Chi racconta la storia dei poveri, dei dannati della terra, delle vittime del lavoro? Chi mantiene viva la memoria del male che la spietata logica del capitalismo ha  provocato all'umanità? Non mi riferisco alla condizione dei lavoratori inglesi di metà Ottocento descritte da Engels in un suo famoso libro, ma agli anni Cinquanta del secolo scorso, quando dall'Italia si emigrava per guadagnarsi il pane. Si emigrava in Belgio, per esempio, dove l'8 agosto 1956, a Marcinelle, morirono 262 minatori, dei quali 136 italiani,  nella miniera di carbone Bois du Cazier. Un'immane tragedia causata da un errore umano, sul quale non è mai stata fatta piena chiarezza, in una miniera "di terza categoria, tutta di legno", trasformata dal fuoco dell'incendio  in un inferno.
Sì, quelli della mia generazione ricordano il nome di Marcinelle. Ma poco più. Ora questo libro di Paolo Di Stefano, noto scrittore e giornalista che ha passato la giovinezza nel canton Ticino, ci racconta quella  vicenda con vivida passione civile, con attenzione specialmente alle voci dei familiari delle vittime: vedove, fratelli e sorelle, amici, orfani. Voci alternate a  documenti ufficiali (brani degli interrogatori  durante i processi, deposizioni dei sopravvissuti, brani di interventi parlamentari) che costituiscono "un controcanto burocratico e agghiacciante dei fatti", iniziato già in quel terribile mese d'agosto, quando il presidente del Consiglio Segni e il capo dello Stato Gronchi neanche si mossero dall'Italia per onorare la memoria dei morti.
Il timbro accorato delle testimonianze è stato rispettato dall'autore in un avvincente canto corale, che ha per  sfondo lo spaesamento e il dramma causati dall'emigrazione: "Ni chiens ni italiens", si poteva leggere sulla porta di certi locali a Charleroi. È un impasto linguistico espressivo, talvolta comico, quello dei testimoni: italiano francesizzato e dialetto italianizzato. E nella cronaca della catastrofe (La catastròfa è il titolo del libro, appena pubblicato da Sellerio), dovuta a "insufficienza delle misure di sicurezza e al sistema salariale", vivono immagini e racconti che restano impressi nella memoria del lettore,  anche per il risentimento verso i dirigenti della miniera e verso lo stato italiano. Dice Peppe, il siciliano che aveva due cuori: «Ora però io dico che ormai anche in Italia, al paese mio, sono addiventati tutti ministri del Belgio, un paese di ministri. Ci abbiamo dimenticati quanto siamo stati miserabili e oggi sono tutti ministri che dicono: voi africani e zingari e albanesi siete buoni solamente a venire a crepare chez nous. Abbiamo ubliato la memoria di quanto siamo stati miserabili nel mondo».

Pubblicato il 

19.05.11

Edizione cartacea

Rubrica

Nessun articolo correlato