Italia

Neanche il coordinatore nazionale Fiom per la siderurgia Gianni Venturi, e Rosario Rappa della segreteria nazionale, sono stati risparmiati dai manganelli della Polizia. Botte per gli operai della Ast di Terni e persino per Maurizio Landini che cercava di interporsi tra i manganellatori in divisa e la giusta rabbia dei manganellati.


Che succede in Italia? Cade un tabù – gli operai che protestano per il lavoro non si bastonano. A poche ore da una piazza San Giovanni invasa da un milione di lavoratori, studenti, precari, esodati, cassintegrati e disoccupati chiamati dalla Cgil a manifestare contro un governo accanito sui diritti di chi lavora, gli operai di Terni sono stati ridotti a un problema di ordine pubblico. La Polizia non agisce in proprio, risponde a ordini e messaggi politici dall'alto. Certo, non sarà stato Renzi in persona a ordinare le cariche contro le tute blu.

 

Forse (forse) neppure il ministro degli interni Alfano avrà telefonato a prefetto e questore di Roma perché alzassero i manganelli sulle teste operaie. Certo è che il clima dominante a palazzo Chigi è di per sé un'indicazione. Il disprezzo di Renzi e dei suoi portaborse per quel milione di persone orienta l'azione di dirigenti e funzionari preposti all'ordine pubblico e fa passare in secondo piano la tutela del diritto costituzionale a manifestare. Mentre a San Giovanni si chiedeva un lavoro corazzato dai suoi diritti, alla Leopolda Renzi sfoderava la sua sciabola contro la Cgil; il suo amico David Serra, imprenditore liberista, invocava l'abolizione, con l'art. 18, anche del diritto di sciopero.


Le prove generali della violenza poliziesca si sono tenute qualche giorno prima a Torino, durante la manifestazione dei lavoratori Fiom: quando un gruppo di giovani dei centri sociali ha fronteggiato gli uomini in divisa, questi ultimi hanno scatenato una pioggia di lacrimogeni non contro gli anarchici, ma contro la piazza della Fiom mentre Landini concludeva il suo intervento. Le parole sono pietre, le politiche liberiste qualcosa di peggio. Nessuna presa di distanza di Alfano e Renzi, anche in questo caso. E questa settimana le provocazioni continuano: Renzi ha presenziato l'assemblea degli imprenditori bresciani dentro una fabbrica, la Palazzoli, il cui padrone impedisce alla Fiom l'attività sindacale e, per consentire una kermesse confindustriale senza proteste, lascia forzosamente a casa i suoi dipendenti.

 

Renzi insulta i sindacati e omaggia quotidianamente i capitalisti e i loro istinti animali: proprio da Brescia il premier accusa la Cgil di ordire un complotto per dividere il mondo del lavoro mettendo operai contro padroni (che non bisogna chiamare padroni, in fondo sono dei diversamente lavoratori), tutti sulla stessa barca e bestialità del genere. Lo dice, Renzi, mentre fuori dai cancelli la polizia fa ginnastica sulla testa di studenti, Cobas e antagonisti. Questa volta la manifestazione degli operai Fiom, nello stesso luogo, viene risparmiata dai manganelli.


La Polizia si adegua al pensiero (e partito) unico. Non sarà come a Genova 2001, i tempi sono cambiati. Ma in nome del Grande Cambiamento si sta tornando al passato. Il peggiore. Una novità positiva, però, c'è: la Cgil è ritornata, dimostrando di essere l'unico soggetto in grado, se lo vorrà, di cambiare lo stato di cose presente. Quel milione in piazza per la più grande manifestazione sociale dal 23 marzo 2002 (Cofferati e l'art. 18), pur privo di sponde politiche, è la punta dell'iceberg dell'altra Italia. E il prossimo passo dovrebbe, dovrà essere lo sciopero generale nazionale.
  

Pubblicato il 

06.11.14
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