Posto virtuale, stress reale

Apparecchi mobili come smartphone, tablets, computer portatili e una sempre maggiore disponibilità di connessioni WiFi aperte consentono oggi a molte persone di svolgere parzialmente o totalmente il loro lavoro lontano dall'ufficio: a casa propria, in treno, al bar e nei luoghi pubblici in generale, ovunque insomma. Questa flessibilità comporta sicuramente dei vantaggi per il salariato, ma anche tutta una serie di rischi per la sua salute soprattutto psichica.

Lo indicano i risultati di diversi studi effettuati negli ultimi anni in Svizzera, dove i lavoratori che hanno la possibilità di lavorare da casa sono circa il 23 per cento. Questo almeno il dato più recente disponibile (riferibile al 2010) che fornisce il "Barometro delle relazioni umane" dell'Università e del Politecnico federale di Zurigo. Rispetto al rilevamento precedente del 2002, si osserva una crescita del 6 per cento. E il potenziale di questa forma virtuale di lavoro non è sicuramente esaurito, se si pensa per esempio che negli Stati Uniti nel 2007 la praticavano già il 32 per cento dei lavoratori e in Germania sono addirittura il 38 per cento.
Lo sviluppo del "lavoro mobile", reso possibile dalla diffusione delle nuove tecnologie, viene generalmente visto positivamente, come una sorta di liberazione dalle restrizioni imposte al dipendente dall'orario e dal luogo di lavoro, come la conquista della libertà di poter scegliere il momento, il posto e il dispositivo ideale per svolgere la propria attività professionale.
Ma c'è anche un altro lato della medaglia: l'esperienza sul terreno e vari studi dimostrano che questa forma di flessibilità può anche essere una fonte di stress.
A livello svizzero, il fenomeno è stato analizzato di recente dai professori Hartmut Schulze e Andreas Krause dell'Alta Scuola di psicologia applicata di Olten (sezione della Scuola universitaria professionale della Svizzera Nordoccidentale): nella primavera del 2011 hanno realizzato un'inchiesta tra 195 persone che praticano almeno un giorno a settimana il cosiddetto "Homeoffice" (cioè che dispongono di un ufficio a casa) dal quale sono emerse interessanti indicazioni, sia sul fronte dei vantaggi percepiti dal lavoratore sia su quello delle difficoltà vissute (vedi grafici).  
Il 96 per cento degli interrogati (due terzi uomini, un terzo donne) esprime un giudizio positivo. Il fatto di risparmiare il tempo degli spostamenti è l'aspetto maggiormente apprezzato, ma è la possibilità di lavorare indisturbati che viene considerata come la principale potenzialità dell'homeoffice. Una condizione che a giudizio dei partecipanti alla ricerca ha effetti positivi anche sulla loro produttività.
Un ulteriore vantaggio è costituito dalla possibilità di meglio conciliare lavoro e vita privata grazie alla vicinanza con la famiglia. A questo proposito è però interessante osservare che la maggior parte degli interrogati lavora a casa quando il resto della famiglia non c'è e che il 50 per cento non ha figli. «Questo è un indizio l'homeoffice è considerato un mezzo per poter combinare la cura dei bambini e l'attività professionale in misura inferiore di quanto comunemente si ritiene», spiega il professor Hartmut Schulze. Solo il 10 per cento dice di essere confrontata con la necessità di stare a casa con bambini con meno di cinque anni che non frequentano ancora la scuola dell'infanzia. «L'homeoffice in Svizzera si sta affermando come una sorta di "rifugio per lavorare con tranquillità e in modo autonomo" e solo in minima parte come mezzo per conciliare lavoro e famiglia. Il che conferma risultati di altri studi sulla questione».
Passando invece agli aspetti problematici, le persone interpellate lamentano in particolare, oltre a difficoltà di carattere tecnico (per esempio per collegarsi al server dell'azienda), la mancanza di contatti informali con i colleghi e con i superiori: dopo due giorni e mezzo rispettivamente dopo una settimana di lavoro a casa cominciano infatti a sentirne il bisogno.
Si riscontrano poi effetti collaterali che possono interessare il benessere fisico e psichico del lavoratore. Un problema è dato per esempio dal fatto che il lavoro da casa non viene conteggiato, il che può indurre a lavorare volontariamente magari 12 ore al giorno, i fine settimana o quando si è malati. Soprattutto quando si ha a che fare con aziende che applicano modelli di lavoro orientati al risultato e a sempre maggiori profitti, la pressione sul lavoratore cresce a tal punto che questo si sente in dovere di rendere sempre di più fino a rinunciare progressivamente al tempo di riposo ed entrare in una spirale che lo può portare per esempio alla cosiddetta sindrome da burn-out (un lento processo di logoramento o decadenza psicofisica dovuta alla mancanza di energie e di capacità per sostenere e scaricare lo stress accumulato).
Ripercussioni negative possono infine manifestarsi anche sugli equilibri famigliari se vengono meno i confini tra la vita privata e l'attività lavorativa, come succede per esempio se il dipendente è sempre sotto pressione o deve essere costantemente raggiungibile via telefono dal datore di lavoro: in simili condizioni il tempo libero non viene più vissuto come tale e per questo ci si può ammalare.
L'introduzione dell'homeoffice, concludono dunque i ricercatori, necessita di una certa preparazione dei lavoratori stessi e dei loro superiori (vedi articolo in basso) e «non può valere come la soluzione per risparmiare sugli spazi e sui costi», conclude Schulze.

Sei regole a tutela della salute

Mamme e papà di bambini piccoli sanno quanto è difficile programmare le prime ore della giornata e dunque apprezzano un orario di lavoro flessibile; le persone che curano in casa i genitori anziani tendono a ridurre progressivamente l'orario di lavoro settimanale; molti giovani per concedersi una gita o qualche serata spensierata in settimana sono disposti a lavorare da casa il weekend e altri lavoratori sono stufi di rimanere quotidianamente imbottigliati nel traffico sulla via casa-lavoro e viceversa. Per tutti costoro la possibilità di lavorare lontano dall'ufficio è sicuramente allettante, ma gli studiosi avvertono: quando si comincia a lavorare regolaramente da casa  i fine settimana, la sera o la notte, bisogna iniziare a tenere in considerazione anche l'altra faccia della medaglia. E sono almeno sei i criteri (elaborati dai professori Hartmut Schulze e Andreas Krause) da applicare per introdurre in un'azienda il lavoro mobile senza mettere in pericolo la salute delle persone

1.    Definire delle regole che tengano conto non solo degli interessi dell'azienda ma anche dei bisogni del lavoratore. Ciò non sarebbe il caso se per esempio le ore di lavoro venissero determinate esclusivamente in funzione del volume degli ordini o della domanda dei clienti.
2.    I collaboratori vengono formati in modo permanente così che sappiano organizzarsi bene e possano al tempo stesso godere della sufficiente autonomia.
3.    Il luogo di lavoro esterno va realizzato in modo ergonomico (qualità dello schermo e della tastiera, sedia di lavoro comoda eccetera) e va garantito un accesso ottimale alla posta elettronica e a internet.
4.    Vengono elaborate delle regole chiare per esempio per quanto concerne l'obbligo di essere raggiungibili, le relazioni con i colleghi o il lavoro in caso di malattia.
5.    I rischi per la salute vanno analizzati costantemente
6.    I collaboratori documentano il tempo lavorato e così ne mantengono un controllo.

Pubblicato il

12.10.2012 01:00
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