Pensiero critico

“Ospitalità significa il diritto di ogni straniero a non essere trattato ostilmente quando arriva in un territorio altrui. Può esserne allontanato, se con ciò non gli si reca alcun danno; ma non si deve agire ostilmente contro di lui finché si comporta in modo pacifico. (…) Si tratta di un diritto di visita appartenente a tutti gli uomini, che consiste nel dichiararsi pronti a socializzare in virtù al possesso comune della superficie della Terra.” Ora, se noi confrontiamo questo celebre passo di Kant – non privo di qualche ambiguità, ma a partire dal quale è stato anche concepito il diritto di “non respingimento” nella convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati – con le attuali disposizioni del Dipartimento di giustizia e polizia per chi non proviene dall’Ue e dall’Aels, non può non colpire constatare che l’incondizionatezza e l’universalità riconosciuta da Kant per il “diritto di visita”, è ristretta da una serie di richieste di garanzia di natura essenzialmente economica.


“Qualora lo straniero che desidera recarsi in Svizzera per visitare parenti o amici o per motivi d’affari, non disponga di mezzi finanziari sufficienti o sussistano dubbi in merito, il rilascio del visto per l’entrata dipende dal possesso di una lettera di garanzia economica redatta da un ospite riconosciuto come solvibile” (www.sem.admin.ch).
Il cosmopolitismo del diritto di entrata temporanea, in questo modo, è calpestato senza riguardi, sostituito dall’esclusivismo legato a una disponibilità e/o garanzia pecuniaria. È questa la “società aperta”? Piuttosto, quali incrostazioni, discriminazioni e pregiudizi, in ultima istanza classisti, sono cresciuti nella contraddizione fra appartenenza e democrazia, territorialità e universalismo dei diritti?


La legge in materia d’entrata, palesemente, non è uguale per tutti.
Visti i criteri di solvibilità e garanzia elvetici, ne consegue probabilmente che la maggioranza della popolazione mondiale è formata da altrettanti potenziali esseri illegali. Ebbene, questo criterio economico, che è socialmente selettivo e discriminatorio, ossia che è un dispositivo d’esclusione (v. in generale su questo l’importante Manifesto per una nuova politica migratoria in Svizzera (www.nuovapoliticamigratoria.wordpress.com),  come può essere accettato e riconosciuto da un punto di vista politico e morale non disposto a soffocare il senso della giustizia entro le maglie strette di questa legalità immorale?  Una “legalità” impegnata a immunizzare una sovranità nazionale in affanno, confrontata con un movimento globale transnazionale che ne decreterà comunque il declino.


Ma se ritorniamo alla citazione di Kant, dobbiamo aggiungere che se il diritto di visita costituisce il presupposto del diritto di ospitalità, visto il modo in cui il primo è calpestato dalle disposizioni correnti in nome del denaro quale criterio d’entrata, non sorprenderà che sia di fatto calpestato anche il diritto di non respingimento addirittura nel caso dei minori non accompagnati, non preoccupandosi affatto ai confini del libro contabile nazionale dei danni e dei drammi  conseguenti; ovvero non sorprenderà – ma pur profondamente indigna! – che l’esercizio del diritto di ospitalità sia condannato allo stregua di un reato. Mondo capovolto, nel quale la legalità è immorale, e la moralità sembra illegale!

Pubblicato il 

16.11.17
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