Storia di classe

In un’epoca in cui il pensiero della democrazia e della libertà trionfa all’estero, in un momento storico in cui gli Stati finora monarchici vacillano, in cui le corone rotolano fra la polvere, in un momento solenne in cui i popoli d’Europa si svegliano da una notte d’orrori e di terrori e vogliono prendere essi stessi il destino nelle proprie mani, il Consiglio federale della «più vecchia democrazia d’Europa» si affretta a strangolare quel poco di libertà di cui ancora gode il paese, a proclamare lo stato di assedio e a dominare il popolo per mezzo delle baionette e delle mitragliatrici [...] Queste autorità hanno perduto ogni diritto di parlare in nome del popolo e della democrazia dalla quale sono stati smentiti.
Appello del comitato di Olten, 11 novembre 1918.

Il 9 novembre 1918 la Novemberrevolution sanciva l’epilogo di quello che era considerato il più grande conflitto mai combattuto.
L’ammutinamento delle truppe della marina e la formazione di comitati di soldati e operai avevano fatto rotolare nella polvere la “corona” del Kaiser Guglielmo secondo, proclamando la nascita della Repubblica tedesca. Era la fine della Prima guerra mondiale.


La fine di una guerra che i più genuini esponenti del movimento operaio internazionale non avevano mai smesso di condannare e di combattere. Lo avevano ribadito riunendosi per ben due volte nel Canton Berna, a Zimmerwald nel 1915 e a Kiental nel 1916: una guerra fra imperialisti di diverse nazioni avrebbe visto morire al fronte uomini di una stessa estrazione sociale, in nome di profitti altrui. Di fronte alla guerra, benché al riparo dalla sua morte, anche la classe operaia di un paese neutrale avvertiva sulla propria pelle la costante crescita della disuguaglianza.
La Svizzera uscì arricchita dalla Grande guerra, ma ad arricchirsi furono in pochi. Mentre il reddito reale della popolazione subiva un crollo fra il 25 e il 30% nel corso dei primi tre anni di conflitto, le industrie e l’agricoltura elvetica esportano freneticamente verso i paesi martoriati. Emerge la figura della donna proletaria, sottopagata ed esposta a lavori macchinali e ripetitivi. Emerge anche quella del ricco contadino, all’origine di un partito agrario e reazionario.


Il 9 novembre 1918, mentre il mondo si appresta alla pace, il Consiglio federale militarizza Zurigo per arginare gli scioperi iniziati qualche giorno prima. L’ala sinistra del partito socialista e le forze sindacali, riunite nel Comitato di Olten, esigeranno l’immediato ritiro delle truppe, dando vita a quello che lo storico Georges Lefranc ha definito «il primo sciopero politico importante d’occidente dopo quelli che avevano preceduto o accompagnato la disfatta degli Imperi centrali».


L’11 novembre 1918 a Compiègne viene firmato l’armistizio della Grande guerra. In Svizzera, 250.000 lavoratori scendono nelle strade chiedendo, fra le altre cose, una riforma popolare dell’esercito, l’instaurazione del suffragio femminile, la creazione dell’Avs, la settimana lavorativa di 48 ore, il diritto al lavoro per tutti. Tre giorni dopo, l’esercito porrà fine a quella che il Dizionario storico della Svizzera definisce come la “più grave crisi politica dello Stato federale”.


Ad un secolo di distanza, l’unico sciopero generale della storia elvetica ci mostra come in alcuni casi le utopie di ieri non sono altro che le normalità di oggi. Esse tuttavia non cadono dal cielo e non sono nemmeno eterne: vanno conquistate e difese con la lotta.

Pubblicato il 

18.10.18
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