Rifugiati in fuga

Se si vuole capire a fondo una delle questioni più dirompenti che animano il dibattito politico in Svizzera, quella dell’asilo, occorre porsi la seguente domanda: cos’è che spinge una persona ad abbandonare il proprio paese natale? Se si fa una disamina dei flussi migratori negli ultimi venti anni si vedrà in modo chiaro e netto che l’ingresso dei richiedenti l’asilo in Svizzera va di pari passo con lo scoppio dei problemi sociali e politici nei loro rispettivi paesi di provenienza. Non è un caso, infatti, che l’ingresso in Svizzera di tamil, ex-jugoslavi, kurdi, kosovari, georgiani, afgani, iracheni sia coinciso con quanto successo nello Sri Lanka, in Turchia, nel Kosovo, in Afghanistan ecc. Negli ultimi anni non si fa che parlare dei richiedenti l’asilo provenienti dall’Africa. Ci troviamo di fronte ad una “svizzerofilia” di natura africana o all’acutizzarsi di enormi problemi che hanno come corollario la fuga dalle guerre, dalle torture, dall’oppressione? Prendiamo ad esempio il Sudan. In questo paese è in corso da circa 20 anni una guerra civile che vede opporsi il governo settentrionale di Karthoum ed i ribelli del Sudan People's Liberation Army (Spla), che rivendicano l'indipendenza delle regioni meridionali del paese. Tra le ragioni di questa guerra vi è la profonda differenza etnica, sociale e religiosa esistente tra il Nord nazionalista, arabo e islamico ed il Sud nero e cristiano-animista, organizzato in strutture di tipo tribale. Vittima principale di questo sanguinoso conflitto è la popolazione civile, tra cui si registra gran parte degli oltre due milioni di morti; inoltre, centinaia di migliaia di persone hanno perso la vita a causa delle carestie e delle epidemie connesse con la guerra, mentre circa quattro milioni e mezzo di persone, soprattutto donne e bambini, hanno dovuto abbandonare le proprie case e rifugiarsi nei campi profughi locali o dei paesi confinanti (Uganda e Kenya in particolare). Negli ultimi mesi, mentre gli storici contendenti negoziano una pace nord-sud definitiva, il conflitto si è spostato nella regione occidentale del Darfur dove le milizie arabe sono accusate di aver ripetutamente commesso crimini contro l’umanità. Risultato: migliaia di morti e quasi un milione di sfollati. Secondo dati forniti dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Acnur) circa 170 mila sudanesi in fuga dal Darfur hanno trovato rifugio nei campi allestiti nelle regioni di confine del Ciad orientale. In una situazione di questo genere potremmo sorprenderci se tra qualche mese giungeranno in Svizzera alcune di queste persone alla ricerca di un luogo dove poter ricominciare a sperare in una vita degna di essere vissuta? Una prima avvisaglia è data dai 37 profughi, provenienti dal Darfur, che la nave dell’organizzazione non governativa tedesca “Cap Anamur” aveva rintracciato lo scorso 20 giugno nel Mediterraneo a bordo di una piccola barca con il motore in panne. Il governo italiano sta facendo di tutto per impedire alla nave di attraccare a Porto Empedocle in Sicilia. Ma non saranno certamente dei provvedimenti insensati come quello italiano a bloccare un’umanità disperata decisa a tutto pur di trovare scampo alla fame e alla morte. Dalla Sicilia alla Svizzera la strada è breve…

Pubblicato il

09.07.2004 14:00
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