“Rien ne va plus” tra Cantone, Città e rappresentanti delle maestranze delle Officine di Bellinzona. La Dichiarazione d’intenti elaborata dal triumvirato Ffs, Consiglio di Stato e Municipio e presentata lo scorso dicembre divide le parti: CdS e Municipio favorevoli, Associazione Giù le mani e sindacati contrari. Qual è la causa della contrapposizione di attori che nel 2013 uniti avevano sottoscritto la Convenzione Centro di competenza (CdC) nel settore della mobilità sostenibile e ferroviaria presso le Officine Ffs?


Per dirimere occorre partire dal punto del comune accordo, ovvero la suddetta Convenzione. Essa recita che obiettivo del CdC “è di costituire una piattaforma modulare nella quale confluiscano tutte le competenze presenti sul territorio regionale e nazionale al fine di incentivare e favorire lo sviluppo di progetti innovativi”; concretamente: “un sistema a rete formato dai diversi attori operanti nell’ambito della mobilità ferroviaria sul territorio ticinese” con “fulcro nelle Officine Ffs di Bellinzona”. Tre settori di attività del CdC a) “manutenzione (non unicamente legata alle locomotive, carri merci (standard e speciali), ma anche alle componenti ferroviarie e ad altri prodotti industriali) e ammodernamento (materiale rotabile, infrastrutture ferroviarie); b) ingegneria e c) offerta di servizi. Si fa notare che “è inevitabile un contatto diretto e una stretta collaborazione con le attività delle Officine Ffs di Bellinzona” e che “le Ffs inizialmente giocheranno un ruolo importante per lo sviluppo di nuovi progetti”.


Leggendo la Di si apprende che: “La realizzazione di un nuovo stabilimento industriale Ffs per la manutenzione del materiale rotabile e il conseguente recupero urbanistico dell’area occupata dallo stabilimento esistente” sono due progetti paralleli. Il “Nuovo stabilimento” è “cucina interna” delle sole Ffs, sole proprietarie e uniche a decidere su contenuti e modalità, nonché ubicazione. Concretamente: manutenzione di tre composizioni che dovrebbero impiegare 200-230 persone, d’altro solo idee vaghe. Mentre il progetto di “recupero urbanistico” dell’area delle attuali Officine, sarà diretto da un gruppo misto in cui le Ffs sono rappresentate con diritto di veto, in quanto le decisioni, come scritto nella Di, devono essere prese all’unanimità. Il Centro di competenza non avrà più la sua sede “presso le Officine Ffs”, bensì dovrà ubicarsi all’interno dei 45mila mq delle ex officine ceduti dalle Ffs alla Città, dove sorgerà un parco industriale innovativo che Città e Cantone realizzeranno con l’aiuto di una società di consulenza e promozione privata di Zurigo. Il diavolo si nasconde nei dettagli e la Di ne riserva alcuni. Primo: non precisa la necessità di definire un contratto che stabilisca attività e responsabilità specifiche dei singoli attori verso il CdC. Contratto necessario per colmare il vuoto della Convenzione che di per sé non rappresenta vincolo giuridico. Senza tale contratto le Ffs possono essere membro della Fondazione CdC, pur rimanendo passive come lo sono state finora. Secondo: “La presente dichiarazione d’intenti prevale in caso di contraddizioni con il testo di precedenti accordi tra le medesime parti” precisa la Di. Significa invalidare la stessa Convenzione CdC? Terzo: le Ffs non figurano esplicitamente tra gli attori del Parco innovativo.


Insomma la Di, come nel gioco dell’oca, riporta tutti alla casella di partenza del 2008. Approvarla tale quale significa travisare la Convenzione CdC. V’è da sperare che i politici dei rispettivi legislativi, prossimamente chiamati a votare i crediti, affrontino gli inghippi e le richieste dei rappresentanti dei lavoratori, riportando il vascello sulla buona rotta. Rotta che specifici tornaconti, ingenuità o la “ruse” di pochi hanno deviato verso meri interessi di taluni a scapito della realizzazione della strategia industriale innovativa ticinese in campo ferroviario, e di posti di lavoro qualificati.

Pubblicato il 

30.05.18
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