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Il segretario lo chiama “il genio di Firenze” e gli consiglia di «stare sereno perché voti di fiducia e varo del Jobs Act non ci fermano». Il delegato vuole essere ancora più esplicito, «è il califfo di Firenze». Il chirurgo in collegamento dalla Sierra Leone dove dirige uno degli avamposti nella lotta contro Ebola dice con la schiettezza che lo contraddistingue: «Ho preso la tessera della Fiom, uno dei pochi rimasugli della democrazia, e ne sono orgoglioso perché è una delle poche organizzazioni che può contrastare la cancellazione dei diritti, la deriva dell’indifferenza, la violenza quotidiana che è entrata nella nostra società come l’Ebola. Condivido l’idea di aggregare intorno al vostro sindacato tutte le persone per bene che vogliono cambiare questo paradigma, per affermare i diritti, il sociale, l’uguaglianza. Io sono con voi».


Il segretario è Maurizio Landini, il delegato uno dei 600 rappresentanti dei lavoratori metalmeccanici riuniti a Cervia per costruire una coalizione sociale in grado di disegnare una nuova primavera della democrazia, contro l’offensiva reazionaria senza precedenti dalla caduta del fascismo guidata dalla coalizione confindustriale di Matteo Renzi, il genio, o forse il califfo di Firenze. Il chirurgo è naturalmente Gino Strada, uno dei principali interlocutori di Landini, insieme con il presidente di Libera e fondatore del Gruppo Abele don Luigi Ciotti, e un bello schieramento di giuristi, giuslavoristi, costituzionalisti della forza di Rodotà, Zagrebelsky, Romagnoli. Ci sono gli studenti di sinistra impegnati contro la trasformazione del sapere in impresa capitalistica, c’è la bombardata costellazione del precariato. Se una fabbrica metalmeccanica chiude e i suoi dipendenti vengono licenziati, quegli operai smettono di essere metalmeccanici? E la Fiom dovrebbe smettere di seguirli e rappresentarli? Così, semplicemente com’è suo costume Landini spiega l’esigenza che il sindacato compia un salto di paradigma aiutando la costruzione di una coalizione sociale di chi lavora, o non lavora più, o non riesce a trovare un lavoro o ad andare in pensione. Di chi è il bersaglio del liberismo all’italiana ed è spinto a individuare il suo nemico tra coloro che dovrebbero essere i suoi compagni, di chi non può più curarsi perché la salute è diventata un lusso per pochi o non può più permettersi di mandare all’università i figli. In poche parole, una coalizione sociale di chi non ha rappresentanza politica nell’Italia renziana, per unire ciò che il renzismo-marchionnismo divide e contrappone.


«Stia sereno, Renzi, la partita non è finita». Contro il Jobs Act e la filosofia che lo ispira può rimettersi in moto l’Italia democratica, partendo dal lavoro e dai diritti, alcuni ancora da difendere, molti da riconquistare. Lo Statuto dei lavoratori? Ne serve uno nuovo per estendere a tutti i diritti, si può fare con una legge popolare, contemporaneamente alla raccolta di firme per un referendum che cancelli il colpo di spugna su art.18 e derivati democratici. Come dice un dirigente Fiom dal palco, «Un referendum si può anche perdere, ma se non ci proviamo abbiamo già perso». Il programma di Renzi, avverte in un intervento molto applaudito, sembra la fotocopia di quello di Gelli con la P2: ridurre il lavoro a servitù, cancellare il sindacato, abolire Senato e Province sono solo alcune delle agghiaccianti similitudini.


La primavera della Fiom si inizia con quattro ore di sciopero, altra sfida impegnativa ma inevitabile, meglio se dai metalmeccanici si estenderà alle altre categorie della Cgil; prosegue con assemblee nei luoghi di lavoro per arrivare a una nuova tappa: una grande manifestazione a Roma il 28 marzo. Certo servirebbe un impegno più convinto del sindacato guidato da Susanna Camusso, abbattendo la resistenza del suo corpaccione burocratico, coinvolgendo i 5 milioni di iscritti, superando oscillazioni e conservatorismi del gruppo dirigente. Molti delegati pensano che per la futura coalizione sociale le Camere del lavoro dovrebbero aprirsi a idee, associazioni, sofferenze della società, tornando al lontano passato in cui erano state la casa comune della sinistra, quando sinistra significava solidarietà ed eguaglianza.


Chi dai media scimmiotta Renzi, sostenendo che Landini sconfitto nel sindacato vuole buttarsi in politica, non ha capito niente. Ha studiato poco, non sa che il sindacato, la Fiom in particolare, ha sempre fatto politica, una forma originale della politica che ben poco ha a che fare con le contorsioni del partitini sopravvissuti a sinistra del Pd. Come dice Rodotà, non è dall’assemblaggio delle sigle dei reduci in rotta che si costruisce un’alternativa, come oggi in Grecia e forse domani in Spagna. Un’alternativa o è sociale o non è. Bisogna ricostruire addirittura un’idea di rappresentanza politica. La Fiom, stretta intorno a Landini (solo 38 voti contrari all'assemblea su 523 votanti), è un buon punto di partenza.

Pubblicato il 

04.03.15
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