Il lavoro interinale è un fenomeno in costante espansione nelle realtà dei paesi più sviluppati economicamente. Nel solo Ticino i lavoratori interinali costituiscono oltre il 5 per cento della forza lavoro occupata, a fronte di una media europea dell' 2.2 per cento. Un fenomeno che desta preoccupazione per le sue ricadute sociali ed economiche. Per poterlo descrivere, ne abbiamo fatto l'esperienza diretta. Iscritti in una delle numerose agenzie di lavoro temporaneo sparse sul territorio cantonale, siamo andati a lavorare in una fabbrica di cioccolato che impiega molti lavoratori a prestito. È un'azienda che tra le prime ha fatto ricorso ai lavoratori temporanei, iniziando già oltre 20 anni fa. In principio erano soprattutto gli studenti che nel periodo estivo vi lavoravano. Oggi invece il ricorso a personale interinale è diventato strutturale all'interno dell'azienda. Quello che segue è il diario di quell'esperienza.

Lavoro? Detto fatto. Basta presentarsi in una delle molteplici agenzie interinali sparse sul territorio, il tempo di stilare un contratto con le tue generalità, e il lunedì successivo puoi cominciare in una delle tante fabbriche del Luganese che impiegano operai a prestito. Certo, non si deve avere delle grandi pretese economiche. Il salario orario è di 14,30 franchi, vacanze comprese. Naturalmente è la paga lorda. Al netto, vacanze dedotte, sono 11 franchi e 60 centesimi. Il collocatore dell'agenzia interinale dà alcune informazioni di base sulla ditta. La fabbrica lavora su due turni, il primo dalle 6 alle 14.30, il secondo va dalle 14.30 alle 23.00. Nessun supplemento per il lavoro serale, visto che la revisione della legge sul lavoro del 2000 ha spostato l'orario considerato notturno dalle 20 alle 23, aggiungiamo noi. Nelle otto ore e mezzo di turno, oltre a dieci minuti di pausa caffè, è prevista una mezz'ora di pausa-pranzo. Non c'è la mensa, ma bisogna portarsi da mangiare da consumare in un locale apposito. Obbligatori pantaloni lunghi e scarpe chiuse. Tempo di disdetta per entrambe le parti, due giorni nei primi 3 mesi, sette giorni dal quarto al settimo mese.

Lunedì, 6 agosto

Le sei del mattino, leggermente assonnato, mentre scendo dal treno Lugano-Ponte Tresa domando informazioni su dove sia la fabbrica. «È quella in fondo sulla destra. Dove c'è quella signora che sta entrando ora. Si vede che oggi l'ha accompagnata suo marito, altrimenti viene sempre in treno». La signora che gentilmente mi ha risposto, lavora in un'altra fabbrica. Lei preferisce il turno della mattina perché le lascia più tempo per occuparsi della famiglia e della casa. La saluto ed entro puntuale in fabbrica. Nel refettorio sono riuniti gli interinali che cominciano oggi.
Il capo del turno dà le spiegazioni di rito. Sul tavolo ci sono una quindicina di fogli, uno a testa per i nuovi interinali che iniziano oggi. Al turno mattutino siamo in otto, mentre gli altri inizieranno nel pomeriggio. Alcuni interinali si scambiano battute sulle precedenti esperienze lavorative, non proprio positive. Il capo turno ha un atteggiamento formale e ci tratta con rispetto. Arriva il mio turno, mi guarda e osserva: «Ah, hai la barba…». Più tardi capisco che barba significa peli in più da coprire. Producendo cioccolata, per questioni igieniche è obbligatorio, oltre che coprirsi i capelli, mettere il copribarba. La sera stessa decido di radermi, perché il copribarba è fastidioso. Consegnata la chiave dell'armadietto e il camice, il capo ci avvisa: «Questa settimana lavorate al primo turno. La prossima potrebbe anche cambiare. I vostri turni sono appesi all'albo». Un'interinale protesta. «In agenzia mi avevano detto che avrei fatto sempre la mattina. Non posso fare quello del pomeriggio, ho un altro lavoro». «Ok, prendo nota e poi vedremo» risponde il capo.
Veniamo smistati nei vari reparti e affidati ai responsabili di quest'ultimi. Il mio lavoro consiste nel recuperare lo scarto della cioccolata: quella che esce già rovinata dalla stampatrice o quella che si rovina durante la fase d'imballaggio. Recupero i cassonetti pieni di cioccolata al posto definito di controllo, dove c'è un tizio, interinale come me, che passa otto ore a togliere dal nastro le tavolette che presentano macchie, o sono bucate e deformate. Poi vado alle macchine d'imballaggio dove raccolgo altre casse piene di tavolette danneggiate. Terminato il giro, svuoto le cassette di cioccolata in una pentola che, una volta sciolto, reintrodurrà il cioccolato nel circuito di produzione. Di norma, il giro dello scarto lo eseguo ogni mezz'ora. Nel frattempo, visto che si sta producendo cioccolato con le nocciole, carico i sacchi di nocciole in una macchina a forma di imbuto che regola la quantità giusta per ogni tavoletta.
Sono molto fortunato. La mia funzione mi permette di girare all'interno della fabbrica e di entrare in contatto con molti operai e operaie, sia fissi che interinali. Questo mi aiuterà ad avere una visione più completa della vita di fabbrica.

Martedì, 7 agosto

Il secondo giorno, riesco a parlare con un'operaia che lavora da una vita intera in questa fabbrica. Oggi è una nonna felice. Ne approfitto per chiederle: «Era meglio prima o adesso?» Riflette un attimo e poi risponde. «Prima si lavorava in condizioni diverse, non si guardava solo al profitto come ora. Adesso gli interessa solo la produttività, solo i soldi». Pongo la stessa domanda ad un'altra signora, anche lei da molti anni in questa ditta. Non mi risponde, ma l'espressione della sua faccia dice tutto. Nel localino della pausa pranzo, parlo con Daniele*, uno degli interinali che ha iniziato il mio stesso giorno. Di solito lavora nell'edilizia: «Nei cantieri il lavoro è duro, faticoso, ma lo preferisco di gran lunga a questo. Qui i ritmi sono dettati dalla macchina. Sono inumani». Una forma di alienazione del lavoro, avrebbe detto qualcuno.
Oggi ho scoperto che si lavora il sabato, la domenica prossima e anche la giornata festiva di ferragosto. Me l'ha detto il capo reparto, quando mi ha chiesto i miei dati per inoltrare la richiesta dei permessi di lavoro per i festivi e le domeniche. Vengo anche a sapere che si lavora sui tre turni. Non su due come mi avevano detto in agenzia. Oltre a quello mattutino e quello serale, c'è anche il notturno: dalle 23 alle 6 e 30 del mattino.
Dopo la pausa-pranzo mi mandano nell'ufficio del personale. Devono registrare la mia impronta digitale. Serve per timbrare l'ora d'inizio e di fine lavoro.Sul computer all'entrata, dopo aver inserito il numero di codice personale, bisogna far passare l'indice della mano destra sulla macchina.    Al responsabile dell'ufficio chiedo spiegazioni su questa schedatura, mentre memorizza sul computer la mia impronta. Nessuno aveva mai preso le mie impronte. «Non si tratta della vera e propria impronta digitale. Il computer memorizza solo quattro o cinque punti del polpastrello. Quando smetterai di lavorare da noi, la cancellerò». Sinceramente poco rassicurato, ritorno al lavoro. 

Mercoledì, 8 agosto

Il caporeparto mi dice di dare il cambio a Simone*, interinale pure lui, che deve andare in bagno. Quest'ultimo mi racconta che a seguito di un'operazione ha dei problemi allo stomaco. «Sto male – mi dice – ho delle fitte allo stomaco che mi obbligano ad andare in bagno. Ma sono qui da soli due giorni. Devo tenere duro, altrimenti mi lasciano a casa». La seconda volta gli darò il cambio di nascosto. Per sua fortuna, le fitte passeranno.
Rientrando dalla pausa di dieci minuti, il capo mi prende in disparte. Mi elogia per come lavoro e mi propone di restare a lavorare nella fabbrica. Mi farebbero l'istruzione su un macchinario del quale poi diventerei il responsabile. «Mi assumereste come fisso?», domando. No, ai piani alti preferiscono farmi fare un periodo da interinale, poi se vado bene, ci potrebbe essere la possibilità di essere assunto come fisso. «Ma voglio essere sincero, non c'è la garanzia del posto fisso» mi confida onesto. Gli faccio presente che con una paga da interinale è difficile sopravvivere e quindi valuterò. Gli confesso inoltre che ho ricevuto un'offerta di lavoro, meglio pagato e a migliori condizioni. A mezzogiorno dovrei ricevere la conferma e mi premurerò di farglielo sapere. Nel giro di raccolta scarti, Ernesto*, un altro interinale mi sussurra: «Mi stanno facendo il filo…». Siamo dunque due i potenziali candidati. Da altri operai ad impiego fisso vengo a sapere che la ditta ha molto lavoro da agosto a Natale. Passati quei mesi, gli interinali vengono lasciati a casa. Più tardi vedo il "concorrente" Ernesto che viene istruito su macchina. «Allora, ti hanno preso?» gli chiedo. «Gli ho detto che voglio vedere qualcosa di scritto…» afferma scettico. Durante il pranzo, comunico al capo che ho un altro posto e rinuncio alla sua offerta. C'è anche il mio "concorrente" nel localino fumatori. Mi chiede se ho bisogno di un passaggio in auto dopo il lavoro. Il capo, presente, capisce che non ho l'auto. A lui chiede «invece tu hai la macchina?» Sì, risponde. Bene, penso, per poter essere flessibili e lavorare a turni (anche di notte) è assolutamente necessario avere la macchina…
Finito il lavoro dico a uno dei capi che venerdì smetterò di lavorare da loro. Cosa devo fare? Comunicarlo in ufficio, notificarlo per iscritto? No, basta dirlo al capo reparto. Poi telefono all'agenzia interinale per comunicarglielo: «Ho trovato un altro lavoro per lunedì, la paga è migliore e non devo lavorare né sabati, né domeniche e neanche le notti». «Ah!» rispondono dall'altra parte del filo. Domando come devo comportarmi per la disdetta, se devo passare in ufficio o fare qualcosa di scritto. «No, è sufficiente così» è la risposta laconica.

Giovedì, 9 agosto

Alla mattina ci sono problemi alle macchine. La catena di montaggio è ferma e non c'è nessuno scarto da recuperare. Mi assegnano un lavoro tranquillo di pulizia per le prime due orette. Poi devo tritare le nocciole degli scarti con una macchina simile ad un grosso frullatore. Passo il resto della giornata a fare quello. Ho poche possibilità di parlare con gli altri lavoratori. Ma stando fermo in un posto, mi rendo conto di una cosa: del fastidio che mi provocano i turisti che entrano a guardare la fabbricazione del cioccolato. Attraverso una lunga passarella isolata dai vetri, osservano praticamente tutto il ciclo produttivo. Durante la pausa pranzo, sento alcuni lavoratori fissi che parlano tra loro: «Una volta almeno gli vietavano di fare le fotografie. Ora invece non solo ci fanno le foto, ma ci riprendono pure con le telecamere…». Teoricamente, un grande cartello posto in bella vista all'entrata vieta di fare le foto. Ma tra telefonini e chi le fa di nascosto, o chi spudoratamente riprende con le telecamere, non sembra che il cartello abbia una sua efficacia. Sinceramente, è una gran brutta sensazione: sembriamo bestie allo zoo.
Terminato il lavoro prendo il treno insieme ad un altro collega interinale, Emiliano*. Discutendo, si chiede dove stia il guadagno per il paese con il lavoro temporaneo. «Il lavoro in sé non è poi così male. Ho fatto anche di peggio. Il problema è che siamo sottopagati. Se al posto dell'agenzia interinale ci fosse lo Stato, magari tramite l'ufficio del lavoro, ci sarebbero paghe migliori per noi interinali e meno soldi per lo Stato da versare tramite la disoccupazione». Poi prosegue con il suo ragionamento «Noi siamo pagati 14,30 lordi, mentre la fabbrica paga all'agenzia 30 franchi. Ce ne dessero 20 o 25, che si tengano pure 5 o 10 franchi per le spese amministrative di gestione del personale, e ci guadagnerebbero tutti: lo stato, i lavoratori interinali e per la fabbrica non cambierebbe nulla. Sparirebbero solo questi intermediari che si fanno i soldi su di noi». Non male come ragionamento… Devo sottoporlo a qualcuno (vedi intervista sotto a Andreas Rieger).

Venerdì, 10 agosto

È l'ultimo giorno. Grazie alle nocciole che ho tritato il giorno prima, ho l'occasione di vedere il reparto chiamato "Massa". Qui si prepara l'impasto degli ingredienti a dipendenza del tipo di cioccolata che si vuole ottenere. È un lavoro duro, perché si tratta di versare dei pesanti sacchi di cacao o zucchero nelle macchine impastatrici. Un indicatore luminoso indica la temperatura nel locale: 42 gradi. Si suda in questo reparto.
Il resto del turno lo passo a raccogliere gli scarti. Verso la fine ne approfitto per salutare tutti quelli che ho conosciuto. Ho incontrato molte persone per bene, sempre pronte a dare una mano quando mi vedevano in difficoltà. Le cassette stracolme di cioccolata pesano. E se ne scarichi decine e decine durante una giornata, la schiena non gode particolarmente. Un'altra cosa mi ha impressionato: i lavoratori fissi dimostrano tutti e tutte una grande cura nella produzione. Ognuno si sente, giustamente, affezionato al prodotto che esce. Lo sente suo e ne va fiero. C'è molta passione nel loro lavoro.
Fra gli interinali invece c'è molta preoccupazione e poca soddisfazione. Dare sempre il massimo per paura che ti lascino a casa. Ho fatto un mini sondaggio tra gli interinali. Sono tre le ditte che forniscono manodopera a prestito in questa fabbrica. La gran maggioranza però arriva dalla mia stessa agenzia. Ho trovato un solo studente, gli altri sono in gran parte immigrati ma ci sono pure molti frontalieri. Tutti però prendiamo la stessa paga, 14,30 lordi. Si saranno mica messe d'accordo le tre agenzie?

Martedì, 14 agosto

È giorno di paga. Vado in ufficio, mi chiedono se sono ancora disponibile per altri lavori, aspetto qualche minuto, e arriva l'assegno da ritirare in qualche banca. Busta paga per 5 giorni di lavoro a 8 ore l'uno, corrisponde ad un totale netto di 513.05  franchi. Se avessi lavorato tutto il mese alle stesse condizioni, avrei guadagnato 2052 franchi netti. È dura la vita da interinale.

* nomi di fantasia



"Contratti collettivi per tutti"

Andreas Rieger, coopresidente di Unia, un lavoratore interinale incontrato in fabbrica propone di sostituire le agenzie interinali con un servizio pubblico per garantire salari dignitosi (vedi articolo principale). Cosa ne pensa il sindacato?
All'epoca in cui le agenzie interinali sono apparse sulla scena, ormai quasi 30 anni fa, la risposta del movimento sindacale era che il mercato della forza lavoro in prestito dovesse essere gestito dall'ente pubblico. Questa rivendicazione partiva dalla considerazione che la forza lavoro non poteva essere trattata alla stessa stregua di una merce qualsiasi. Questa era la posizione iniziale del movimento sindacale, che resta la stessa posizione di fondo odierna. Nel frattempo però, siamo stati superati dalla realtà del mercato del lavoro che ha visto il lavoro temporaneo svilupparsi fortemente, mentre di quanto rivendicato dai sindacati non è stato ottenuto nulla.
Qual'è allora la posizione odierna del sindacato?
Oggi, in ragione degli attuali rapporti di forza, abbiamo ridefinito i nostri obiettivi. Tra questi, vogliamo raggiungere l'obiettivo che non esista nessun salario inferiore ai 3500 franchi mensili, ossia a 20 franchi l'ora. Per ottenere questo risultato è necessario avere dei contratti collettivi di lavoro (Ccl) che impongano dei salari minimi. E nel caso non esistano dei Ccl, bisogna fissare dei salari minimi legali. Il nostro obiettivo, per il quale stiamo già lavorando, è che i salari minimi dei Ccl, siano validi anche per i lavoratori temporanei. Con queste misure non otterremo l'abolizione del lavoro interinale, ma i salari dei temporanei saranno più alti e il ricorso dei padroni agli interinali diventerebbe meno interessante e meno redditizio per le agenzie interinali.
Dunque rinunciate a una gestione pubblica del mercato del lavoro interinale?
Non siamo attivi in questo senso e non conosco in Svizzera esperienze di questo tipo. Ma noi ci opponiamo alla pratica degli Uffici regionali di collocamento di trasferire sempre più dei compiti di collocamento a delle agenzie private.
Spesso i sindacati sono criticati di difendere i lavoratori a tempo indeterminato e di trascurare gli interessi dei lavoratori atipici. Cosa risponde a questa critica?
Nel sindacato Unia ci sono diverse persone che vivono in una condizione precaria. Questo è dovuto soprattutto al mercato del lavoro attuale, nel quale sempre più persone possono passare da una condizione di impiego indeterminato ad uno temporaneo. È pur vero che organizzare sindacalmente dei lavoratori precari che vivono in condizioni difficili pone degli ostacoli pratici non indifferenti. Ciononostante, la precarietà resta una delle nostre grandi preoccupazioni.
Una parte del movimento sindacale dice che il lavoro temporaneo va semplicemente abolito.
È vero, anni fa questa opinione era maggioritaria all'interno del movimento sindacale. Un'opinione che però è stata largamente superata dalla realtà dei fatti. Ad esempio, 30 anni fa eravamo contrari al tempo parziale. Ritengo che sia stato un errore, perché avremmo dovuto dire di sì al tempo parziale ponendo però precise condizioni, come gli stessi diritti dei lavoratori a tempo pieno. Ora ci ritroviamo con una certa precarietà nel tempo parziale, che oggi stiamo tentando di recuperare attraverso una regolamentazione nei Ccl.

Pubblicato il 

07.09.07

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