L’emergenza dei minori che finiscono in mani criminali

Usa, Stati Uniti. All’Onu sono lì a decidere, a chinarsi sull’emergenza rifugiati e migranti. Cartine geo-
grafiche alla mano e proclami. Intanto i minori in fuga che arrivano in Europa spariscono e a Como non si sente ciò che si dice a New York.

A ridosso del confine, ma dall’altra parte. Siamo a Como, è lunedì  19 settembre, siamo nel parco a ridosso della stazione San Giovanni, dove da due mesi bivaccano persone nella speranza di poter attraversare la Svizzera per raggiungere altre destinazioni in Europa. Pigiati in quelle tende che non sono un campeggio. Due mesi incandescenti qui sul confine. A New York, sempre lunedì 19 settembre, si sta tenendo il summit delle Nazioni Unite su rifugiati e migranti. L’obiettivo che si sono dati, là oltreoceano, è mettere a punto un programma per affrontare la crisi migratoria. Alla fine del meeting 148 paesi firmeranno il “Global Compact on Responsibility Sharing”: un documento che lascia insoddisfatte le Ong perché ritenuto troppo vago e generico e oltretutto non vincolante per gli stati. Così mentre si dibatte, e forse (non) si cercano soluzioni, approdiamo anche noi a Como come dei voyeurs. A fare che cosa? Ce lo chiediamo anche noi.


Ci sediamo nel parco e ci guardiamo in giro. Ma che cosa possiamo chiedere a queste persone? Come stai? È l’unica domanda sensata che ci viene in mente. Parliamo con alcuni uomini – sì, i soliti “giovani, forti e con gli smartphone”  – che sono gentili, ma probabilmente stanchi di dover spiegarsi e giustificarsi. Come stai? Chiediamo. Non è facile rispondere a questa domanda e poi perché dovrebbero farlo? Eppure, lo fanno. E i racconti sono quelli che abbiamo già sentito: storie di viaggi tormentati, fratelli e cugini morti nel tragitto, torture, violenze, disperazione, bestialità, umanità. Di ingiustizie, di colpe collettive, di mancanze, di disfunzioni del potere. Storie che, evidentemente, non toccano.


Perché siamo qui a Como? Per cercare di capire come i minori vivano il fenomeno. Chi ci accompagna ci ammonisce: «Sono contrario a far parlare un bambino». E chi vuole far parlare un bambino? Qualcun altro aggiunge: «Basta con questo “prima le donne e i bambini!”. Sono tutte persone!». I minori, soprattutto quelli che viaggiano soli, rappresentano però la fascia più vulnerabile. E il documento appena ratificato dall’Onu non li tutela, non designa una politica di accompagnamento che li protegga davvero dalla vita esposta di strada.
Un’inchiesta del settimanale Espresso, pubblicata lo scorso mese di febbraio, denunciava lo sfruttamento sessuale, si parlava di prostituzione, dei minori intorno alla stazione Termini di Roma. Su Como per quanto riguarda i minori – ci dicono gli operatori di Save the children, organizzazione promotrice di una campagna di sensibilizzazione sul tema – non hanno dati precisi. «A Roma il fenomeno è conosciuto da tempo. Il perché è presto spiegato: nella capitale i migranti e i rifugiati “pernottano” più a lungo e sono così più a rischio di finire nelle reti criminali. Prima dello scandalo documentato dei minori che a Roma si trovano senza parenti e si prostituiscono per mangiare, aveva fatto scalpore la scoperta di bambini al lavoro, sfruttati di notte ai Mercati generali. A Milano le soste sono più brevi, ma non escludiamo che per alcuni la situazione sia la stessa» spiega l’ufficio stampa dell’associazione.     


E sono tanti i minori in giro. Per questo Save the Children chiede che proteggere i bambini sia la priorità dell’Agenda europea sulla migrazione. Più di 398.000 bambini sono giunti nel nostro continente via mare dal 2015. Per dirla con i numeri: i minori rappresentano il 30% del totale dei migranti sbarcati. Lunghi e travagliati viaggi, se a qualcuno interessa. pericolosi in cui mettono seriamente e drammaticamente a repentaglio la propria vita, rischiando pure di diventare vittime di abusi e sfruttamento. Solo in Italia, nei primi otto mesi del 2016, sempre secondo le stime di Save the children, circa 15.300 minori sono arrivati soli, senza alcun adulto di riferimento al loro fianco: un numero quasi doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Durante la traversata del Mediterraneo quest’anno oltre 3.100 persone hanno perso la vita – oltre 500 vittime in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno – tra cui 137 bambini tra il 1° gennaio e il 15 giugno.


Numeri di fronte ai quali l’Ue e gli Stati membri sono chiamati a intervenire con urgenza, ponendo al centro della politica e dell’azione europea sui migranti i diritti e i bisogni dei bambini durante tutto il loro percorso migratorio, nei paesi d’origine, di transito e di destinazione. «Qualunque sia la ragione che li costringe ad abbandonare le proprie case, tutti i bambini migranti hanno diritto di sentirsi al sicuro, di essere protetti dagli innumerevoli rischi che incontrano nel corso del loro viaggio, tra cui violenze, abusi e sfruttamento, e di continuare a ricevere istruzione e opportunità per il loro futuro» ci ripetono dall’ufficio stampa. Ed è una sensazione di smarrimento perché il principio è talmente ovvio che pronunciarlo con forza fa strano. Come se si dovesse convincere qualcuno che la Terra è rotonda...


Si sa quanti ne arrivano, ma poi di molti minori si perdono le tracce. Non perché tutti finiscano in qualche rete criminale, ma perché spontaneamente decidono di staccarsi dal sistema statale che dovrebbe dar loro assistenza e si ritrovano soli. Una rete di protezione che presenta evidenti falle, se un ragazzino scappa e preferisce vivere in strada, arrangiandosi come meglio può. Non si sentono protetti nella lungaggine della burocrazia, sfuggono al sistema tanto da arrivare a consegnarsi alle reti clandestine per ricongiungersi alle famiglie o per guadagnare denaro e ripagare i debiti. «Esiste una rete criminale che porta i minori in Europa e li smista. Noi come Save the Children abbiamo a Milano, come pure a Roma e a Torino, lanciato il progetto CivicoZero: centri diurni che vogliono fornire supporto, orientamento e protezione a minori e neo-maggiorenni stranieri e neo-comunitari in situazioni di marginalità sociale e devianza. Un gruppo sottoposto a rischio di sfruttamento e abuso, garantendo il miglioramento delle condizioni di vita e il rispetto dei loro diritti. Poco prima dell’estate, in piena emergenza, abbiamo aperto in via Zendrini a Milano un dormitorio per minori: 80 posti completo. Ci occupiamo di accogliere giovani con esperienze traumatiche. Ci assumiamo molti rischi nel farlo» continua la portavoce dell’organizzazione.
Per il momento non hanno fatto entrare ancora un giornalista: in un mondo al contrario non ci si fida più di nessuno. 

Pubblicato il

22.09.2016 14:57
Raffaella Brignoni
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