Una ventina di dipendenti di un albergo ristorante di Ascona non hanno più avuto vacanza né giorni di libero dal lontano novembre. Da allora vengono pagati solo con acconti. Ci sono persone con paghe arretrate per un ammontare di 14’000 franchi. Un piccolo albergo del Locarnese ha truffato i suoi impiegati per una somma di 50’000 franchi. La vertenza verrà dibattuta in pretura. Una cameriera di un ristorante del Locarnese s’era rivolta al sindacato per reclamare certi suoi diritti. Il datore di lavoro ne è venuto a conoscenza e l’ha licenziata. Il sindacato è riuscito a far riconoscere il licenziamento abusivo in pretura. Purtroppo quando si discutono i problemi legati al settore alberghiero questi non sono casi isolati. In generale è una realtà fatta di salari molto bassi e di un mare di ore straordinarie spesso non retribuite. Alle soglie della ripresa della stagione turistica abbiamo discusso con Daniele Marandola, sindacalista del Sei, di alcuni problemi che interessano il settore alberghiero. Settore che con i suoi salari minimi di 2510 franchi lordi detiene il triste primato dei salari più bassi. È così in crisi l’attività legata alla ristorazione? "A me non pare" dice Marandola "gli alberghi sono sempre pieni. C’è stato un aumento del turismo nel Locarnese nel 2000 rispetto all’anno precedente". Ciò che, con buona approssimazione, significa aver realizzato una buona cifra d’affari. Quindi ci sarebbero le condizioni per ottenere quei 300 franchi d’aumento su tutti i salari effettivi che rivendica il sindacato... "Certo — conferma Marandola — senza contare che i prezzi nella ristorazione in Ticino sono piuttosto alti". Esiste un contratto collettivo di lavoro (Ccl) per la categoria? "C’è un Ccl ma per ora non è firmato da Unia (il sindacato del settore terziario, vendite e settore alberghiero). Probabilmente in futuro lo sarà". Evidentemente il fatto che ci sia un Ccl non significa ancora che i problemi siano risolti. Aggiunge ancora Marandola: "il contratto attualmente c’è ma viene poco rispettato. Spesso i lavoratori non percepiscono la tredicesima, le ore lavorative supplementari non vengono compensate ed è difficile pianificare le vacanze o prenderle tout court". Altra spina nel fianco sono i turni di lavoro sfiancanti. E dire che "alle volte sarebbe sufficiente assumere solo una persona in più per dare un po’ di respiro agli altri. Per converso quando si ammala qualcuno gli altri si trovano in difficoltà". Anche qui dobbiamo sottolineare che il sindacato si sta battendo per ottenere una settimana lavorativa di 40 ore e cinque settimane di vacanza. Il lavoro negli alberghi e nella ristorazione è fatto di molte ore straordinarie. Ma come mai gli impiegati non riescono mai a farsele risarcire? Risponde Marandola: "secondo la prassi i dipendenti dovrebbero segnarsi le ore — cosa che spesso trascurano — e alla fine del mese il datore di lavoro dovrebbe firmare il resoconto. In questo modo, in caso di un contenzioso in pretura, è possibile farsi giustizia". Purtroppo spesso queste prove mancano e le ore vengono perse. Prima ancora che si arrivi in pretura bisogna dire che in genere "i dipendenti non osano reclamare, intimiditi dalla prospettiva di un licenziamento. Hanno un terrore panico". Ci si chiede anche se vi sia una differenza per i lavoratori ad esser impiegati presso un grande albergo o uno di piccole dimensioni. Marandola ci conferma il dubbio: "normalmente ci sono più problemi con gli alberghi medio-piccoli. Anche i ristoranti sono disastro. Quelli grandi non hanno quasi mai problemi: hanno la contabilità in ordine e quindi il conteggio degli stipendi arriva entro i termini pattuiti". Purtroppo anche nei grandi alberghi i salari sono bassi ma, almeno, con la consolazione di riceverli più regolarmente. Quanto ai turni "negli hotel di grandi dimensioni c’è più personale ed quindi più facile farlo ruotare. E c’è un controllo più rigoroso delle ore". C’è infine una categoria di lavoratori, a cui fanno capo soprattutto nel settore alberghiero, particolarmente vulnerabile: gli stagionali. Spiega Marandola che "ce ne sono sempre parecchi ma un po’ meno rispetto agli altri anni. In genere sono quelli che accettano ogni condizione. Con quello che guadagnano qui in patria possono vivere dignitosamente". Il problema è per chi guadagna e spende qui: "chi ha famiglia e percepisce uno stipendio di 2100 franchi netti è sicuramente in difficoltà". Queste sono le fabbriche che creano i lavoratori poveri, i cosiddetti working poors. Non si tratta di astratte speculazioni da sociologi.   "Lei ha un tumore? Non ci serve più" Libero mercato, competitività, rendimento, contenimento dei costi. Termini che per il credo moderno evocano speranze di ricchezza. Può darsi che funzioni. Ma per pochi. Di certo questa spietata logica di mercato reclama le proprie vittime. Vi raccontiamo dunque una storia (vera) di un signore, che chiameremo Giovanni, che ha conosciuto i lati oscuri di questa logica funesta per averli provati sulla propria pelle. Giovanni fino a 56 anni lavorava come tecnico di computer per una ditta svizzero tedesca. Gli capita una sciagura, nessuno ne è immune: si ammala di tumore. Un venerdì annuncia in ditta la sua malattia. Senza porre troppo tempo in mezzo, il lunedì successivo lo licenziano. A voce e senza preavviso. In un’ottica squisitamente e cinicamente aziendale il ragionamento non fa una grinza: si tratta di un dipendente anziano e in più con una malattia grave, per la quale dovrà assentarsi parecchio. Viene a mancare qualsiasi convenienza guardando al rapporto costo-rendimento. Fortunatamente Giovanni guarisce. Dapprima il periodo di disoccupazione. È dura ritrovare un lavoro qualificato a pochi anni dalla pensione. Quale datore si assumerebbe l’onere di impiegare una persona che ormai costerebbe troppo e renderebbe poco? Giovanni ha perlomeno la fortuna di parlare quattro lingue e, seguendo il consiglio di un consulente di una ditta di collocamento, si impiega al 50% in un albergo del luganese. Sia lodato il mercato flessibile! Quindi prossimo ai 60 anni si adatta a fare il turno serale, fino a mezzanotte, con la mansione di segretario-ricezionista. Un’altra realtà dura quella dell’albergo coi suoi salari bassi e il tempo in balia delle esigenze del datore di lavoro. Neanche la possibilità di pianificare autonomamente le vacanze. Raramente ha il sabato e la domenica liberi. E c’è da combattere per potere avere due giorni consecutivi di libero. I camerieri devono sempre tenersi pronti alle esigenze del padrone, anche le più deliranti. Quando il direttore se ne sta oltre l’orario di chiusura a trincare coi suoi amici. Quando arriva un torpedone alla sera. In quei casi si finisce tardi la notte ma poi si ricomincia col turno normale al mattino. E, in più, la beffa: quando ci sono gruppi numerosi da servire, incassa personalmente il direttore dell’albergo. Così s’intasca le mance. Negli alberghi gli orari sono irregolari, si sa. Ma le ore straordinarie non vengono compensate in maniera puntuale. Un collega di Giovanni raccontava che dove lavorava prima, a Cadro, gli capitava di fare turni di 24 ore consecutive. Perché succedano queste cose è presto spiegato. Durante tutto l’anno scorso mancava un cameriere che non è stato mai rimpiazzato. Così capitava che in due camerieri dovevano servire 80 persone. Il cameriere capo ha provato a reclamare per questa situazione. La risposta che ha ricevuto è stata la seguente: "correte di più". Appunto se due camerieri riescono a fare il lavoro di tre perché si dovrebbero aumentare i contingenti di personale? Poi chiaramente bisogna sempre pregare che siano tutti in buona salute. Comunque sia, in genere la gente non osava reclamare perché veniva sempre agitato lo spauracchio del licenziamento. Lavorando in queste condizioni non si può poi pretendere che un cameriere si mostri affabile e cortese coi clienti. Gioca contro la qualità del servizio anche il fatto che spesso il personale non è qualificato: gli alberghi assumono anche persone che non hanno mai lavorato nella ristorazione. Alle volte non parlano neppure la lingua del posto. Alla fin fine Giovanni è stato licenziato anche dall’albergo. Per rimpiazzarlo hanno assunto due ragazze giovani ancora in formazione. Insomma, personale a buon prezzo. Così è stato liquidato il nostro, senza una parola né prima né dopo avergli consegnato la disdetta. Hanno cancellato un numero.   Stanchi delle briciole, di Françoise Ghering Amato "Basta con condizioni di lavoro indegne". Questo è stato il grido di lotta dei lavoratori attivi nel settore alberghiero e della ristorazione che, martedì a Interlaken, si è levato contro i padroni. Cogliendo l’occasione offerta dall’assemblea dei delegati di GastroSuisse, l’associazione mantello del settore alberghiero e della ristorazione, il sindacato Unia, ha dunque chiesto miglioramenti per i dipendenti. Il sindacato esige aumenti salariali di 300 franchi mensili e la settimana lavorativa di 40 ore. Rivendicazioni più che legittime se si pensa che i dipendenti del ramo, sottoposti a ritmi di lavoro spesso massacranti, sono tra i peggio pagati. Non sorprende, dunque, se proprio in questa categoria di lavoratori si conta il maggior numero di "working poors". "Rispondendo a queste nostre rivendicazioni — ha detto Unia — l’industria alberghiera e della ristorazione svizzera migliorerebbe la sua immagine". Ed è proprio di questo tema che il padronato ha discusso a Interlaken. I mezzi per offrire migliori condizioni di lavoro ci sono. Basti pensare che gli ultimi dati relativi ai pernottamenti indicano che il settore alberghiero ha il vento in poppa. In aprile, per esempio, il numero dei pernottamenti è aumentato del 2,8 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Se ipotizziamo una cifra di 100 franchi per notte trascorsa in albergo, ciò significa che il settore ha intascato, in aprile, 230 milioni di franchi in più rispetto all’incasso dell’anno precedente. Non sono propriamente delle briciole! I dipendenti meritano qualcosa di più del solito pane secco!

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01.06.01

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