Rischi vecchi ed emergenti

Nei confronti dei lavoratori costretti un tempo dai loro padroni a lavorare a contatto con le polveri di amianto e che oggi si ammalano e muoiono, la Svizzera viola i diritti dell’uomo, perché le sue leggi in materia di prescrizione e l’interpretazione che ne danno i tribunali non consentono alle vittime e ai loro famigliari di far valere le giuste pretese di risarcimento o di riparazione del torto morale. Ad affermarlo è una storica sentenza della Corte europea di Strasburgo che avrà importanti ripercussioni sia sulla giustizia sia sulla politica, così come sulla sorte dei Diritti delle vittime del lavoro di ieri, di oggi e di domani.

 

Ora la Svizzera non potrà più continuare a far finta di non vedere e non sentire i lamenti di migliaia di vittime dell’amianto e dei loro famigliari, a nascondere le loro tragedie nelle statistiche e nei registri dei tumori, a proteggere con ogni mezzo quegli imprenditori che consapevolmente, nel nome supremo del profitto, hanno esposto lavoratrici, lavoratori e cittadini alle micidiali polveri d’amianto. Seppur tardivamente, molto tardivamente, anche la patria dell’Eternit dovrà imparare a fare i conti con questo passato scomodo e soprattutto a impedire che una simile tragedia si ripeta sotto altre forme.


I giudici chiamati a esprimersi su richieste di risarcimento non potranno più permettersi di negare dei diritti a una vittima di una malattia d’amianto perché non aveva previsto il suo destino entro i termini della prescrizione. D’altro canto, le aziende che hanno lucrato sulla pelle delle persone così come le autorità e la Suva che non hanno adempiuto fino in fondo ai loro doveri di vigilanza e prevenzione, dovranno assumersi le loro responsabilità. Non per forza affrontando centinaia di processi come ora si prospetta, ma per esempio istituendo un Fondo per tutte le vittime dell’amianto, come richiesto recentemente per l’ennesima volta al Parlamento dall’Unione sindacale svizzera nell’ambito del dibattito in corso sulla revisione del diritto di prescrizione.


Un dibattito che pure dovrà tenere conto della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, stabilendo dei termini di prescrizione compatibili con i lunghi tempi di latenza delle malattie da amianto ma anche di tutte quelle legate ai nuovi rischi emergenti (come l’impiego delle nanotecnologie) che potrebbero presentarsi tra 40 o 50 anni.


Ci speriamo, ma non ci facciamo troppe illusioni, tenuto conto del peso dei colonnelli dell’economia che popolano il Parlamento. Proprio nelle settimane scorse sono stati protagonisti di una scandalosa campagna contro l’allungamento dei termini di prescrizione per le vittime di danni tardivi, perché per le aziende ciò comporterebbe «ingiustificati costi supplementari» per la conservazione di libri contabili, corrispondenza eccetera (da un documento di Economiesuisse).


Da Strasburgo è giunta una buona notizia, ma la strada da percorrere resta lunga e impervia.

Pubblicato il

12.03.2014 21:50
Claudio Carrer
Editore

Sindacato Unia

Direzione

Claudio Carrer

Redazione

Francesco Bonsaver

Raffaella Brignoni

Federico Franchini

Mattia Lento

Indirizzo
Redazione area
Via Canonica 3
CP 1344
CH-6901 Lugano
Contatto
info@areaonline.ch

Inserzioni pubblicitarie

Tariffe pubblicitarie

T. +4191 912 33 88
info@areaonline.ch

Abbonamenti

T. +4191 912 33 80
Formulario online

INFO

Impressum

Privacy Policy

Cookies Policy

 

 

© Copyright 2023