Salute & Lavoro

Dalla fine di settembre in Ticino si è tornati a discutere animatamente di amianto, quel minerale tanto usato nel passato che si è poi rivelato un pericolosissimo killer se inalato, che è stato definitivamente vietato in Svizzera dal 1990, ma che ora sta seminando nuovamente il panico tra lavoratori ed ex lavoratori delle Officine Ffs di Bellinzona (e non solo).

La vicenda è partita qualche settimana fa, il 20 settembre, quando la Suva ha inviato una presa di posizione alla redazione del Quotidiano (Rsi) nella quale affermava di non aver ad oggi registrato casi di decesso in Ticino a causa del cancro polmonare legato all’amianto. Quella sera, ascoltando il servizio alla televisione diversi familiari di persone morte a causa di questa malattia devono aver sussultato sui loro divani, in particolare lo ha fatto la signora Meroni, il cui marito, ex lavoratore alle Officine, è deceduto appena tre mesi fa per colpa dell’amianto. La signora Meroni ha reagito e ha portato la sua testimonianza davanti alle telecamere, costringendo la Suva a correggere il tiro e ammettere che in effetti cinque morti accertati ci sono stati. Il vaso di Pandora era oramai aperto e la palese mancanza di trasparenza dell’ente assicurativo ha suscitato indignazione, seminando inquietudine tra le potenziali vittime dell’amianto e i loro familiari.


Facciamo allora un passo indietro per capire meglio cosa è successo alle Officine Ffs di Bellinzona negli anni passati: se l’applicazione del pericoloso amianto a spruzzo nei vagoni è cessata nel 1964, fino alla seconda metà degli anni 80 a Bellinzona si riparavano, senza alcuna precauzione, carrozze imbottite di amianto (presente nei soffitti, nelle pareti, nei pavimenti, sotto i sedili), come riportano diverse testimonianze. «Nella seconda metà degli anni 80 vi è poi stata un’azione di “pulizia generale” delle carrozze dall’amianto», spiega Gianni Frizzo, presidente dell’associazione “Giù le mani”, che racconta come lui stesso salisse su queste carrozze nelle quali «a volte la polvere era talmente tanta che non ci si vedeva l’uno con l’altro». Sempre Frizzo racconta come i rischi legati all’amianto avessero sollevato un polverone alle Officine, ma che man mano che i vagoni venivano risanati la cosa è tornata ad essere sommersa. D’altronde si sa, in Svizzera (patria della Eternit) non si parla volentieri della pericolosità di questo minerale. Negli anni non sono però mancate le morti sospette tra chi aveva lavorato in questi vagoni, alcuni dei casi sono stati anche riconosciuti dalla Suva (come quello del signor Meroni), che però non si pronuncia, in nome della privacy.


Ad oggi le Ffs parlano di 35-40 persone segnalate alla Suva come potenzialmente a rischio e che vengono monitorate con controlli medici annuali. Tra loro c’è anche Gianni Frizzo, che dal 2012 ogni anno si è sottoposto a una Tac preventiva fino al 2018, poi «quest’estate ho ricevuto una lettera della Suva, senza una firma, senza niente, così, nuda e cruda che mi diceva che non era più necessario fare la Tac ogni anno, ma che mi avrebbero convocato ogni 5 anni. In caso di problemi polmonari mi consigliavano di rivolgermi al mio medico di fiducia», racconta con l’amaro in bocca. Qualche tempo dopo aver ricevuto questa lettera, Frizzo viene a sapere dalla moglie di Meroni che oltretutto la Tac non è sufficiente come esame per diagnosticare il mesotelioma (la principale causa di morte da amianto), ma occorre invece sottoporsi a un esame chiamato Pet, che è però più costoso. Nel frattempo lo contatta un operaio delle Officine piuttosto preoccupato perché convocato all’inizio dell’estate dalla Suva per una Tac, della quale a qualche mese di distanza non conosce ancora l’esito.


L’agitazione comincia a farsi sentire alle Officine, gli operai sono preoccupati perché non capiscono come mai tra colleghi che hanno lavorato fianco a fianco negli anni considerati a rischio, alcuni sono stati convocati per esami e altri no, lo stesso tra i pensionati. La Suva dal canto suo non risponde, trincerandosi dietro alla tutela della privacy e alimentando così i dubbi e le paure. Inoltre l’atteggiamento dell’assicurazione è freddo e distaccato, senza alcuna empatia: chi riceve le lettere che comunicano la necessità di un accertamento medico per possibile esposizione all’amianto (e quindi la possibilità di avere una grave malattia), non riceve alcun sostegno, nemmeno un numero al quale rivolgersi in caso di domande. Operai e pensionati si sentono smarriti e soli nella loro angoscia, senza risposte e nemmeno più la certezza che gli esami eseguiti finora fossero utili.


Per questo i sindacati Unia, Sev (Sindacato del personale dei trasporti) e l’associazione “Giù le mani” hanno deciso di reagire e organizzare una serata pubblica il prossimo 15 ottobre per fare il punto della situazione, informare, ma anche raccogliere informazioni (vedi box). Lo hanno annunciato in conferenza stampa mercoledì 3 ottobre: «L’intento non è quello di seminare il panico, ma il tema amianto va affrontato apertamente e nel rispetto delle vittime, dei loro familiari e delle potenziali vittime», spiega Gianni Frizzo, che critica il «modo scellerato con cui la Suva sta gestendo il problema amianto». Pascal Fiscalini, segretario sindacale del Sev, conferma la preoccupazione che regna alle Officine di Bellinzona: «Abbiamo ricevuto molte chiamate di lavoratori ed ex lavoratori che hanno avuto contatto con l’amianto, ma che non figurano sulle liste della Suva e vogliono capire perché. Noi invitiamo chi ritenesse di dover rientrare su queste liste a farsi avanti». Situazione di preoccupazione riportata anche da Ivan Cozzaglio della Commissione del personale delle Officine Ffs di Bellinzona, secondo il quale servirebbe un ente super partes che verifichi l’operato della Suva: «Il rapporto di fiducia è venuto a cadere con questo modo di fare e la mancanza di trasparenza che stanno dimostrando».


Con la serata pubblica si vuole portare sostegno alle persone coinvolte, aprendo il dibattito e non facendole sentire sole in questa situazione: «Vogliamo che la questione amianto venga finalmente vista come collettiva, perché non riguarda solo gli operai delle Officine», spiega Vincenzo Cicero, segretario sindacale di Unia, che prosegue: «Il sindacato si è sempre occupato di amianto, sia per le questioni del passato che per i rischi ancora presenti legati a questo minerale, inoltre il quadro legislativo attuale non tutela a sufficienza i lavoratori esposti a rischi per la salute».


Alla conferenza stampa del 3 ottobre è anche stata sottolineata l’ambiguità del ruolo della Suva, sulla quale occorre far leva: Suva che è chiamata a fare prevenzione e decidere quali controlli medici sono necessari, e al contempo paga queste prestazioni. Dalla Suva si vorrebbero anche delle risposte riguardo a quali controlli sia opportuno fare se si pensa di essere tra le persone a rischio, con quali criteri sono state stilate le liste di persone che devono sottoporsi a tali controlli, ma si richiede pure un atteggiamento più trasparente e umano, e non solo nel caso specifico delle Officine Ffs di Bellinzona.

 

Le risposte della Suva

 

«Un esame indicato per i fumatori»

 

Ottenere chiarimenti sugli avvenimenti delle ultime settimane che hanno coinvolto operai ed ex operai delle Officine Ffs di Bellinzona o informazioni sulla problematica dell’amianto in quello stabilimento è impossibile: «La Suva non rilascia dichiarazioni riguardanti singole aziende o persone». Pur tenendo conto di questa regola dell’Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, area ha tentato di ottenere dallo stesso delle informazioni di carattere generale per capire il senso, l’importanza e la forma dei programmi di screening che la Suva offre ai propri assicurati che hanno subito un’esposizione lavorativa all’amianto.

L’esercizio non è riuscito appieno perché la Suva accetta domande e dà risposte solo in forma scritta attraverso portavoce: nessuna intervista, nessuna possibilità di contraddittorio. Qualche chiarimento siamo riusciti a ottenerlo, ma diversi interrogativi restano aperti visto che la Suva, come il lettore facilmente capirà, fornisce alcune risposte a domande diverse da quelle che abbiamo posto.


Per quanto riguarda la gestione dei controlli medici, spiega: «Dal 2012 la Suva offre la possibilità di partecipare al programma di screening con Tc (tomografia computerizzata) per la diagnosi precoce del cancro del polmone». Un programma «svolto su base volontaria su persone nella fascia di età tra i 55 e i 75 anni», secondo i criteri di uno studio pubblicato nel 2011 (National Lung Screening Trial, Nlst). Uno studio che ha «dimostrato i benefici di uno screening annuale con Tc» per i «soggetti che hanno fumato un pacchetto di sigarette al giorno per 30 anni (30 pack-year, py, unità di misura del consumo di tabacco)». Dunque, spiega la Suva, «i lavoratori che hanno svolto per almeno 10 anni un’attività professionale con esposizione all’amianto a partire dal 1985 e che hanno un indice di esposizione al fumo di 30 py o che presentano un’asbestosi (che aumenta il rischio di cancro del polmone) ricevono una comunicazione in cui si consiglia di partecipare al programma di screening con Tc». Attualmente a livello svizzero sono circa 450 le persone che vi prendono parte, indica la stessa Suva in un comunicato stampa.


Concretamente quali sono i benefici di tali controlli?
Le patologie legate all’amianto, in particolar modo il mesotelioma, insorgono decenni dopo l’esposizione (20-40 anni dopo). Gli esami regolari non possono purtroppo evitarne l’insorgenza. Il vantaggio che le persone possono avere dal programma di screening con Tc è la diagnosi precoce del cancro del polmone: se diagnosticato precocemente, ci sono infatti buone possibilità di guarire.


I controlli medici quando iniziano? Non appena si ha notizia dell’esposizione o solo successivamente?
Oggi sono gli esperti in bonifiche a essere esposti all’amianto durante l’attività lavorativa. Le aziende che svolgono questo tipo di lavori devono comunicarlo al settore profilassi medica del lavoro della Suva. I loro dipendenti verranno poi sottoposti a visite mediche. Per le persone esposte in passato all’amianto viene invece disposta una visita medica dopo aver verificato l’esposizione e l’inserimento nel programma di prevenzione nel settore della medicina del lavoro.


Come vengono individuati i soggetti da sottoporre al programma di prevenzione? Direttamente dalla Suva o su segnalazione del datore di lavoro?
I datori di lavoro sono tenuti a notificare alla Suva tutto il personale potenzialmente a rischio. I medici della Suva specialisti in medicina del lavoro decidono poi, sulla base dell’anamnesi lavorativa e delle conoscenze dei relativi settori, se sono soddisfatti i criteri per inserire queste persone nel programma di screening. L’obbligo di segnalazione comprende anche i casi in cui viene diagnosticata una malattia, anche se spesso le notifiche le riceviamo direttamente dai medici curanti.


È frequente che degli esposti rifiutino tali controlli?
Per gli esperti in bonifiche esposti all’amianto vi è l’obbligo di sottoporsi alle visite mediche fintanto che cessa l’esposizione. Poi i controlli diventano volontari. Sempre più spesso ci sono persone che non vogliono più sottoporsi ai controlli.


I soggetti chiamati a sottoporsi a questi controlli vivono indubbiamente stati di ansia. In che misura la Suva ne tiene conto e cosa fa concretamente per ridurre al minimo questo disagio?
Le persone affette da patologie legate all’amianto possono rivolgersi direttamente ai medici specialisti della medicina del lavoro della Suva in caso di dubbi o domande. Questo vale anche per lavoratori, assicurati in passato alla Suva ed esposti all’amianto, ai quali è stato diagnosticato un cancro del polmone.


Tenuto conto che spesso gli esposti si concentrano in alcune aziende e realtà professionali specifiche, la Suva, fatto salvo il diritto di ognuno alla privacy, non riterrebbe sensato trattare la questione dandole una dimensione collettiva, cioè garantendo un’informazione specifica a tutti i dipendenti di un’azienda toccata dal problema?
Le aziende che hanno dipendenti affetti da cancro del polmone o mesotelioma dovuti all’amianto devono contattare la Suva per una consulenza per poter chiarire se eventualmente sono opportune delle visite profilattiche nell’ambito della medicina del lavoro per questi dipendenti e/o se sono necessarie ulteriori misure.

 

Pubblicato il 

10.10.19

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