Inquietanti segnali di precarietà

In quindici anni moltiplicato per tre il numero del personale a prestito: soprattutto manodopera straniera, assunta a distanza da agenzie svizzere

Le statistiche dimostrano l’esplosione del numero di lavoratrici e lavoratori interinali impiegati in Ticino. La gran parte di questo personale è straniero ed è sempre più precarizzato. Ecco qualche dato.

È stato definito il Job Wunder ticinese, ossia il miracolo dell’impiego. Si fa riferimento all’impressionante numero di posti di lavoro creati in Ticino negli ultimi anni (+30.000 nuovi occupati dal 2010). Dietro a questo boom, però, la realtà è un’altra. A essere cresciuta è soprattutto la precarietà. «L’incremento delle persone occupate è stato fortemente marcato dalla crescita dei posti a tempo parziale, di cui una proporzione molto rilevante è andata a persone sottoccupate, ossia che vorrebbero lavorare di più. In secondo luogo si è trattato di crescita a esclusivo appannaggio della manodopera frontaliera e dei detentori di permessi di dimora» ha scritto in un recente articolo Fabio Losa, docente e ricercatore alla Supsi.


In questo contesto abbiamo voluto sapere quanti e chi fossero in Ticino gli interinali, la categoria di lavoratori precari per eccellenza. Abbiamo chiesto all’Ufficio di statistica (Ustat) di fornirci alcuni dati. Dalla loro analisi emerge uno spaccato dell’economia ticinese costituito da impieghi precari e destinati soprattutto ad una manodopera straniera. Manodopera sempre più vulnerabile, come dimostra anche l’aumento degli interinali tra il personale notificato, il meno tutelato e il più flessibile e sfruttabile.


Al Sud delle Alpi, in quindici anni, gli impieghi interinali sono letteralmente esplosi: erano 5.800 nel 2005, sono arrivati a 16.137 a fine 2018. In sostanza sono triplicati. Anche nel resto della Svizzera c’è stato un aumento, ma si è trattato “soltanto” di un raddoppio. Interessante è anche il dato relativo agli stranieri che lavorano come interinali in Ticino: se nel 2005 erano il 41% di questa categoria d’impiego, nel 2018 la loro percentuale è salita all’89% (63% in Svizzera). Come dire che il prestito del personale è quasi interamente destinato a manodopera estera. Purtroppo, i dati non specificano le diverse categorie di stranieri – domiciliati, dimoranti, frontalieri o notificati – ciò che avrebbe permesso un’analisi più approfondita del profilo degli interinali.

L’esercito di notificati
In questi anni è emersa una nuova categoria di lavoratori stranieri, i notificati. Si tratta di coloro che svolgono un’attività lucrativa in Svizzera per meno di 90 giorni annui, i quali devono annunciarsi presso le autorità cantonali tramite una procedura di notifica. Ci sono tre categorie principali di notifiche: le assunzioni d’impiego presso un datore di lavoro svizzero, le prestazioni dei lavoratori distaccati da ditte estere e gli indipendenti (i cosiddetti “padroncini”).


A 15 anni dall’introduzione di questa prassi, Maurizio Bigotta, ricercatore dell’Ustat, ha scritto un articolo per la rivista Dati che specifica alcune particolarità del lavoro notificato e della sua evoluzione nel corso di questi anni. Dal 2005 le persone che si sono notificate in Ticino sono più che triplicate, passando da 7.830 a 26.757 nel 2018. Un’evoluzione simile, anche se un po’ più contenuta, è avvenuta in Svizzera.


Nell’analisi, oltre al numero di persone, va anche considerato un altro dato: i giorni lavorati eseguiti dai notificati in rapporto al numero di posti di lavoro a tempo pieno che servirebbero per coprire lo stesso numero di giorni di lavoro. Si parla di Equivalenti a tempo pieno (Etp). È interessante notare che, nel 2018, gli interinali assorbono da soli il 28,5% delle notifiche (860 Etp). Una quota, questa, che è fluttuata un po’ negli anni: era del 33% nel 2010 ed è scesa al 19% nel 2014.


Un altro dato è interessante: a partire dal 2013 si è assistito ad una forte crescita delle assunzioni presso le imprese svizzere che sono salite fino al 74,4%, mentre distaccati e indipendenti sono scesi sotto i livelli del 2005. Ora, il 37,8% delle assunzioni d’impiego presso un datore svizzero sono degli interinali (erano il 31,5% nel 2005). In sostanza, anche tra i notificati aumenta il personale a prestito. Si tratta di una manodopera altamente flessibilizzata che arriva in Svizzera per svolgere delle attività “mordi e fuggi”. Di rado, infatti, il personale notificato raggiunge l’intera portata dei 90 giorni.


Nel settore dei servizi la manodopera a prestito rappresenta i due terzi degli impiegati notificati. Il personale interinale, però, anche se contabilizzato nel terziario, spesso finisce a lavorare nel secondario, in cantieri e industrie. Nel 2016, l’Associazione interprofessionale di controllo (Aic) – l’ente che raggruppa vari rami professionali dell’edilizia e dell’artigianato e che si occupa dei controlli in questi settori – aveva sottolineato un travaso di personale distaccato e di padroncini a dipendenti di ditte interinali svizzere. Un travaso, si disse all’epoca, fatto appositamente per aggirare i loro controlli e la Lia, la Legge sulle imprese artigianali oggi abrogata, ma che era entrata in vigore nel 2016.

Esplodono anche le agenzie
Nel 2017, l’Ustat ha dedicato una pubblicazione al tema della flessibilità del mercato del lavoro in Ticino. La ricerca ha evidenziato come, tra il 2002 e il 2015, si fosse assistito ad un incremento degli occupati residenti di 18.000 unità. Di queste, però, 16.000 erano lavoratori a tempo parziale. Insomma, a fronte di un aumento percentuale complessivo degli occupati pari all’11,7%, si era verificata una crescita del lavoro temporaneo superiore al 40%; quella dei lavoratori a tempo pieno non raggiungeva il 2%. In altre parole, anche questi dati dimostrano come i contratti di lavoro a tempo parziale abbiano trainato la crescita del volume di lavoro nel Cantone.Non è un caso, quindi, se le agenzie interinali abbiano trovato un terreno fertile al Sud delle Alpi, passando dalle 39 nel 2005 alle 97 del 2018.


Questa precarizzazione dell’economia, unita certo alla trasformazione della popolazione attiva d’origine straniera, conseguenza degli accordi bilaterali, ha generato le tensioni nella società da cui sono derivati gli esiti dell’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa” o “Prima i nostri”. Soluzioni di facciata a un mercato del lavoro sempre più deregolamentato.

Pubblicato il

07.11.2019 10:45
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