La nuova posta, il vecchio che avanza

Futuro nuovamente incerto per il personale postale. Questa volta ad essere preoccupati sono i dipendenti che lavorano agli sportelli (front office) e gli uffici di postali di paese.

"Visione globale" è il nome del nuovo progetto di ristrutturazione avviato dalla Posta che ha scatenato la scorsa settimana la reazione del Sindacato della Comunicazione, rappresentante dei dipendenti postali. Nel comunicato, il sindacato paventa la chiusura di 500 uffici postali dei circa 2300 attuali e una sostanziale riduzione delle paghe per i dipendenti agli sportelli. Questo venerdì il personale riunito a Berna dal sindacato dovrà decidere quale risposta dare al nuovo progetto aziendale.
La Posta invece parla di allarmismi ingiustificati diffusi dai sindacati, replicando che le cifre fornite dai sindacati sarebbero totalmente prive di fondamento allo stadio attuale. In qualunque caso, ricorda la direzione della Posta, qualsiasi soluzione definitiva sarà frutto di un accordo con i partner sociali.  Allarmi ingiustificati o timori concreti? Per quanto concerne "Visione globale" se vi saranno tagli sia di salari che di uffici postali si può rimanere solo nel campo delle ipotesi. Basandosi sui fatti però, è possibile dimostrare che dal 2001 la Posta ha notevolmente ridotto i posti di lavoro, oltre 9mila su scala nazionale, ed un migliaio di uffici postali sono stati trasformati in un altro tipo di servizio.  
"Visione globale" può dunque apparire una continuazione della politica aziendale iniziata nel 1995, cioè da quando governo e parlamento avevano deciso, praticamente senza opposizione, la radicale trasformazione del servizio pubblico postale e delle comunicazioni.  La prima conseguenza fu la scissione delle leggendarie Ptt (Poste telefoni e telegrafi) in due strutture diverse, La Posta e Swisscom.
La volontà politica dell'operazione era la trasformazione a medio termine delle ormai ex regie federali in società anonime, con l'intento neanche troppo velato dei partiti borghesi di aprire la via ad una privatizzazione degli enti statali. Se per la Swisscom oggi la privatizzazione è stata parzialmente realizzata, per La Posta la discussione è ancora aperta.
Nel 2001 il gigante giallo annuncia la prima grande ristrutturazione, che avrà per conseguenza una prima forte riduzione degli uffici postali. A farne le spese sono soprattutto le zone più discoste del paese. La Posta però è vincolata al rispetto della legge che le affida il mandato di servizio pubblico universale. La normativa prescrive che il servizio postale deve essere raggiungibile dai centri abitati in un raggio di venti-trenta minuti di viaggio coi mezzi pubblici.
Per rispettare il mandato, la Posta sperimenta delle alternative al tradizionale ufficio postale di paese. Tra queste spiccano le agenzie, ossia la possibilità di svolgere le operazioni postali nel negozio di paese o nei comuni. Un altro modello sostitutivo sono gli uffici postali mobili, cioè dei furgoni trasformati in uffici che si spostano da paese a paese. Infine, ed è la modalità più usata, viene introdotto il servizio a domicilio. In quel caso, il postino che consegna le lettere, svolgerà anche le operazioni prima previste negli uffici postali.
Questo è l'essenziale del contenuto del progetto Ymago, annunciato dalla Posta a fine 2005. Un progetto che suscitò un'importante mobilitazione sul piano nazionale dei dipendenti e dei cittadini, che ha visto anche una reazione importante di autorità comunali toccate dai cambiamenti. Malgrado i prepensionamenti e lo spostamento interno di personale, la Posta annunciò 500 licenziamenti. L'azienda e i sindacati negoziarono poi un piano sociale, atto anche a compensare la riduzione di salario che toccò numerosi dipendenti. Seppur individualizzata ad ogni impiegato, la formula scelta può essere così riassunta: in busta paga al dipendente era garantita la compensazione dell'importo perso per un periodo determinato. Se il suo nuovo livello salariale è di 500 franchi inferiore al precedente, questi gli sarebbero ugualmente stati versati per tre anni. Per la durata della compensazione, il dipendente non aveva diritto agli aumenti salariali affinché questi non raggiungessero l'importo della paga precedente. In definitiva, il suo salario è rimasto bloccato per tre anni, senza rincaro e aumenti. Allo scadere del terzo anno, sarebbe stato retribuito secondo la scala inferiore.
Alla luce di queste trasformazioni avvenute negli ultimi anni che hanno avuto un prezzo importante in termini di posti e salari, i sindacati e il personale sono molto inquieti sugli esiti della nuova "Visione globale" della Posta. "Uniformare i salari" del personale vendita viene percepito come la volontà di allineare verso il basso gli stipendi, attualmente classificati tra il quarto e il quinto livello. Lo stesso dicasi per le rassicurazioni date sugli uffici postali. È probabile che non saranno chiusi, ma trasformati in qualcosa d'altro che inevitabilmente comporterà una perdita secca di posti di lavoro. E col sopraggiungere della crisi economica, un disimpegno del secondo datore di lavoro del paese, un ente pubblico che ha presentato un utile di quasi un miliardo di franchi nel 2007, non appare come la migliore visione globale possibile.


"Oggi siamo dei commessi"

Per capire come vive il personale della Posta questi continui cambiamenti, siamo andati a trovare in una valle periferica cantonale Mario*, che fino a qualche anno fa era responsabile di un gruppo di una ventina di persone. Gestiva chi consegnava le lettere, chi lavorava in ufficio con mansioni diverse e personale dislocato in più sedi. Poi sono arrivate le ristrutturazioni. Le ripartizioni in divisioni autonome all'interno del gruppo Posta e la centralizzazione in unità regionali hanno notevolmente ridotto i suoi compiti, oltre che il suo salario. «Per tre anni ricevo una garanzia salariale di 500 franchi mensili che mi porta ad avere la stessa paga di tre anni fa. Ma nel 2010 la compensazione scadrà e il mio salario a quel momento sarà nel livello inferiore».
Per quanto riguarda il nuovo progetto "Visione globale", La Posta parla di «uniformare gli stipendi del personale allo sportello». Attualmente per questi impiegati i livelli salariali sono il 4 e 5. La differenza tra i due salari ammonta a circa 7mila franchi annui. Il timore dei sindacati è che uniformare voglia dire livellare verso il basso. Ancora Mario: «Non nego che vi sia stata una riduzione di responsabilità nel mio caso, ma per quanto riguarda gli impiegati che lavorano al front office, i compiti sono diversi a prima, non spariti. Se alcune operazioni economiche sono ora solo compito di Post finance, gli impiegati allo sportello hanno altre mansioni».
Oggi gli uffici postali sembrano sempre più dei bazar dentro i quali puoi trovare molta merce in vendita, dalla cartoleria alla libreria passando per i prodotti informatici. «Oggi siamo diventati dei commessi. Non è un caso se prima gli apprendisti seguivano una formazione specifica all'interno della posta, mentre oggi seguono i corsi degli apprendisti di vendita al dettaglio» aggiunge Mario. Come si vivono tutti questi cambiamenti, gli chiediamo: «Ritengo giusto che la Posta si tenga al passo con i tempi, che si modernizzi. Ma ci sono vari modi di farlo. Io ho iniziato a lavorare in posta a metà degli anni 80. Ho quindi vissuto sia l'esperienza delle Ptt che la trasformazione seguente. Ho visto passare tre direttori con una differenza di stile nell'applicare le nuove regole imposte dalla politica. Durante la prima direzione di Jean-Noël Rey, la Posta è rientrata nelle cifre nere malgrado avesse perso un settore redditizio come la telefonia. E lo fece senza tagli. Oggi invece è un continuo susseguirsi di annunci…
Cos`è che la fa più arrabbiare? «Non è tanto la perdita di salario che mi irrita maggiormente, ma la perdita di soddisfazione di fare un lavoro di qualità. Alla lunga è frustrante.

* nome di fantasia, la vera identità è nota alla redazione

Pubblicato il

13.02.2009 01:00
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