Il 26 giugno il mio datore di lavoro mi ha licenziato per la fine del mese di agosto. Alla fine di luglio avevo un credito di ore flessibili di 58 ore. Abbiamo concordato che il mio superiore mi avrebbe comunicato di volta in volta quando e quante ore avrei potuto compensare durante il termine di disdetta. Alla fine del mio rapporto di lavoro ero riuscito a compensare solo 24 ore. Rimanevano così ancora 34 ore. Il mio datore di lavoro non vuole retribuirmi queste ore, sostenendo che lui aveva disposto di compensarle durante il termine di disdetta. Questo non è stato però possibile per motivi aziendali. Nel quadro delle ore flessibili il lavoratore ha la possibilità di decidere autonomamente se avere un monte ore superiore o inferiore al numero di ore che deve prestare. Proprio questo è lo scopo dell’orario flessibile. D’altra parte il lavoratore ha la responsabilità di assicurare in tempo utile la compensazione delle ore in eccesso. Il credito di ore flessibili non dovrebbe mai raggiungere dimensioni tali da non poter essere compensato nel quadro dell’orario flessibile entro il termine di disdetta ordinario. Se il datore di lavoro permette che il lavoratore accumuli un elevato numero di ore flessibili, deve farsi carico del rischio che queste non riescano ad essere completamente compensate entro la fine del rapporto di lavoro. Il credito di ore flessibili può essere retribuito solo se, per esigenze aziendali o per disposizioni contrarie del datore di lavoro, non è stato possibile compensarle nel quadro dell’orario flessibile concordato e in osservanza dell’orario di presenza obbligatoria; in tal caso queste ore in eccesso non sono però da considerare come ore flessibili, ma come vere e proprie ore supplementari. Il datore di lavoro deve quindi retribuire le rimanenti 34 ore del credito di ore flessibili come ore supplementari (125 per cento). * * * Per due settimane ho dovuto lavorare in un’altra filiale dell’azienda, distante più di un’ora di macchina dal mio normale posto di lavoro. Ho inoltre dovuto trasportare regolarmente materiale aziendale con la mia macchina privata. Il mio datore di lavoro non vuole pagarmi le spese della macchina, poiché ritiene che egli possa farmi lavorare presso una qualunque delle sedi aziendali e che comunque per il periodo in oggetto mi versava un’indennità per i pasti di 15 franchi. È nullo ogni accordo per il quale il lavoratore abbia a sopportare interamente o in parte le spese necessarie (ai sensi dell’art. 327a Co). Per tutti i lavori in trasferta, temporanei o duraturi, il lavoratore ha diritto al rimborso delle spese per il vitto e l’alloggio. Tali spese, quando presentano un importo nella media, sono completamente a carico del datore di lavoro. Se il lavoratore, d’intesa con il datore di lavoro, mette a disposizione un veicolo a motore, gli devono essere inoltre rimborsati le tasse pubbliche sul veicolo, i premi dell’assicurazione per la responsabilità civile e un’equa indennità per l’usura del veicolo, nella misura in cui questo è adoperato per il lavoro (ai sensi dell’art. 327b Co). Normalmente viene concordata un’indennità chilometrica. Il versamento della sola indennità per i pasti di 15 franchi non è sufficiente. Il datore di lavoro deve anche versarle un’indennità chilometrica per il veicolo. Normalmente il rimborso spese è disciplinato dal relativo contratto collettivo di lavoro.

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17.09.04

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