Non è sufficiente che un sindacato abdichi al suo ruolo togliendosi il cappello davanti al padrone e rispondendo signorsì di fronte al ricatto: o rinunci ai tuoi diritti e ti faccio lavorare oppure te ne torni a casa. Non è bastato a Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat-Chrysler, che ai "suoi" sindacati, Fim, Uilm, Fismic che gli chiedevano di ritirare i 19 licenziamenti annunciati a Pomigliano, ha risposto picche. La Fiom che non firmò l'accordo della vergogna del 2010 ha vinto in primo e secondo grado il processo intentato contro la Fiat per discriminazione, dato che tra i 2'146 assunti nella newco nata dalle ceneri della fabbrica partenopea non ce n'è uno iscritto al sindacato guidato da Maurizio Landini. Di conseguenza Marchionne dovrà assumere subito 19 operai con la tessera "maledetta" in tasca e 136 nelle prossime settimane. Ma Marchionne, per usare le parole dei suoi operai di Pomigliano, «non si piega» alla legge e così ha annunciato che per rappresaglia altri 19 saranno buttati fuori per far posto ai nuovi, sgraditi arrivati. Politica e istituzioni, silenti e complici della Fiat per due anni, come quei sindaci democratici (Chiamparino e poi Fassino a Torino, l'aspirante premier Renzi a Firenze) che invitavano la Fiom ad accettare il ricatto Fiat, hanno finalmente preso posizione contro l'atteggiamento del Lingotto. Persino Cisl e Uil hanno ripreso la parola e pur continuando a insultare la Fiom per le sua iniziativa giudiziaria hanno chiesto a Marchionne di tornare sulle sue decisioni. La risposta, questo martedì, è stata netta: come si dice a Roma "non c'è trippa per gatti". Di questa vicenda, del prossimo sciopero generale indetto dalla Fiom per il 5 e 6 dicembre e della situazione politica italiana parliamo con Maurizio Landini, segretario generale del più importante sindacato metalmeccanico in Italia.

C'è voluta la magistratura per ripristinare una fettina di democrazia nelle fabbriche italiane. Come valuti la risposta di Marchionne?

La decisione della Fiat di buttare fuori dallo stabilimento di Pomigliano 19 operai, motivandolo con la sentenza della Corte d'Appello di Roma che fa giustizia di un'odiosa discriminazione ai danni dei lavoratori Fiom, è un atto illegale di una gravità senza precedenti, una violazione esplicita della Costituzione. Sergio Marchionne conferma così la sua strategia e i suoi metodi antioperai e antisindacali, fino all'eliminazione fisica del dissenso dagli stabilimenti Fiat. Ora mi aspetto che anche le altre organizzazioni dei metalmeccanici facciano sentire la loro voce, con più forza, così come mi aspetto che la politica batta un colpo richiamando la più importante azienda privata italiana in fuga dal nostro paese alle sue responsabilità e al rispetto del principio che informa le leggi fondamentali dello stato e che prevedono pari dignità tra il lavoro e l'impresa. Cosa che finora non ha fatto. La politica della Fiat si fonda sul ripetuto attacco alle libertà e alle leggi. Il presidente Monti deve intervenire contro quest'ultimo vulnus. Come Fiom partecipiamo allo sciopero europeo del 14 novembre contro il liberismo e per il lavoro, a cui in Italia la sola Cgil aderisce con una fermata di 4 ore.
Come caratterizzerete lo sciopero europeo?
Mettiamo tra le parole d'ordine il ritiro dei licenziamenti alla Fiat. Andremo a manifestare proprio a Pomigliano, per ribadire la nostra vicinanza a tutti i lavoratori: quelli discriminati della Fiom, quelli che sono potuti tornare al lavoro e i più di 2'300 che Marchionne ha lasciato a casa violando gli stessi accordi che aveva imposto con un ricatto. La Fiom si batte per il rientro in fabbrica di tutti e per il ripristino delle regole democratiche, garantendo ai lavoratori la possibilità, oggi negata, di eleggere i propri delegati e di scegliere il sindacato da cui farsi rappresentare senza essere per questo discriminati, fino alla riconquista del diritto a votare accordi e contratti. Molte sentenze della magistratura ci hanno dato ragione. Ricordo che l'accordo imposto con un referendum sulla base del ricatto occupazionale sospende il diritto di sciopero, definisce una valanga di ore di straordinario obbligatorio non contrattato, peggiora condizioni, ritmi, orari di lavoro, esclude il pagamento dei primi tre giorni di malattia. Quell'accordo imposto a Pomigliano, poi a Mirafiori e infine esteso a tutti gli stabilimenti Fiat ora è diventato contratto aziendale che cancella il contratto nazionale di lavoro. Il modello Marchionne sta contaminando l'intero comparto metalmeccanico e dunque la battaglia iniziata dagli operai di Pomigliano che hanno detto no alla Fiat è diventata una battaglia generale per difendere il lavoro, i diritti e la democrazia. Saranno queste stesse parole d'ordine a caratterizzare lo sciopero generale che abbiamo spostato a inizio dicembre per partecipare a quello europeo della prossima settimana.
La Fiom è accusata di "impicciarsi" di politica, troppo protagonismo dicono persino in casa Cgil. Dopo aver chiamato a rapporto i partiti di sinistra all'inizio dell'estate perché dicessero con chiarezza da che parte stanno, avete avuto un ruolo importante nel lancio dei referendum sul lavoro per ripristinare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che garantisce il reintegro di chi è stato ingiustamente licenziato e abrogare l'articolo 8 della manovra berlusconiana che mette in mora il contratto nazionale. Infine, la vostra critica al governo è sempre più netta. Chiunque vincerà le elezioni dovrà continuare la strada imboccata da Monti: questo è il diktat che giunge dal Quirinale e da palazzo Chigi.
Io penso l'opposto, perché le politiche di Monti non ci hanno portato fuori dalla crisi economica e hanno aggravato la crisi sociale. Se non si mettono in discussione le cause che hanno prodotto la crisi, non c'è via d'uscita, solo macelleria sociale. Bisogna invece difendere il lavoro e costruirne di nuovo, dentro un diverso modello di sviluppo rispettoso dell'ambiente e dei diritti. Per questo serve una politica industriale mirata, investimenti pubblici e privati, ricerca e innovazione. I soldi vanno cercati dove sono, colpendo i reddti più alti e la rendita e non tagliando sulla scuola, la cultura e la sanità. Servono politiche finalizzate a cancellare diseguaglianze e discriminazioni e a restituire futuro e diritto al lavoro ai giovani.
Federmeccanica insieme a Fim e Uilm sta cucinano un nuovo contratto nazionale separato fatto per seppellire il contratto nazionale. Come reagisce la Fiom all'ennesima esclusione?
Non solo, Fim e Uilm hanno chiesto a Federmeccanica di tenere la Fiom fuori dalle trattative. Siamo a una violazionazione esplicita della democrazia e delle regole stabilite dall'accordo tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustra. Siamo all'estensione del modello Marchionne che produce guasti  ai danni dei lavoratori e del sistema paese. Inoltre, bisogna sapere che le condizioni ineludibili poste da Federmeccanica prefigurano la morte del contratto nazionale e di regole e garanzie uguali per tutti: Federmeccanica vuole l'aumento del tempo di lavoro, 250 ore di straordinario non contrattabili, la fine dei minimi salariali uguali per tutti, con deroga per le aziende in crisi, l'esigibilità degli accordi che si traduce con una regolamentazione del diritto di sciopero. Fim e Uilm hanno accettato il confronto sulla base di queste pretese padronali. Noi chiediamo il rispetto delle nuove regole che garantiscono il diritto di tutti i sindacati rappresentativi a sedere ai tavoli di trattativa.
L'hai chiesto anche a Susanna Camusso, che tratta sulla produttività con Confindustria, Cisl e Uil?
Certo che l'ho chiesto alla Cgil: che senso ha trattare, se non si rispettano le regole del confronto in un settore d'importanza generale per il sistema economico del paese? La crisi, il disimpegno del governo e le risposte politiche sbagliate stanno aggravando la crisi, dall'informatica alla siderurgia, all'auto. All'Ilva di Taranto si pone un problema generale che riguarda la qualità della produzione, dei processi produttivi e dello sviluppo. Interi settori metalmeccanici rischiano di essere cancellati. Dunque, se si violano le regole generali e condivise sulla rappresentanza si apre una ferita che non colpisce solo i metalmeccanici, ma tutti. Il confronto in atto sulla produttività dev'essere interrotto finché non sarà garantita a tutte le organizzazioni l'agibilità. Con lo sciopero chiediamo un radicale cambiamento della politica del governo, chiediamo un suo protagonismo negli indirizzi di politica industriale; che non si vede, a differenza che in Francia, Germania, negli Usa. I settori pubblici dell'industria sono allo sbando, come Finmeccanica schiacciata tra la cattiva gestione, gli scandali e l'assenza di un piano industriale. Allo sciopero parteciperanno gli studenti che si battono contro un modello privatistico e classista della conoscenza: insieme vogliamo costruire un diverso modello di sviluppo, per un'Italia diversa e un'Europa sociale.
Ai partiti che promettono un'alternativa alle destre, e almeno a parole una discontunuità con Monti, cosa chiedete?
Di mettere il lavoro in testa ai programmi, se sono interessati a confrontarsi con i lavoratori. Non è da oggi che la Fiom chiede alle forze di sinistra da che parte stanno, e quali politiche hanno in testa. La Fiom l'ha detto a tutti con chi sta, e a tutti lo ripete ogni giorno nei posti di lavoro, ai banchetti dove si raccolgono le firme per i referendum sul lavoro, e lo ripeteremo in massa nelle piazze con lo sciopero generale.

Pubblicato il 

09.11.12

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