Scintille sulla libera circolazione

La libera circolazione delle persone tra Svizzera e Unione europea? È cosa buona e giusta. Purché non vi vengano incluse la Romania e la Bulgaria, anche se sono paesi membri dell'Ue. Questo ragionamento è alla base della resistenza che gran parte dell'Udc oppone all'estensione della libera circolazione alle due "matricole" dell'Ue. Ed è lo stesso ragionamento che ha animato il dibattito al Consiglio degli Stati la scorsa settimana e che verrà riproposto nuovamente in giugno al Consiglio nazionale. Il motivo è, in apparenza, quello di garantire il diritto democratico del popolo svizzero di decidere quando ed a quali paesi estendere la libera circolazione. In realtà il rischio potrebbe essere quello di veder  naufragare tutti gli accordi bilaterali con l'Ue e doverli rinegoziare da capo con esiti e costi totalmente incerti.

Gli accordi settoriali bilaterali conclusi con l'Ue (detti "Bilaterali I") sono entrati in vigore il 1° giugno 2002. Negoziati prima del 1999 con l'allora Ue composta da 15 paesi, sono stati estesi automaticamente anche ai dieci Stati che hanno aderito all'Ue il 1° maggio 2004, con la sola eccezione dell'accordo sulla libera circolazione delle persone (Alc), la cui estensione ha richiesto ulteriori negoziati. Quest'ultimi si sono tradotti in un protocollo aggiuntivo all'Alc (Protocollo I), approvato dal popolo svizzero il 25 settembre 2005 ed entrato in vigore il 1° aprile 2006.
Anche l'estensione dell'Alc a Romania e Bulgaria, entrate nell'Ue dal 1° gennaio 2007, è dunque possibile con un supplemento di negoziato, che c'è già stato e si è concluso il 29 febbraio scorso. Il relativo protocollo aggiuntivo (Protocollo II) deve essere sottoposto, come nel caso del Protocollo I, all'approvazione del popolo svizzero. Ma nel frattempo il discorso si è un tantino complicato.
Come gli altri Bilaterali I, anche l'Alc è stato stipulato per una durata iniziale di sette anni, prorogabile a tempo indeterminato purché l'Ue o la Svizzera non notifichi alla controparte una decisione contraria prima della relativa scadenza del settennio, quindi entro il 31 maggio 2009. Per l'Alc, le Camere federali hanno specificamente stabilito che il rinnovo avvenga per mezzo di un decreto federale sottoposto a referendum. Un'eventuale votazione popolare dovrà pertanto svolgersi prima della fine di maggio 2009, per permettere di notificare in tempo utile l'eventuale decisione di non rinnovare l'Alc.
Ma se il rinnovo dell'Alc trova sostanzialmente d'accordo tutti i partiti politici e le organizzazioni economiche e sociali, l'estensione della libera circolazione a Bulgaria e Romania corre un serio rischio di venir bocciata, dal momento che l'Udc vuole farne dipendere l'approvazione popolare dall'impegno di Bruxelles di «non più immischiarsi nelle questioni fiscali della Svizzera», cioè di non pretendere che la Svizzera faccia una politica fiscale attrattiva per le imprese straniere.
È difficile però che l'Ue accetti una disparità di trattamento nei confronti dei propri cittadini, che si protragga oltre determinati periodi transitori. Il rischio è quindi che, se la Svizzera rifiuta di estendere la libera circolazione delle persone a Romania e Bulgaria, l'Ue denunci l'Alc e faccia quindi decadere tutti i Bilaterali I per effetto della cosiddetta "clausola ghigliottina". I singoli accordi settoriali sono infatti collegati anche sotto il profilo giuridico: se uno di essi viene disdetto o non viene rinnovato, gli altri accordi decadono automaticamente sei mesi dopo la notifica di tale decisione.
Per evitare o minimizzare questo rischio, il Consiglio federale ha quindi ritenuto di affiancare al referendum sul rinnovo dell'Alc, generalmente non contestato, quello sull'estensione della libera circolazione.
Il Consiglio degli Stati, che su tale questione ha tenuto una sessione straordinaria il 28 aprile, ha voluto andare oltre, decidendo di riunire in un unico decreto federale sia l'Alc, sia il Protocollo II. Ai cittadini quindi non resterebbe che dire un solo sì o no all'intero pacchetto della libera circolazione. Ma se la votazione si farà davvero così non è ancora detto, visto che dovrà occuparsene ancora il Consiglio nazionale durante la sessione estiva di giugno.

Le opinioni a confronto

Paura e calcolo davanti alla decisione popolare. Così è stata definita in generale la scelta del Consiglio degli Stati di accorpare in un unico oggetto da sottoporre a referendum sia il rinnovo dell'accordo bilaterale con l'Ue sulla libera circolazione delle persone, sia l'estensione di tale accordo a Romania e Bulgaria.
Le due consigliere federali che hanno presenziato al dibattito, la ministra di giustizia e polizia Eveline Widmer-Schlumpf e la ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey, si sono in pratica rimesse alla decisione del parlamento, nonostante il governo avesse presentato due decreti separati. Non hanno osteggiato tale decisione collegiale, ma non l'hanno neppure difesa, avvalendosi delle valutazioni dei giuristi del Dipartimento di giustizia e polizia.
Una mancata conferma l'anno prossimo dell'accordo sulla libera circolazione, ha sostenuto Calmy-Rey, farebbe scattare la cosiddetta "clausola ghigliottina", per la quale se uno degli accordi viene denunciato o non prorogato, automaticamente dopo sei mesi decadono anche tutti gli altri. Da un punto di vista tecnico-giuridico, ha osservato dal canto suo Widmer-Schlumpf, la clausola ghigliottina non riguarda direttamente l'estensione dell'accordo a Romania e Bulgaria. Ma l'eventuale no della Svizzera a tale estensione produrrebbe lo stesso effetto pratico.
Verrebbero quindi a cadere anche gli accordi sull'abolizione degli ostacoli tecnici al commercio, sugli appalti pubblici, sull'agricoltura, sui trasporti terrestri e sul trasporto aereo. «Bruxelles ci ha già ripetutamente fatto capire» che anche l'accordo di Schengen e Dublino sulla sicurezza verrebbe messo in discussione, ha ammonito Micheline Calmy-Rey. «La cosa più importante», ha aggiunto la ministra degli esteri, «è che la Svizzera dica sì alla prosecuzione della libera circolazione e la estenda a bulgari e rumeni», poiché si tratta di una decisione «d'importanza vitale per la Svizzera». Secondo il radicale ticinese Dick Marty, presidente della commissione della politica estera, la domanda di fondo riguarda la prosecuzione della libera circolazione con tutti gli Stati membri dell'Ue. «Non è possibile scegliere tra una libera circolazione con 25 o con 27 Stati membri», ha detto Marty riferendosi al principio di non discriminazione vigente nell'Ue. «L'Unione europea non accetterebbe mai la discriminazione di una parte dei suoi cittadini, così come la Svizzera non potrebbe mai sottoscrivere un accordo con Bruxelles che escluda per esempio  Turgovia e Ticino»,  ha aggiunto Marty ricordando che non è possibile rinnovare l'accordo sulla libera circolazione senza estenderlo anche a Romania e Bulgaria. Le due decisioni sono dunque da unire in un unico pacchetto, su cui il popolo potrà esprimersi in una sola votazione. La sinistra s'è limitata a prendere atto, con la socialista bernese Simonetta Sommaruga, che «non esiste una libera circolazione à la carte: anche la Svizzera non accetterebbe di escludere due cantoni dagli accordi bilaterali». Sulla stessa lunghezza d'onda il popolare democratico sangallese Eugen David, che ha parlato di una «facoltà di scelta inesistente», e il radicale zurighese Felix Gutzwiller, per il quale si tratta di «due facce della stessa medaglia». Per l'argoviese Maximilian Reimann, dell'Udc, unire le due questioni in un'unica decisione è «un atto antidemocratico» motivato da «ragioni tattiche». «La popolazione deve potersi esprimere in modo differenziato», ha sostenuto. I due terzi dei parlamentari dell'Udc sarebbero «favorevoli alla conferma dell'accordo sulla libera circolazione, ma contrari a creare un legame con la sua estensione a Romania e Bulgaria». Reimann vi si oppone finché l'Ue non abbia garantito l'autonomia del sistema fiscale elvetico. Ma una proposta in tal senso è stata ritirata per mancanza di appoggio.


Pubblicato il

09.05.2008 02:00
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