L’Alto Adige è uscito dall’era dei fossili

Se qualcuno desidera imparare come si sfruttano le energie rinnovabili in un territorio alpino simile al Ticino, il consiglio è di visitare la provincia di Bolzano.
Non a caso, in cima alla lista stilata da Legambiente dei migliori comuni ecologici italiani, figurano sempre delle località della provincia altoatesina. Dei 116 comuni della provincia, circa la metà (57) hanno centrali di teleriscaldamento a biomassa. Grazie a queste centrali, in tutto l'Alto adige si risparmiano annualmente 47 milioni di litri di gasolio e 137mila tonnellate di diossido di carbonio. Gli altoatesini ne vanno talmente fieri da avere creato un'agenzia, Enertour, che offre itinerari variegati per visite agli impianti ecologici disseminati sul territorio. Ce n'è per tutti i gusti. A Lajon, bellissimo villaggio tipicamente sudtirolese arroccato in Val Gardena, hanno una scuola materna che produce più energia di quanta ne consuma. Il ricavato delle vendita energetica va a finanziare la gestione della scuola. Nella provincia di Trento, Carano, dove abitano mille abitanti, hanno sfruttato una cava abbandonata da anni per sistemarvi 3mila pannelli solari. Più del sole però, a farla da padrone come combustibile energetico sono il legno e il letame. Se avrete pazienza e curiosità, negli articoli seguenti vi proponiamo la visita a due impianti alimentati a legna dove si produce energia termica destinata al riscaldamento degli immobili, e due impianti dove si produce energia sfruttando il letame delle mucche. Parafrasando Fabrizio De André, potremmo dire che se dai diamanti non cresce nulla, dal letame nasce… l'energia.

La legna dai mille guadagni

Dobbiaco, la porta delle Dolomiti. Villaggio a vocazione turistica con una marcata impronta agricola. Situato a 1200 metri di altitudine, il paese conosce inverni rigidi. Riscaldare le case dei 3mila abitanti e le strutture alberghiere del mezzo milione di turisti che vi soggiorna nell'arco di un anno, è di fondamentale importanza. Nei secoli, la legna è stato il combustibile per riscaldare le abitazioni, grazie ai camini o le stufe. Salvo una parentesi di una trentina d'anni in cui la legna è stata sostituita dal gasolio, da una quindicina di anni si è ritornati a scaldarsi grazie alla legna. Nella Dobbiaco di oggi la quasi totalità degli immobili (95 per cento) sono riscaldati dalla centrale di teleriscaldamento alimentata con il cippato, ossia una sorta di truciolato della legna locale. Opera pionieristica nella regione realizzata nel 1995, oggi nessuno si sogna di tornare indietro. Tutti sono estremamente contenti della scelta fatta. Anche perché tutti ne traggono solo benefici. L'ambiente prima di tutto. Le immissioni di Co2 generate dalla combustione delle stufe a nafta è ormai un brutto ricordo del passato. A Dobbiacco si respira aria pulita tutto l'anno. I clienti della centrale di teleriscaldamento, gli abitanti di Dobbiaco a cui si sono aggiunti anche altri 3mila abitanti del confinante paese di San Candido, sono doppiamente felici. Di fatto, sono anche i proprietari della centrale di teleriscaldamento. A gestirla infatti è una cooperativa i cui soci sono proprio i clienti. Riuniti una volta l'anno in assemblea, i soci-clienti decidono il prezzo del servizio, gli eventuali investimenti e ammortamenti. Un controllo democratico di un bene comune molto apprezzato dagli abitanti. Il prezzo del riscaldamento è inferiore al vecchio costo del gasolio, molto variabile agli umori speculativi del mercato. Inoltre, non devono più sostenere i costi aggiuntivi della manutenzione dei precedenti singoli privati impianti a gasolio. Felici sono anche i fornitori del legname. Le segherie dove si lavora il pregiato legno resinoso di larice o abete in un raggio di 30 chilometri hanno trovato il modo di sbarazzarsi degli scarti senza dover pagare un centesimo. Anzi glielo pagano pure. I contadini, che qui sono in larga maggioranza i proprietari dei boschi, hanno trovato il modo di aumentare i loro scarsi introiti. La centrale di teleriscaldamento gli paga il legname il 40 per cento in più del prezzo di mercato. Anche il settore turistico trae vantaggi dalla scelta di riscaldamento con l'uso di energie rinnovabili. Dobbiaco e San Candido esportano fieramente il marchio di paese ecologico, dove l'aria che si respira è pulita. La stessa centrale di teleriscaldamento è diventata un'attrattività turistica, aperta alle visite a turisti e scolaresche guidate attraverso un percorso didattico.
La centrale di Dobbiaco ha una particolarità rispetto a quella di Brunico: oltre all'energia termica per il riscaldamento, produce energia elettrica nella misura del 20 per cento. Per dare un'idea, nel 2004 ha ricavato un milione di euro grazie alla vendita dell'energia elettrica e altri 3,7 milioni grazie all'energia termica.  Ma com'è iniziata questa avventura? Anzitutto va detto che in Alto Adige si respira un senso di collettività molto forte. Strutture cooperative nei campi più disparati sono presenti ovunque. Qui ci si dà una mano l'un l'altro.  Da tempo erano alla ricerca di energia ecologica, fino a quando un ampio consenso si è creato attorno all'idea dell'uso del legno. Il finanziamento necessario è arrivato dalla sottoscrizione di 220 precontratti di futuri clienti, dalla Provincia di Bolzano nella misura del 30 per cento a fondo perso, e dai crediti erogati dalla locale banca Raiffesen, un istituto cooperativo i cui soci sono gli stessi abitanti locali. Alla fine di maggio, firmati i 220 contratti preliminari, sono iniziati i lavori di costruzione della centrale e tubature necessarie. Sei mesi dopo, 160 utenti ricevono già l'energia termica. Da allora, il successo della centrale di teleriscaldamento non ha fatto che crescere, costringendola ad ampliarsi in due fasi successive per permettere di soddisfare tutte le esigenze. A Dobbiaco nessuno si pente della scelta fatta. Sono tutti convinti: non ci poteva essere una decisione migliore.

Brunico, esempio su larga scala

Situata geograficamente in una conca tra le montagne dell'Alto Adige, la cittadina di Brunico aveva un grosso problema: una pesante cappa di smog la ricopriva nei mesi invernali. I suoi 14mila abitanti, le industrie e le strutture alberghiere, scaldavano l'80 per cento degli immobili con le classiche stufe a nafta, notoriamente generatrici di grandi quantità di Co2. Nel 2002 la cappa era sparita. Nessun miracolo. Semplicemente Brunico è uscita dall'era dei fossili per entrare in quello delle energie rinnovabili. Due anni prima Brunico aveva deciso di seguire le orme di Dobbiaco, un paese a circa 30 chilometri di distanza (vedi articolo), sostituendo le vecchie singole caldaie a nafta con un'unica centrale di teleriscaldamento alimentata a legna . Su mandato dell'autorità cittadina, l'azienda municipale Pubbliservizi, che fornisce acqua, energia e gestisce lo smaltimento dei rifiuti, ha realizzato una centrale di teleriscaldamento alimentata a cippato (truciolato di legna). Oggi, alla centrale sono allacciati il 95 per cento degli immobili pubblici e privati grazie ad un reticolato di 120 chilometri di tubature, lungo le quali sono stati poste le fibre ottiche per consentire un controllo telematico.
«Una scelta coraggiosa che si è rilevata pagante» confida Norbert Kosta, il direttore di Pubbliservizi, mentre ci accompagna nella visita della centrale di teleriscaldamento. In carica dal 1990, Kosta appare orgoglioso del lavoro fatto. Difficile dargli torto, visto che tutte le parti coinvolte sembrano entusiaste della scelta del riscaldamento a legna. Come nel caso di Dobbiaco, anche i cittadini di Brunico sono doppiamente felici della soluzione. Lo smog è sparito e i costi del riscaldamento sono diminuiti. Le segherie invece hanno ridotto i loro costi potendo smaltire gratuitamente gli scarti di legname, mentre i contadini locali hanno potuto aumentare le loro entrate poiché il legno dei loro boschi gli viene pagato il 40 per cento in più del prezzo di mercato. L'impatto ambientale derivante dal traffico del trasporto di legna è risultato inferiore a quello dei rifornimenti di gasolio precedenti alla centrale.
Anche nella scelta dell'ubicazione della centrale di teleriscaldamento, si è tenuto conto dei vantaggi. Situata vicino alla strada di scorrimento principale appena fuori città, condizione fondamentale per la consegna della legna, la centrale è stata costruita su una vecchia discarica degli anni 70 contenente rifiuti di ogni tipo. Quando la sensibilità ambientale cominciava a farsi strada anche in alto Adige, la discarica fu chiusa e interrata. Oggi la centrale estrae il gas che i rifiuti in decomposizione producono, contribuendo per il 2 per cento alla produzione di calore della centrale. E per non sprecare nulla, sul tetto della centrale sono stati istallati dei pannelli solari.
La centrale di Brunico realizzata nel 2001 e successivamente ampliata in più tappe, è costata fino ad oggi 78 milioni di euro. I finanziamenti sono arrivati per il 30 per cento da prestiti a fondo perso della provincia di Bolzano, da investimenti diretti della Pubbliservizi e da precontratti firmati dai cittadini intenzionati a diventare fruitori del teleriscaldamento. Gli abitanti di Brunico, sull'onda dei successi ottenuti a Dobbiaco dall'esperienza del teleriscaldamento, hanno aderito con entusiasmo alla prospettiva di uscire dall'era dei fossili per passare a quella del legno. 1700 proprietari d'immobili avevano firmato i precontratti. Oggi sono complessivamente 2200 gli immobili privati e pubblici allacciati, ossi circa il 95 per cento delle edificazioni del comprensorio comunale. Tutto sembra così perfetto da restare quasi increduli. Possibile che non esista neanche un punto negativo, chiediamo al direttore Kosta. Lui riflette un attimo, e poi sicuro dice: «Non riesco a trovarne neanche uno».

Biogas: l'energia del letame

Nelle stradine che attraversano i campi vicino a Campo Tures, località a pochi chilometri da Brunico, a lato di una costruzione simile ad una stalla, si vedono quattro strutture che si potrebbero confondere con piccoli tendoni da circo. In realtà sono i contenenitori dove fermenta il letame delle mucche per l'estrazione del gas prodotto. Quest'ultimo viene poi utilizzato per attivare una turbina che lo trasformerà in energia elettrica. Markus Elzenbaumer è l'unico dipendente fisso dello stabilimento della cooperativa Biowatt. Ci spiega come l'idea sia nata sette anni, quando una settantina di contadini residenti in un raggio di 10 chilometri, hanno deciso di unire le forze costituendo una cooperativa per realizzare la centrale a biogas.
Quali sono i vantaggi per i soci-contadini, chiediamo ad Elzenbaumer «Soldi e tempo di lavoro. La Biowatt ritira nelle fattorie dei soci il liquame delle loro mucche. Estratto il gas, la cooperativa lo distribuisce con i suoi macchinari sui campi dei soci come concime». Quanto paga il contadino per questo servizio ? «Chi diventa socio della cooperativa paga una quota iniziale, circa 150 euro per mucca. Pagata questa somma, il contadino non deve mai più versare altri soldi». In totale, sono circa 1400 le mucche che alimentano la centrale a biogas. I risparmi per il contadino sono rilevanti. Non deve più acquistare e sostenere la manutenzione dei macchinari per distribuire il concime sui campi. Inoltre, il contadino risparmia tempo di lavoro non dovendo più occuparsi del liquame e concimazione.
Grazie alla vendita di energia, la Biowatt paga lo stipendio fisso di Elzenbaumer, gli autisti occasionali dei trasporti di liquame, i costi di gestione e l'ammortamento degli investimenti iniziali della centrale. La cooperativa funziona finanziariamente? «Ancora tre anni e dovremmo aver ammortizzato completamente gli investimenti dell'impianto e dei 3 trattori. Le spesa maggiore di gestione, salvo gli stipendi, è l'acquisto di gasolio per i trattori, circa 300-400 litri annui» spiega Elzenbaumer. Mediamente, nell'arco di un anno la Biowatt produce 1 milione di watt all'ora. Anche in questo caso, il prestito della Provincia a fondo perso del 30 per cento dell'investimento è stato essenziale per lanciarsi nell'operazione. Altri soldi sono arrivati dalla locale Raiffeisen, cooperativa bancaria tra i cui soci figurano gli stessi contadini della Biowatt.

L'odore dell'energia

Inaugurata nel gennaio di quest'anno, la Biogas di San Lorenzo (comune limitrofo a Brunico) è una cooperativa di 90 contadini proprietari complessivamente di 2500 mucche. La tecnologia per l'estrazione del gas dagli scarti vegetali e letame è all'avvanguardia. È costata circa 4 milioni di euro, mentre l'investimento complessivo finale dell'opera è stato di 8 milioni. «Il costo maggiore è stato l'acquisto del terreno e il livellamento successivo, essendo originariamente a forte pendenza» racconta Christoph Feichter , uno dei due dipendenti fissi della Biogas. Sono invece a tempo parziale i quattro autisti che trasportano il letame e lo spargono come concime dopo averne ottenuto il gas sui campi degli associati. Il funzionamento della centrale ricalca quello della Biowatt di Campo Tures. È di buona qualità il concime che ottenete, chiediamo a Feichter «Migliore del liquame senza estrazione del gas. Ha due vantaggi: è meno aggressivo chimicamente e puzza meno». La produzione elettrica della centrale è di 999 kw/h. «È una scelta. Se ne producessimo un watt in più, raggiungendo il milione di watt, l'energia ci verrebbe pagata meno dall'acquirente, il gestore della rete energetica nazionale». Così infatti stabilisce la legge italiana sul prezzo dell'energia, fissando un prezzo in base alla quantità prodotta di "energia verde". Anche in Alto adige vale il detto: "fatta la legge, trovato l'inganno".
Per il finanziamento della centrale, il meccanismo è simile alla Biowatt: pagamento di un'unica quota iniziale dei contadini associati, sussidio a fondo perso del 30 per cento dell'investimento da parte della Provincia,  e crediti erogati dalla locale cooperativa bancaria Raiffeisen. La differenza con l'altra centrale visitata consiste nel fatto che la Biogas ha concordato con l'acquirente dell'energia un prezzo di vendita fisso per 15 anni. Una stabilità di prezzo che permette di definire con maggior precisione il tempo necessario per gli ammortamenti dell'investimento iniziale. Anche al dipendente di Biogas chiediamo quale svantaggi vede nella scelta di produrre energia grazie al letame: «salvo che ti devi abituare all'odore, ci sono solo vantaggi per tutti».

Pubblicato il

03.07.2009 02:30
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