Mercoledì 9 dicembre gli organi di stampa ci danno due notizie di segno apparentemente opposto riguardanti il mondo della disoccupazione:
1)    La Seco (Segreteria di stato dell'economia) comunica un nuovo aumento del tasso di disoccupazione che si attesta al 4,2 per cento. Tra le persone più colpite dal processo di espulsione dal mondo del lavoro figurano gli stranieri, i giovani e i cittadini delle regioni periferiche (Ticino e Svizzera romanda).
2)    Il Consiglio nazionale approva un inasprimento delle condizioni per ottenere il diritto alle indennità di disoccupazione. La revisione della LADI colpisce con durezza i giovani che vedranno drasticamente ridotto il numero delle indennità e saranno costretti ad accettare un qualsiasi impiego indipendentemente dalle loro capacità e dalla formazione seguita.
Dicevamo sopra "notizie di segno apparentemente opposto"; in realtà di fronte alla crisi sociale ed economica che stiamo attraversando la destra si comporta esattamente come ha sempre fatto, e cioè colpendo i soggetti sociali più deboli (in tal caso i disoccupati e i giovani) e demolendo quel minimo di conquiste sociali accumulate con tanti sacrifici nel corso degli anni.
Le misure che si intendono mettere in atto attraverso la revisione della LADI non sono frutto dei deliri di un privato cittadino ma si iscrivono nelle attività e interventi dello Stato, confermando, semmai ce ne fosse bisogno, che lo Stato non è neutro di fronte alle dinamiche sociali. E infatti la natura interventista dello stato fa da sempre parte della cultura e delle prerogative della destra. Si è molto generosi con le banche che hanno costretto la politica a farsi dare fior di miliardi di franchi (e di euro) con interventi statali che garantiscono tutto, anche le peggiori nefandezze.
Questa è una delle principali ideologie alimentate dalla destra: si fa credere che il liberismo sia antistatalista mentre è statalismo alla massima potenza poiché lega come nessun'altra ideologia lo stato alle esigenze del mercato.
In tale contesto, da parte di associazioni come Sos Ticino occorre essere ancora più attenti nell'impostazione e attuazione dei progetti, pena lo scivolamento nella cultura del "bisognismo", che rischia di nascondere il carattere inalienabile dei diritti individuali e sociali. La promozione del soddisfacimento dei bisogni delle persone è cosa buona e giusta ma costringe a rimanere ancorati ad una logica di assistenza e aiuto sociale. Uscire da tale logica vuol dire riprendere il discorso sull'uso e sulla destinazione della spesa pubblica, affinché diritti sociali come l'educazione, la salute, la formazione, il lavoro non siano considerati alla stregua di merci per alimentare un nuovo business.

Pubblicato il 

18.12.09

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