Lo sguardo del padrone

Ha lo sguardo come quello di Ulisse quando pronunciò l’orazion picciola nel momento in cui la nave dirigeva la prua verso l’oceano, oppure come quello dei membri del Consiglio Generale di Siena che nel 1339 decisero di trasformare il duomo esistente nel transetto di un duomo ancora più grande, o come Niccolò Machiavelli arrivato alla riflessione che la politica non ha niente a che vedere con la morale, o come il conte di Cavour a Plombières per trattare la cessione della Savoia e di Nizza in cambio di 80.000 soldati francesi, o come Max Weber giunto a dimostrare la relazione tra l’etica protestante e lo spirito del capitalismo. Uno sguardo, come si dice, lungimirante.


Dirige con cenni sobri i suoi quattro dipendenti in abito scuro intenti a collocare le corone di fiori e a posteggiare nel luogo opportuno l’auto color grigio argento provvista di una croce molto stilizzata, adatta sia ai credenti sia agli atei. Perché è intraprendente, ha avviato una piccolamediaimpresa, insomma ha messo in piedi una ditta di onoranze funebri. Per tutta la mia vita ti ho lodato, o Signore… Poi, un po’ meno coinvolgente del sallenzio ambrosiano, il rosario. La prima parte dell’ave Maria è recitata dal sacerdote che presiede il rito, una pronuncia curata, espressiva, con la pausa giusta dopo la virgola …e benedetto il frutto del tuo seno, Gesù; la seconda parte la recitano i partecipanti al corteo, e questo  fino al camposanto. Davanti al cancello l’auto color grigio argento con la croce stilizzata si ferma, la preghiera continua ancora per qualche istante ma improvvisamente cessa la voce del sacerdote. Quasi nessuno se ne accorge: quella voce proveniva da una cassetta posta all’interno dell’auto, la gente ha risposto per tutto il tempo a una voce registrata. Che cosa c’è di male? Ha pensato di aumentare l’attrattività della sua ditta fornendo un piccolo servizio in più delle altre, l’ave Maria compresa nella fattura. Che cosa c’è di male nel cercare di essere concorrenziali?


Dopo la recente sentenza del Tribunale federale che ha giudicato perfettamente legittimo il salario minimo di 3.480 franchi fissato dal canton Neuchâtel, il direttore dell’Associazione industrie ticinesi ha scritto che il problema non sono i salari troppo bassi, ma il costo della vita troppo alto, ad esempio «se il premio di cassa malati cresce del 10 per cento in un anno non è che il salario possa essere adeguato automaticamente per lo stesso valore». Ma le casse malati sono imprese come le altre, che hanno lo scopo di fare utili. Come mai i loro utili sono variabili indipendenti e invece i salari sono variabili dipendenti?


Oltre a preoccuparsi per i salari troppo alti, le imprese ticinesi sono impegnate a produrre a costi italiani e vendere a prezzi svizzeri. Sono arrivate fino a 65.000 frontalieri per poter disporre di una manodopera priva del diritto elementare di esprimersi sulle leggi che regolano i rapporti di lavoro. E in questi ultimi tempi diffondono l’idea che sarebbe in pericolo il finanziamento delle pensioni solo per poter passare di riforma in riforma dal sistema fondato sulla solidarietà fra generazioni al sistema fondato sulla capitalizzazione individuale che fa scoppiare di soldi le banche.


Anche le banche sono imprese. Verrà il giorno in cui le imprese si limiteranno semplicemente a fare i loro affari, a chiedere con bella regolarità la diminuzione delle imposte, a rastrellare diligentemente capitali, merci a buon mercato e manodopera obbediente dagli altri paesi, ma smetteranno di usare parolone impegnative come “filosofia d’impresa”, e “democrazia liberale”, di chiamare sé stesse “l’economia”, e di… insegnarci come pregare?

Pubblicato il

13.09.2017 15:58
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