La povertà da Covid delegata alla carità

L’assistenza pubblica non esplode, mentre le organizzazioni caritatevoli sono sommerse dalle richieste di aiuto. Le cifre della miseria emergente

La povertà sta crescendo o no? Parrebbe una domanda retorica dopo un anno di pandemia, ma i dati statistici dell’assistenza sociale ticinesesmentirebbero la crescita. Gli ultimi dati disponibili, il trimestre ottobre-dicembre dello scorso anno, indicano addirittura una leggera diminuzione da inizio anno. Se invece osserviamo il numero di richieste pervenute alle associazioni impegnate nel sostenere economicamente la popolazione in difficoltà, la prospettiva cambia radicalmente.

Iniziamo con un dato del sostegno pubblico, che invece segna un significativo rialzo. Il Comune di Lugano, che da solo conta poco meno di un terzo della popolazione cantonale, ha visto crescere più del 20% le richieste di sostegno sociale, facendo lievitare la fattura finale di oltre 135mila franchi rispetto all’anno precedente, arrivando a quota 837mila franchi. Un quarto di esse riguardano spese inerenti alla salute e alle cure dentarie, un altro quarto l’affitto o la caparra iniziale per ottenerne uno, mentre un terzo sono eventi straordinari o bisogni puntuali, quali far la spesa.


La sola sezione cantonale della Croce Rossa ha erogato più di mezzo milione di franchi, 530mila per la precisione, a oltre un migliaio di persone che si sono rivolte ai loro servizi chiedendo un aiuto per far fronte a normali spese. Affitto, bollette dell’energia o gas, così come spese sanitarie non riconosciute dalle casse malattia. Ma anche per poter mangiare, con aiuti finanziari diretti oppure la distribuzione di buoni acquisto della Coop. Proprio sul tema alimentare, la Croce Rossa ticinese sta sostenendo in questi giorni le fasce più deboli con l’iniziativa 2xNatale, distribuendo «più di 300 sacchetti contenenti generi di prima necessità (beni alimentari e per l’igiene del corpo) alle famiglie vulnerabili della regione», informa la portavoce Laura Criseo Ascolese.


La sezione ticinese di Soccorso Operaio Svizzero (Sos), invece, ha dovuto istituire un gruppo di lavoro apposito al suo interno, “Team aiuti speciali Coronavirus”, per fronteggiare le numerose richieste e per gestire i finanziamenti giunti dalla Catena della Solidarietà. Finanziamenti importanti raccolti grazie alla generosità dei cittadini, ai quali si sommano le donazioni di privati, ditte o impiegati statali. «A oggi, Sos Ticino ha erogato 360mila franchi» spiega Roberta Bettosini, coordinatrice del team. Circa trecento persone hanno potuto beneficiare degli aiuti. Le casistiche sono molteplici. «Salario ridotto insufficiente, chi non ha diritto al lavoro ridotto perché su chiamata o a ore, indipendenti che non rientrano nei parametri degli attuali aiuti o persone che avrebbero diritto agli aiuti ma questi tardano ad arrivare» racconta la responsabile del Sos. Anche al Sos, le richieste vertono su aiuti nel saldare le fatture delle casse malattia, dell’affitto o delle bollette di energia e gas. Nella pagina web del Sos si spiega che, invece dei contanti, il servizio amministrativo dell’organizzazione s’incarica di pagare direttamente i creditori. Si precisa pure che, nell’ottica di prevenire eventuali abusi, sono previsti dei controlli incrociati con altre associazioni distributrici dei fondi della Catena della Solidarietà.


Ammontano invece a oltre 800mila franchi i fondi erogati da Soccorso d’inverno in Ticino per rispondere alle richieste di aiuto durante i dodici mesi di pandemia, spiega Manuela Nünlist, direttrice della sezione ticinese. Ben oltre il doppio di quanto erogato nel 2019, dove gli aiuti stanziati ammontavano a 325mila franchi. Oltre che raddoppiati nell’anno pandemico anche i beneficiari, con 1.683 persone aiutate, di cui ben 617 bambini. Nella casistica, informa la direttrice, si è assistito a un gruppo in precedenza sconosciuto ma diventato molto numeroso, i piccoli indipendenti, esclusi ad esempio da assicurazioni sociali quali la disoccupazione. Se i dati non vi suonano con quanto letto di recente sui siti online, la spiegazione è semplice. I dati di area si riferiscono all’intero anno 2020, mentre quelli apparsi in precedenza si rapportavano al periodo contabile dell’associazione, dal 1° luglio al 30 giugno dell’anno successivo.


A vedere un futuro immediato drammatico è anche la Caritas, pure lei impegnata a livello nazionale a fronteggiare la nuova povertà emergente. A livello locale, Caritas Ticino ha erogato «oltre 260mila franchi, sotto forma di pagamento delle fatture e buoni per gli acquisti alimentari, aiutando così oltre 800 persone» spiega il suo direttore Marco Fantoni. Le ragioni delle difficoltà economiche sono sempre le medesime: perdita del lavoro, indipendenti, indennità lavoro ridotto insufficienti per i nuclei familiari.


A livello nazionale, Caritas Svizzera ha sostenuto finanziariamente durante la pandemia 17mila persone nel pagamento delle varie fatture per un importo complessivo superiore ai 6 milioni di franchi e distribuito 31mila buoni acquisto presso le Caritas Epiceries (negozi di alimentari a prezzi modesti presenti nel resto della Svizzera). Nel comunicato stampa della scorsa settimana, Caritas ha lanciato un vero e proprio grido di allarme, incitando le autorità politiche a intervenire rapidamente perché «la situazione è sempre più grave». Quale prima misura urgente, Caritas «ritiene essenziale prorogare l’indennità per lavoro ridotto del 100% per i redditi più bassi fino al termine della pandemia e non interromperla a fine marzo come previsto». Caritas denuncia anche «le gravi lacune del sostegno statale alle persone colpite dalla crisi del coronavirus, lacune che devono poi essere colmate dalle organizzazioni umanitarie come la nostra».


Particolarmente critico è l’accesso all’assistenza sociale. «Molti dipendenti e lavoratori autonomi hanno fatto di tutto per superare la crisi con le proprie forze. Chiedere aiuto rappresenta per loro l’ultima sponda. Molti lo fanno solo quando hanno esaurito i propri risparmi, quando le fatture si accumulano e i debiti privati aumentano. Le persone che vivono appena al di sopra della soglia di povertà non possono attendere di raggiungere il limite per accedere all’assistenza sociale, poiché ciò significherebbe che hanno esaurito tutte le proprie riserve». Oltre all’impossibilità di accedere all’assistenza sociale per le famiglie con un reddito di poco superiore alla soglia, Caritas Svizzera fornisce un’ulteriore spiegazione al paradosso posto a inizio articolo della povertà crescente che non si ripercuote nei numeri dell’assistenza. «Gli stranieri rinunciano il più delle volte all’aiuto sociale perché temono di mettere a rischio il loro statuto di soggiorno e per questo si rivolgono alle associazioni caritatevoli» scrive Caritas nel suo comunicato.

 

Una spiegazione condivisa da Roberta Bettosini di Sos Ticino: «I titolari di un permesso B o C con difficoltà finanziarie non chiedono il sostegno finanziario pubblico per paura di non vedersi rinnovato il permesso». Donne e uomini che si son sempre guadagnati la pagnotta spesso svolgendo i lavori meno retribuiti e precari, diventati oggi senza colpa alcuna delle vittime sacrificali di uno stato sociale discriminatorio.

Pubblicato il

22.03.2021 09:18
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