“La guerra attuale ha un carattere imperialista. Essa è stata generata dalle condizioni dell'epoca nella quale il capitalismo ha raggiunto la fase suprema del suo sviluppo; nella quale non soltanto l'esportazione delle merci, ma anche l'esportazione di capitali ha la massima importanza sostanziale; nella quale la monopolizzazione della produzione e l'internazionalizzazione della vita economica hanno raggiunto considerevoli dimensioni; nella quale la politica coloniale ha portato alla spartizione di quasi tutto il globo terrestre; nella quale le forze produttive del capitalismo mondiale hanno superato la limitata cornice delle divisioni in statali-nazionali […]”.
Risoluzioni della conferenza del partito socialdemocratico russo, Berna, Marzo 1915


John Reed termina la sua monumentale cronaca della rivoluzione d'Ottobre affermando che se le masse russe non fossero state pronte per l'insurrezione, essa avrebbe semplicemente fallito. Secondo l’autore il successo dei bolscevichi aveva una sola spiegazione: La realizzazione delle vaste e semplici aspirazioni dei più larghi strati del popolo.
Il 17 aprile 1917, in uno dei più influenti testi politici di sempre, passato alla storia come “Le tesi di aprile”, Lenin schematizzava i “compiti del proletariato” per giungere alla realizzazione di queste aspirazioni.
La Russia è allora un paese dilaniato dalla prima guerra mondiale, in cui le masse contadine al fronte non cessano di soccombere sotto i colpi delle grandi potenze. Non è quindi un caso se la prima delle dieci tesi identifica lo scontro in atto come una guerra imperialista, esorta la diffusione della propaganda fra i soldati al fine di svelare “il legame indissolubile fra capitale e guerre imperialiste” e condanna quei socialisti e quei liberali che, all'interno dei rispettivi governi, sostengono il conflitto in corso.


È impossibile analizzare le dinamiche maggiori della storia del movimento operaio senza confrontarsi con la sempiterna esistenza della guerra. La seconda internazionale socialista era crollata sotto il peso del sostegno ai crediti bellici votati dai parlamentari “social-sciovinisti”. Nel 1915, unendo in Svizzera i rivoluzionari che vi si erano opposti, si era creato perlomeno l'embrione della futura internazionale comunista.
Un secolo più tardi, sentendo i governi Gentiloni, Hollande e le varie socialdemocrazie che plaudono ai missili Thomawak di Trump lanciati sulla Siria, il movimento operaio dovrebbe riscoprire i suoi principi essenziali, riportando in vita quel vasto movimento che all'inizio del secondo millennio scendeva in piazza contro la guerra, questa volta, però, continuando a svelarne il legame con il capitale.
Qualunque sia il terreno dello scontro, dall'opposizione ai tagli nel sociale, alla lotta contro l’aumento dell’'età di pensionamento, dalla resistenza al colonialismo al rifiuto dell’interventismo bellico, il movimento operaio deve appunto tornare a quei principi che l’hanno reso grande: Nessuna guerra fra i popoli, nessuna pace fra le classi.

Pubblicato il 

12.04.17
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