Donald Trump ha deciso di chiudere le frontiere del paese a tutti i rifugiati e ai cittadini di sette paesi musulmani. Il decreto anti-immigrazione vieta l’entrata negli Stati Uniti a tutti i rifugiati, di qualsiasi origine, per 120 giorni (a termine indeterminato per i siriani), come pure – per 90 giorni – a tutte le persone provenienti da sette paesi a maggioranza musulmana: Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen.
Il decreto, che è chiaramente discriminatorio e non si giustifica come misura per prevenire attentati, è stato immediatamente contestato da migliaia di manifestanti in varie città degli Stati Uniti.


Il 4 febbraio il provvedimento è stato sospeso da un giudice. La reazione furiosa di Trump attraverso i social media non è tardata, e, almeno in un primo tempo, il ricorso della Casa Bianca per reintrodurre l’ordine esecutivo è stato respinto (la situazione sarà probabilmente ancora cambiata quando leggerete questo testo).
Prima della sospensione, le autorità canadesi e britanniche avevano rapidamente ottenuto un alleggerimento del decreto per i propri residenti naturalizzati o permanenti originari di uno di questi paesi. Il ministro canadese per l’immigrazione, Ahmed Hussen, di origine saudita, aveva annunciato l’intenzione di accordare dei permessi di residenza temporanea a tutte le persone bloccate in Canada a causa del provvedimento statunitense.


Di fronte a questo decreto è fondamentale che le capitali occidentali mantengano un comportamento esemplare. I paesi europei stanno invece reagendo in modo inverso: chiudono la via dei Balcani come pure le frontiere nazionali, e non rispettano i propri impegni in materia di rilocazioni in Europa. L’Unione Europea ha inoltre siglato un accordo con la Turchia, la cui conseguenza diretta è che migliaia di profughi sono attualmente bloccati al gelo sulle isole greche. I dirigenti europei devono allestire un piano di aiuto ai rifugiati efficace e concludere con la Turchia un accordo che sia fondato sulla condivisione delle responsabilità e il rispetto del diritto internazionale. Amnesty Svizzera chiede al Consiglio federale di accogliere al più presto 600 rifugiati provenienti dalla Grecia, come promesso nel 2015, e di aumentare questo contingente. Inoltre l’organizzazione chiede alla Svizzera di offrire alla Grecia un aiuto adeguato per la gestione delle procedure d’asilo, affinché i profughi siano accolti con dignità nella Grecia continentale, con la prospettiva di una rilocazione altrove in Europa.

Pubblicato il 

08.02.17
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