriente.  Soprattutto in una fase di crisi economica come quella attuale, la presenza sul mercato di pezzi "scontati" (poiché prelevati per esempio da aerei incidentati o non più idonei al volo) fa molto comodo, in particolare alle compagnie tradizionali, che per essere concorrenziali con quelle a basso costo (le cosiddette low cost) sono portate a speculare sulla manutenzione e dunque sulla sicurezza, costituendo questa la voce di spesa principale del loro bilancio. Mentre le low-cost gestiscono in proprio la manutenzione, molte compagnie tradizionali la appaltano infatti a società esterne, il che comporta costi molto superiori. Ecco spiegato il massiccio ricorso a pezzi di ricambio non omologati. Una pratica che viene mascherata attraverso certificazioni fasulle ottenute con il metodo della corruzione. Significativo il caso (documentato nel libro) di un broker deviato americano che scrive ad uno suo pari italiano da cui ha acquistato del materiale smantellato da sei Airbus dell'Alitalia per invitarlo a corrompere (con 5-10 mila dollari) i tecnici della compagnia di bandiera italiana allo scopo di ottenere certificazioni fasulle su carta intestata Alitalia.
Si può allora dedurre che le compagnie low cost curano meglio la sicurezza?
Non voglio qui tessere le lodi delle compagnie low cost, che hanno molti difetti come quello di sfruttare gli equipaggi all'inverosimile o quello di arrotondare le loro entrate con soprattasse sempre più assurde (si pensi alla tassa per i disabili recentemente introdotta da una importante compagnia). Bisogna però riconoscere che dal loro arrivo sul mercato, pur essendo state all'inizio additate come poco serie, hanno saputo affermarsi. Anche dal punto di vista della sicurezza: possiedono vettori nuovi di pacca e sin qui non hanno mai avuto alcun inconveniente grave.
Nel suo libro si spiega che anche un singolo bullone o un dado non idoneo può essere la causa di un disastro aereo. Come è possibile che il commercio di pezzi contraffatti che lei descrive non produca un aumento degli incidenti?
Noi cittadini comuni non siamo compiutamente informati sulla reale situazione: inconvenienti gravi (come la mancata pressurizzazione dell'aereo o il malfunzionamento dei radar) che costringono ad atterraggi di emergenza sono in realtà molto frequenti. Le riviste specializzate segnalano centinaia e centinaia di casi a livello mondiale. Solo in Italia nel 2010 sono aumentati del 29 per cento rispetto al 2009. Questo è a mio avviso un campanello d'allarme. Detto questo, ritengo che solo tra cinque-dieci anni  vedremo in che misura sarà stato inquinato il mercato della ricambistica aerea. Temo che vedremo qualche aereo cadere.
Un'affermazione molto forte, inquietante...
Molte grandi compagnie attorno all'anno 2000 hanno profondamente rinnovato le loro flotte, che dunque in gran parte sono composte di aerei nuovi. I grossi problemi sorgeranno quando gli aerei entreranno nella seconda metà del loro ciclo di vita (circa trenta-quarant'anni). Mi spiego: gli aeromobili dispongono per ogni funzione di tre o quattro impianti di riserva che consentono di ovviare alle avarie che si potrebbero verificare durante il volo. Ed è proprio su questi impianti e sulla loro corretta manutenzione e sostituzione che le compagnie speculano: invece di sostituire un pezzo originale difettato con uno omologato, ne usano uno non conforme, confidando sul fatto che rimangono gli impianti di riserva originali. Ma una volta esauriti tutti, il rischio d'incidente diventerà enorme. È brutto da dire ma è logico che vada a finire così.
Il discorso vale per tutte le compagnie attive a livello mondiale?
Nell'ambito della mia inchiesta ho potuto appurare che Lufthansa è l'unica compagnia che ha messo a terra tutti gli aerei coinvolti e  ha ripulito tutti i suoi vettori e magazzini dalle parti sospette non appena è venuta a conoscenza di aver intrattenuto rapporti commerciali con i broker deviati "basati" presso l'hangar di Ciampino. Aziende come Meridiana o Air One, tanto per citarne alcune, invece sono state sollecitate per anni a smontare pezzi di ricambio non idonei che avevano acquistato. Significativa una lettera dell'amministratore delegato di Meridiana all'Ente nazionale italiano per l'aviazione civile (Enac) -riprodotta in copia nel libro- in cui si fa riferimento a un componente con un documento di certificazione non autentico imbarcato anni prima su un aeromobile (nel frattempo rivenduto) e in cui si esprime l'impegno a informare «quanto prima» l'operatore che lo ha in uso. La cosa che deve far riflettere è che il pezzo di ricambio in questione era stato acquistato e montato nel 1997 ma Meridiana cinque anni dopo (la lettera è datata 1 marzo 2002) non aveva ancora informato il nuovo proprietario dell'aereo.
Come si potrebbe intervenire per scongiurare lo scenario da lei illustrato?
Una cosa da fare (e questo è proprio lo scopo del libro) è sicuramente quella di informare e sensibilizzare i cittadini sull'argomento e non di spaventarli. I cittadini devono continuare a volare ma devono farlo in sicurezza. Ritengo che sia necessario inasprire le pene per coloro che compiono atti che attentano alla sicurezza aerea e dei suoi utenti: le condanne (di poco più di un anno) inflitte ai due broker deviati finiti sotto processo in Italia sono ridicole. È poi necessario che le compagnie aeree prendano finalmente coscienza delle loro responsabilità e che gli enti nazionali di controllo migliorino la qualità e la trasparenza del loro operato. Il trasporto aereo civile, oggi settore in rapida espansione, merita più attenzione anche da parte della magistratura.
Ma di segnali in questo senso, anche dopo l'uscita del suo libro, non se ne vedono...
Purtroppo no. Ed è sinceramente sconcertante che, a fronte di certe rivelazioni su fatti accaduti negli ultimi dieci anni, nessuna compagnia aerea dichiari di non lavorare più fuori dalle procedure previste.
Al di fuori di questo ambiente che eco ha avuto sinora il suo libro?
Vende abbastanza bene, anche se i grandi giornali italiani, praticamente non ne hanno parlato. 

Pubblicato il

07.10.2011 03:30
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