Storia di classe

“La storia non si ferma né con la repressione né con il crimine; questa è una tappa che sarà superata, è un momento duro e difficile. È possibile che ci schiaccino, ma il domani sarà del popolo, sarà dei lavoratori. L’umanità avanza verso la conquista di una vita migliore. […] Hanno la forza, potranno asservirci, ma non si arrestano i processi sociali, né con il crimine, né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli.”
Salvador Allende, discorso a radio Magallanes 11.09.1973

Vi sono date che restano scolpite per sempre nel marmo della Storia. Date elevate a simbolo, come l’undici settembre: il cuore pulsante dell’America democratica è colpito senza pietà dalle barbarie, dal fanatismo, dalla negazione stessa di umanità.


Si parla, ovviamente, dell’11 settembre 1973, quando il governo di Unidad Popular di Salvador Allende viene spazzato via dal colpo di stato del generale Augusto Pinochet. Per il Cile era l’inizio di una dittatura militare durata quasi un ventennio.


Negli uffici, i grigi burocrati di regime trasformavano il paese in un laboratorio pratico di neoliberismo, smantellando l’ampio programma di nazionalizzazioni messo in atto dal legittimo governo. Nello stadio e nelle caserme, gli agenti della DINA, la polizia politica, torturavano e ammazzavano i dissidenti. Il tutto, con il sostegno degli Stati Uniti.


La “via Cilena al socialismo”, attuata nel rispetto della costituzione e nel più pacifico dei modi possibili, si scontrava contro l’intransigenza di una classe politica che, sostenuta da interessi internazionali di vecchia data, non era disposta a rinunciare ai suoi privilegi.


Nel 1823, con la dottrina Monroe, gli Stati Uniti rivendicavano la loro supremazia sul continente americano. Più tardi, il “corollario Roosevelt”, si arrogava il diritto di intervenire nell’emisfero occidentale in quanto “nazione civilizzata”, al fine di esercitare un potere di “polizia internazionale”.
Su queste basi, nel 1954 un colpo di stato della CIA destituiva il presidente guatemalteco Jacobo Arbenz, reo di voler nazionalizzare la United Fruits Company. L’isterismo della Guerra fredda raggiungerà il suo apice nel 1961 quando, respingendo il tentativo di invasione “yankee” della Baia dei Porci, la Rivoluzione cubana dichiarerà il suo carattere socialista. Fra il 1962 e il 1967, nove colpi di stato eterodiretti macchieranno di sangue il continente.


Il settembre del ’73 rappresenta la morte del primo presidente marxista democraticamente eletto all’interno dell’emisfero occidentale. Rappresenta anche la nascita dell’“Operazione Condor”.
Parafrasando lo stesso Marx a proposito dei colpi di stato: i grandi fatti della storia si presentano almeno due volte. La prima come tragedia, la seconda come farsa.


Ai giorni nostri, che sia la farsa del golpe istituzionale in Brasile, oppure quella dell’opposizione “pacifica” in Venezuela, è opportuno ricordare a chi intende bloccare i processi sociali che la storia continua ad essere nostra, e sarà sempre fatta dai popoli.

Pubblicato il 

08.09.16
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