Da qualche lustro in Italia si è continuato a sorridere e minimizzare delle sparate sulla secessione del nord, (poi ribattezzato "la padania") di quell'insubrico di Bossi e di quel Cerchio Magico (parlamentari e militanti a lui più vicini), a geometria variabile, che lo ha sempre circondato fin dall'inizio della sua apparizione nella scena politica italiana. Adesso ho l'impressione che finalmente in Italia si cominci, invece, a prenderlo sul serio e quindi a dare, da un lato, qualche risposta autorevole alle pagliacciate del repertorio leghista (a parte la secessione, l'ampolla con l'acqua del Po, i riti celtici, il dito medio alzato all'inno d'Italia, l'accostamento della carta igienica al Tricolore, ecc.) e, dall'altro, a lanciargli anche qualche provocazione.
Il sasso nello stagno lo ha lanciato recentemente proprio il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nel corso delle celebrazioni del 150° dell'Unità d'Italia a Napoli, in un incontro con gli studenti della facoltà di giurisprudenza ha ricordato che " non esiste il popolo padano" ed a proposito della ricorrente minaccia di secessione dei leghisti ha aggiunto che «Ove dalle chiacchiere, dalle grida, dalla propaganda, dallo sventolio di bandiere si passasse ad atti preparatori di qualcosa di simile alla secessione tutto cambierebbe». Un altro intervento, in particolare, mi sembra poi che vada al nocciolo della questione leghista. Cioè quello di Massimo Gramellini nella sua rubrica "Buongiorno" su La Stampa di Torino dello scorso primo ottobre «tedeschi del sud. (..) Se una minoranza di cittadini del Nord è convinta di poter imporre la secessione con un colpo di mano rivoluzionario, smetta di berciare slogan e dia l'assalto ai nostri palazzi d'inverno. Ci troverà lì dentro a difenderli. Se invece il piano del geniale stratega del dito medio è di scommettere sull'apocalisse economica affinché dalle macerie dell'Europa nasca una supernazione tedesca che trasformi l'Italia settentrionale nel suo Mezzogiorno, temo abbia fatto male i suoi calcoli. I tedeschi sono gente seria. Di persone come lui non sanno proprio che farsene».
Troppo tardi per prendere delle posizioni così nette e chiare  nei confronti di parole (parolacce), gesti (gestacci) e minacce di secessione che nessun altro Paese civile (sia a livello di istituzioni che di cittadini) avrebbe mai tollerato? Certamente. Ma, come si dice, meglio tardi che mai! D'altra parte, dopo aver aspettato tanto, questo è proprio l'anno giusto ricorrendo il 150 esimo dell'Unità d'Italia. Quell'Unità che questi personaggi populisti, che, come in tanti altri Paesi (nella stessa Svizzera l'Udc e, a livello cantonale, la Lega dei Ticinesi), devono la loro fortuna elettorale alla xenofobia ed al razzismo, intendono rompere per costituire nel nord uno stato indipendente (la Padania) ritenendo che, per le regioni del nord, il sud sia una palla al piede per la loro crescita ed il loro benessere. Balle in libera uscita ovviamente, se è vero com'è vero (essendoci dati statistici a testimoniarlo) che la loro economia è condizionata dal mercato del resto d'Italia (isole comprese) il quale assorbe gran parte di quanto prodotto al nord. Ed anche sulla ricchezza di questo tanto decantato nord ci sarebbe da discutere. Infatti, tra le varie Regioni europee, la Lombardia è al 29esimo posto per il Pil pro-capite (dato relativo al 2008) e non dimentichiamo che oggi vi sono più di cinquantamila lavoratori (nel 2001 non raggiungevano i trentamila) residenti nella sua fascia di confine (tra cui migliaia di conterranei dello stesso Bossi) che, per guadagnarsi il pane, debbono fare i lavoratori frontalieri nella vicina Svizzera. Se la Lombardia, pardon, la Padania fosse quel bengodi economico-finanziario tanto decantato dai leader leghisti allora il suo mercato del lavoro non dovrebbe essere in condizioni di assorbire anche tutti questi lavoratori?

Pubblicato il 

11.11.11

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato