Guerra

Con Massimo Campanini, docente di Storia e Civiltà islamica all’Università di Trento, abbiamo discusso di cause e conseguenze degli attentati a Bruxelles.
Gli attacchi in Belgio sono l’espressione del disagio sociale e giovanile nelle periferie europee?
Dagli attentati di Londra e Madrid fino alle rivolte nelle banlieu­es parigine, il disagio sociale, diffuso all’interno del mondo giovanile di seconda generazione, è stato sempre al centro. Questo sotto-proletariato (anche se il termine non va più di moda) non si è sentito integrato socialmente e ideologicamente nei modelli di associazione sociale ed etica. Come questo tipo di disagio socio-culturale si traduca in rifiuto della realtà occidentale e possa rivestirsi dell’attrattiva del jihadismo non è facile da spiegare.


Come fa lo Stato islamico (Isis) a catalizzare questo malcontento giovanile?
Lo Stato islamico è una realtà surrettizia, anche senza fare dietrologie, costruita artatamente da interventi esterni dubbi, da Arabia Saudita a Israele, da Usa a Assad. È stato creato un organismo per destabilizzare il Medio Oriente. Le cellule di Bruxelles e Parigi sembrano essere collegate. Questo vuol dire che ci sono cellule dormienti, attive in Europa, legate e manovrate da un’entità centrale organizzata.


E qual è il rapporto tra Islam e jihadismo?
Da filosofo potrei dire che l’immagine del Califfato sollecita lo spirito dei musulmani: dell’Islam vincente, potente, dell’età dell’oro, benedetto da dio. Il rimpianto del Califfato agisce su molti musulmani come l’impero romano agisce sui fascisti.


Perché il jihadismo attrae anche tanti occidentali?
Di sicuro si tratta di perdita del senso dell’orientamento ideologico nella società. La nostra società (come diceva anche l’ideologo dei Fratelli Musulmani, Sayed Qutb) ha perso i punti di riferimento: è una società in cui predomina l’individualismo sfrenato, di diritti e non di doveri, i punti di riferimento paterni e materni sono diventati vaghi. Viviamo in una società debole e fragile. Lo stesso clima che si viveva in Europa durante la prima guerra mondiale in cui la prosperità economica nascondeva contraddizioni ideologiche. Questa fascinazione del mito della guerra attira gli occidentali verso Isis. In realtà i foreign fighters mi sembra che siano pochi, persone deboli e disagiate, vengono attirati dall’idea della guerra come igiene del mondo.


Possiamo dire che questo processo rispecchia la crisi dei partiti?
Di sicuro attraversiamo una fase di crisi delle organizzazioni partitiche di massa, di destra, di sinistra e di centro. Questo è un elemento grave perché la politica non costituisce un polo di attrazione stabile. L’idea gramsciana di una possibilità egemonica oggi non esiste più: il catalizzatore delle energie giovanili è perduto. Il movimentismo non ha combinato molto neppure nelle primavere arabe. Anche gli Indignados hanno dovuto mettere insieme Podemos per avere voce. L’idea di una società che si autoregola per spontaneismo dal basso è un’idea utopistica.


Possono essere i Fratelli musulmani a sostituirsi a questo vuoto politico?
I Fratelli musulmani hanno difficoltà ad organizzarsi in maniera stabile perché sono frammentati al loro interno. Hanno difficoltà a coagularsi in poli fissi. Per esempio tra i giovani musulmani italiani ci sono correnti che fanno riferimento all’islamismo moderato. Se in seguito alle primavere i moti popolari hanno fallito è perché dove gli islamisti moderati hanno avuto esperienze di governo le loro prestazioni non sono state soddisfacenti. Sono emerse forze di autocontrollo, apparati di sicurezza e l’immaturità della società civile.


Quale funzione ha internet nell’alimentare la propaganda jihadista?
Social network e internet trasformano l’utente in un autistico. Anche se sembra che mettano in contatto con miliardi di persone, invece ti chiudono in te stesso. Il contatto passa attraverso la macchina. Che i social network abbiano avuto un ruolo nelle primavere arabe è un’auto-illusione. I foreign fighters si piegano alle promesse di paradiso: il mondo virtuale li convince dell’esistenza di mondi extraterreni a cui dedicare la propria vita.


È vero che le donne partecipano sempre più agli attacchi jihadisti, anche in Europa?
Apparentemente c’è un coinvolgimento femminile più alto del solito. In verità jihadismo e Califfato non hanno una vera proposta alternativa per le donne da poter spiegare questo fenomeno. Credo che vedano Isis come un elemento di emancipazione, partecipazione a un mondo da cui sono state escluse.


Come vivono le comunità del Nord Africa e del Medio Oriente in Europa questa fase così tragica?
I paesi europei hanno relazioni diverse rispetto al loro passato coloniale. Le politiche dei governi occidentali sono state di emarginazione sia nel favorire l’integrazione sociale a livello sanitario, educativo sia nel continuare a non considerare queste persone come dei cittadini alla pari degli altri. A Milano per esempio c’è un’elevata ghettizzazione, le comunità sono chiuse in loro stesse, non integrate. Le seconde generazioni spesso non si sentono parte di questa società, hanno una posizione defilata, di rifiuto dell’ambiente circostante.

Pubblicato il 

07.04.16
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