Piove sempre più sul bagnato

Mentre l'inflazione riprende a correre, cresce in Svizzera il divario tra le retribuzioni dei manager e i salari dei dipendenti: lo afferma uno studio del sindacato Unia, che ha analizzato i dati di 42 grandi società elvetiche. Ed anche se i record erano già stati battuti l'anno scorso, gli alti stipendi hanno continuato a salire praticamente in tutti i settori, a parte una leggera flessione nella chimica e nella finanza. Il guadagno medio di un membro della direzione di un grande gruppo è aumentato l'anno scorso di 140 mila franchi, cioè del 7 per cento rispetto al 2006. La media generale del salario di un dirigente nel 2007 ha raggiunto i 2,8 milioni di franchi.

Si tratta di una flessione del 9 per cento rispetto al picco registrato nel 2006. Ma questo risultato è stato determinato quasi esclusivamente all'evoluzione negativa degli utili delle grandi banche, e in particolare ai tagli salariali che si sono avuti nell'Ubs. Ciò nonostante, il settore finanziario è comunque quello che continua a presentare le disparità più vistose: un banchiere di alto livello guadagna infatti 143 volte più di un impiegato di fascia inferiore. Al secondo posto, in questa classifica delle disparità salariali, si situa l'industria alimentare con i salari dei dirigenti 91 volte maggiori rispetto a quelli del livello inferiore.
Ma queste alte remunerazioni – ha spiegato l'economista di Unia, Hans Baumann, che ha diretto il gruppo di ricerca – non sono affatto collegate alle buone prestazioni ottenute dalle aziende. Per esempio, i manager di Givaudan e Ascom hanno guadagnato di più nonostante le rispettive imprese abbiano registrato un forte calo degli utili. Per non parlare delle banche, i cui dirigenti restano i meglio pagati nonostante la crisi dei "subprime". Il Credit Suisse apre la classifica svizzera con un salario medio dei membri della direzione del gruppo superiore a 14 milioni di franchi, mentre Ubs è al terzo posto con 8,4 milioni, appena sotto a Roche con 8,8 milioni.
Viceversa, nei settori dove gli utili sono andati alle stelle, i bassi salari sono aumentati soltanto del 2,7 per cento in media. È il caso dell'industria dei metalli e delle macchine e dell'industria orologiera, dove gli utili sono raddoppiati, ma anche dell'edilizia, dove sono cresciuti del 66 per cento, e del settore chimico-farmaceutico, dove l'incremento è stato del 43 per cento. Per capire come la "forbice" tra alti e bassi salari abbia continuato ad allargarsi nonostante il costante miglioramento dei risultati economici, va considerato che dal 2004 al 2007 gli utili delle imprese sono cresciuti mediamente del 56 per cento e le retribuzioni dei manager del 14,2 per cento (che diventa un 30 per cento se si esclude il settore finanziario), mentre nello stesso tempo i salariati della fascia inferiore hanno dovuto accontentarsi di un aumento del 6,6 per cento.
Questa ridistribuzione del reddito aziendale dal basso verso l'alto, praticata dalle grandi imprese nel corso degli ultimi anni, illustra bene una tendenza di fondo dell'economia che genera crescenti disuguaglianze e profonde ingiustizie nella nostra società. Questo – secondo Renzo Ambrosetti, copresidente di Unia –  è «tanto più scandaloso se si pensa all'asprezza dei negoziati salariali degli ultimi anni». Adesso, ha aggiunto, è arrivato il momento di invertire questa tendenza: nei prossimi negoziati salariali il sindacato esigerà la piena compensazione del rincaro, più un aumento reale dei salari per tutti, un innalzamento della soglia del salario minimo a 3 mila 500 franchi per i lavoratori semiqualificati ed a 4 mila 500 per i qualificati. E questo, in tutti i settori dell'economia.
Ma lo studio sui salari interviene, come detto, in un momento congiunturale particolarmente teso. L'inflazione sta toccando il livello più alto da quindici anni, e questo può soltanto significare nuove dure battaglie da combattere e vincere. «Può darsi che la compensazione del rincaro non basterà», ha aggiunto Ambrosetti. «Unia dovrà esaminare i propri margini di manovra in ciascun settore. Non abbiamo ancora stabilito della cifre». Ed ovviamente occorrerà consultarsi con gli altri sindacati. Ma una cosa è certa: la battaglia sarà su tutta la linea, anche a livello politico, dove si profila un'opposizione ancor più determinata contro ogni regalo fiscale alle imprese e contro gli sconti ai beneficiari di opzioni o ai manager degli "edge funds".


"Ma nessuno se ne occupa"

Hans Baumann, economista di Unia, quanto importanti sono per il sindacato simili studi sull'evoluzione dei salari?
Credo che sia assolutamente importante per noi sapere che cosa succeda nelle grandi aziende, nelle imprese globalizzate e nei settori globalizzati della Svizzera, poiché queste ditte rappresentano per molte altre anche un modello da imitare. Sappiamo per esempio che questi salari fortemente in crescita dei manager hanno un'influenza anche su quelli dei responsabili o dei quadri delle aziende minori. Ecco perché questo dei salari è un settore importante per noi, non da ultimo perché riguarda centinaia di migliaia di persone e nessuno – in tutto il mondo, non solo in Svizzera – se ne occupa.
Lei ha accennato al requisito della trasparenza in questo genere di studi. Perché è importante questa trasparenza?
Oggi è in vigore una nuova norma legale (l'articolo 663b bis del Codice delle obbligazioni, ndr) che migliora la trasparenza.Ma quello che ancora non si può sapere è quanto guadagnino i singoli membri della direzione di un gruppo: si conosce il totale dei loro compensi, più lo stipendio più alto, che dev'essere dichiarato. Dunque non conosciamo le retribuzioni dei singoli. Io penso – e questa è un'opinione personale sulla quale si può anche discutere – che la trasparenza operi piuttosto in modo da rendere le ditte più prudenti con gli stipendi dei manager. Il che ha un effetto mitigante sulle retribuzioni dei dirigenti. Esiste però anche un'altra tesi, secondo cui gli stipendi verrebbero quasi spinti verso l'alto se i dirigenti sanno che altre ditte hanno dato un aumento e dunque pretendono a loro volta un aumento. Ma io non credo che funzioni così. Penso invece che grazie alla trasparenza il controllo sociale operi meglio all'interno delle imprese e nella società
Da questo punto di vista, come gruppo di ricerca avete incontrato particolari ostacoli o difficoltà presso le imprese?
Sì. Ci sono ancora ditte che sanno di dover rendere pubblici gli alti salari, come minimo il totale relativo ai membri della direzione del gruppo. Ma sovente certe parti di queste remunerazioni sono nascoste tra le pieghe dei rapporti d'esercizio annuali: ci possono essere piani azionari, piani di risparmio o d'altro genere, che si trovano sparsi qua e là nei conti e che occorre cercare e mettere insieme. Un'altra difficoltà è l'assenza di una stima unica delle azioni ed opzioni destinate ai manager, che possono essere valutate in modo differente.
Quale differenza c'è tra il vostro studio e quello, per esempio, della Fondazione Ethos?
Da Ethos prendiamo i criteri di base. Non so se ci riusciamo sempre, perché lo studio di Ethos esce sempre dopo. Ma, sì, procediamo con il sistema Ethos, che troviamo sia il migliore. Per esempio, la Handelszeitung ha incluso tra gli alti salari quello di Marcel Ospel, presidente del consiglio d'amministrazione di Ubs, mentre noi abbiamo considerato lo stipendio più alto versato all'interno della direzione del gruppo. Sono queste cose che determinano sempre le differenze.
La tendenza all'aggravamento delle differenze salariali, che avete constatato con il vostro studio, è riscontrabile in ogni regione del Paese?
Noi abbiamo preso in esame 42 imprese, ripartite soltanto in alcuni cantoni. E nessuna di queste imprese ha sede in Ticino. La maggior parte sono ovviamente  situate a Zurigo e a Basilea
Ma com'è la situazione dei salari nelle altre regioni, per esempio in Ticino?
Relativamente a questo studio, non lo sappiamo, perché questo lavoro si è limitato a queste 42 ditte. Se però si guarda al rilevamento delle strutture salariali, che copre l'intera economia e concerne a grandi linee circa due milioni di salari, allora possiamo distinguere chiaramente le differenze tra i cantoni. Possiamo così constatare che il Ticino presenta in media salari incredibilmente bassi, dato che i "normali" percettori di reddito continuano a collocarsi tra il 10 e il 20 per cento sotto la media svizzera, quasi fosse una particolare caratteristica. Ma per quanto riguarda i manager non dovrebbe essere il caso…



Pubblicato il

06.06.2008 01:30
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