La rinascita del Movimento

Dopo la bruciante sconfitta nelle votazioni federali del 18 maggio 2003, quando due iniziative popolari antinucleari furono nettamente bocciate, il movimento svizzero contro l'atomo è apparso per anni come un pugile al tappeto. Ma ora si sta riorganizzando e proprio questo lunedì di Pentecoste ha ottenuto un primo importante risultato: ben 5 mila persone hanno preso parte ad una marcia contro la costruzione di nuove centrali nucleari promossa da un'ottantina di organizzazioni svizzere ed estere e conclusasi simbolicamente nei pressi dell'impianto di Gösgen (Soletta).

«Siamo all'inizio di un cammino», afferma Graziella Regazzoni, direttrice dell'Alleanza "No a nuove centrali nucleari", nata nel 1997 con il concorso di oltre una trentina di associazioni, partiti e movimenti che si sono posti l'obiettivo comune di impedire la costruzione di una nuova centrale.

«L'Alleanza vive del lavoro dei singoli membri che la compongono, i quali continuano ad agire nella società secondo i principi e le sensibilità che li contraddistinguono, ma la sottoscrizione del patto rappresenta un grande elemento di novità rispetto al passato», rileva la nostra interlocutrice, dicendosi «convinta che rispetto al 2003, le possibilità di vincere la battaglia referendaria sono cresciute in modo sensibile». «Per la prima volta -argomenta Graziella Regazzoni- possiamo condurre una campagna per il no, che è sempre meno complessa di una in favore del cambiamento di una situazione conosciuta. Inoltre nella popolazione vi è sempre maggiore consapevolezza della problematica ambientali e nel frattempo il mercato delle energie rinnovabili si è sviluppato anche in Svizzera».

Una delle sfide principali appare quella di riconquistare le giovani generazioni, che non hanno vissuto la stagione delle lotte antinucleari degli anni Settanta e Ottanta e che non sono nemmeno state sfiorate dalla catastrofe di Chernobyl del 1986. Secondo le analisi delle votazioni del 2003, i ragazzi tra i 18 e i 31 anni (compresi quelli dichiaratisi simpatizzanti dei Verdi) hanno respinto massicciamente le iniziative antinucleari. Per la direttrice dell'Alleanza, sarà importante sviluppare un «dibattito che non sia rivolto al passato, ma che guardi al futuro e alle chance che esso offre, a partire per esempio dallo sviluppo delle fonti rinnovabili». Già oggi però si registrano segnali incoraggianti: «Mi è capitato di recente di partecipare in una scuola media di Zurigo, insieme a rappresentanti della lobby nucleare, a una settimana di studio sull'energia, al termine della quale si è tenuta una votazione finale in cui più del 65 per cento dei ragazzi (prossimi alla maggiore età e dunque all'ottenimento del diritto di voto) si è espresso in favore dell'uscita dal nucleare. Un risultato sorprendentemente positivo e molto significativo», commenta Graziella Regazzoni, sottolineando l'importanza dell'informazione.

Un'informazione che «non può sottacere tutti i problemi legati all'impiego dell'energia nucleare, che vanno dalla sicurezza, al problema dei costi di estrazione dell'uranio fino alla mancanza a tutt'oggi di una soluzione al problema delle scorie (anche se una procedura per l'individuazione di un sito per realizzare un deposito finale è in corso, la sua realizzazione rimane un miraggio)». «D'altro canto -aggiunge la nostra interlocutrice- molto lavoro si può ancora fare sul fronte dei consumi attraverso un utilizzo efficiente delle risorse disponibili: con la migliore tecnologia li possiamo ridurre di un terzo senza cambiare le nostri abitudini di vita».

E i sondaggi che darebbero il fronte del sì in vantaggio non spaventano minimamente: «Sono dati che vanno valutati con cautela, perché dipendono sempre da come è stata posta la domanda. Personalmente sono convinta che la percentuale di contrari può solo aumentare», conclude Graziella Regazzoni.

E pensare che quando ci ha rilasciato l'intervista la "marcia dei cinquemila" non si era ancora tenuta.

Pubblicato il

28.05.2010 03:00
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