Pristina, 4 dicembre 2003 Negli ultimi anni la scena musicale albanese in Kosovo è cambiata enormemente. I Serbi ascoltano musica proveniente dalla Serbia e dal Montenegro, i Bosniaci quella della Bosnia-Erzegovina, ma per gli albanesi, dopo dieci mesi di magra, durante i quali gli artisti potevano registrare e produrre cassette e video solo in segreto, la situazione è migliorata. Oggi i cantanti albanesi sono accompagnati da manager professionisti, anche se al mercato manca ancora un controllo serio e a lungo termine. Driton Sahiti è ancora giovane ma già attivo nel campo del management musicale. Attualmente lavora con due artisti kosovari famosi: Eliza e Ritmi e Ruges. Queste due nuove star, speranze della giovane scena musicale kosovara, lentamente si stanno facendo un nome non solo in Kosovo ma anche in Albania, in Serbia/Montenegro e in Macedonia, dove vivono albanesi, e fra gli espatriati albanesi soprattutto in Svizzera, Germania e Austria. Sahiti si è sempre interessato di musica. «Prima suonavo in una piccola band, ma ho subito capito che non avevo tanto talento. Ero però molto bravo nell’organizzare», racconta. Trasferitosi all’estero Sahiti ha cercato di fare esperienze nuove soprattutto in Austria. Ha iniziato a Vienna organizzando concerti di musica classica e imparando le basi del marketing musicale. Le ambizioni della maggior parte dei nuovi manager musicali è quella di creare uno showbusiness come in Europa occidentale. Ci sono però ancora tanti ostacoli da superare, dato che la professione di manager non è ancora riconosciuta e apprezzata da molti organizzatori di concerti. «Quando qualcuno chiama un artista e gli domanda se è disponibile per un concerto o una serata e l’artista gli dice di chiamare il suo manager, l’organizzatore si stizzisce. Molti non credono o non vogliono credere alla nostra esistenza», dice con un po’ di rammarico il manager musicale. Il fatto che ancora oggi la maggior parte dei musicisti e cantanti si affidino solo a se stessi o ad un parente, ha creato una situazione di stallo che non permette alla musica e all’industria del divertimento di svilupparsi veramente. Senza un riconoscimento ufficiale, questo lavoro difficilmente potrà svilupparsi in futuro. «Sono ormai lontani gli anni in cui non c’erano la televisione, la radio e altre possibilità di farsi pubblicità e vendere un prodotto» dice Sahiti. Fino a un po’ di tempo fa infatti si producevano e si vendevano soprattutto videocassette semplici e a buon mercato in Svizzera e Germania, paesi in cui ancora oggi vive una grande comunità albanese. Dopo la guerra la situazione è cambiata drasticamente: la radio e la televisione sono dei mezzi molto sfruttati e gli artisti non dipendono più da queste produzioni difficili da smerciare. C’è ancora qualcuno che distribuisce di persona cassette audio e video per farsi conoscere, ma non è più quello il metodo giusto se si vuole essere conosciuti. Oggi è di nuovo possibile con talento e un po’ di fortuna apparire dal nulla nei mass media e diventare rapidamente conosciuti. «Uno dei problemi principali è che non si rispettano i diritti dell’artista. Un concerto o una canzone sono un bene di proprietà dell’artista. Non si può semplicemente registrarlo, copiarlo e distribuirlo», dice un po’ arrabbiato Sahiti. Succede un po’ in tutti i Balcani di vedere un potenziale economico enorme non sfruttato. Finché sarà possibile registrare delle cassette con un proprio apparecchio durante un concerto, copiarle e venderle illegalmente a prezzi stracciati, allora non si potrà guadagnare mai nulla nel campo musicale. Un artista locale non potrà mai imporsi se i cd illegali continueranno ad essere venduti ovunque a prezzi stracciati e la gente continuerà a comprarli. Produttori super potenti e mafiosi controllano completamente il mercato e impediscono lo sviluppo vero e proprio. Dovrebbe però valere anche nell’industria del divertimento la forma base: preferire la produzione locale rispetto a quella straniera, anche se costa un po’ di più. Solo così si possono trattenere nel paese i soldi e contribuire alla ricostruzione dell’economia locale.

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12.12.03

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