Dieci anni or sono, per iniziativa dell’Unione degli Italiani nel Mondo (Uim) e del patronato Ital-Uil in Svizzera, si tenne alla Casa d’Italia di Zurigo un convegno su “Emigrati, dove invecchiare?”. Una iniziativa che ebbe un notevole successo trattando un problema nuovo che si stava ponendo per gli emigrati italiani più anziani che mai, fino ad allora, avevano pensato di dover restare definitivamente in Svizzera, avendo tutti loro, in genere, programmato di rientrare in Italia quantomeno al momento del pensionamento di vecchiaia. Invece… invece la nascita dei figli, la loro crescita ed il loro inserimento nella società locale e la constatazione che il rimpatrio avrebbe significato l’allontanamento da loro, li obbligava improvvisamente a modificare i piani del loro futuro! Ecco così che, piano piano, è iniziata l’inversione di tendenza e sempre più gli emigrati italiani di prima generazione hanno cominciato a restare in Svizzera anche dopo il pensionamento ed altri, dopo un breve rimpatrio, sono pure ritornati in questo Paese dove avevano lasciato figli e nipoti. Questa inversione di tendenza ha costretto la comunità italiana ad affrontare, così, un nuovo problema: quello della vecchiaia. Infatti, anche se la cultura latina ed italiana in particolare fa sì che gli anziani invecchino all’interno delle famiglie con i figli, in emigrazione questa mentalità si è diluita con quella locale anche per i sempre più frequenti matrimoni misti dei figli con persone di altre etnie e quindi con altre culture. Se a questo aggiungiamo, poi, che in questa società, moderna e consumistica, nelle famiglie c’è sempre più bisogno di un doppio salario e che quindi non vi sono più figlie o nuore che facciano le casalinghe e possano accudire ai familiari anziani, è facile comprendere che anche gli emigrati italiani, ad un certo punto della loro vecchiaia, devono mettere in conto un loro collocamento in una struttura per anziani. Se questo, nella Confederazione, accade in Ticino o nella Svizzera romanda, il problema non è poi tanto grave, ovvero lo è né più né meno come per tutti gli anziani, anche per gli autoctoni. Il problema diventa molto più grave se il collocamento di un italiano, o di un latino, avviene invece in una struttura per anziani della Svizzera di lingua tedesca. Vuoi per la pochissima dimestichezza con il dialetto locale della quasi generalità degli emigrati italiani, anche dopo decenni di lavoro e residenza in Svizzera (in proposito è sintomatica e simpatica la reazione di un emigrato napoletano che, trovandosi in ospedale, ad una osservazione di un’infermiera di come non fosse possibile che lui non comprendesse e non parlasse lo svizzero dopo oltre trenta anni di residenza in questo Paese, le rispose che lui era venuto in Svizzera per lavorare e non per imparare il tedesco!), che, evidentemente, li mette in condizioni di non poter colloquiare né con gli altri ospiti né con lo stesso personale di servizio; vuoi per la stessa alimentazione che non sarà più certamente quella abituale della sua famiglia (ve lo immaginate quell’emigrato napoletano che al posto degli spaghetti al dente gli presentano un piatto con una “suppe” di verdura, oppure uno yogurth invece di una bella fetta di provolone e da bere acqua minerale o birra invece che un buon bicchiere di vino!). Così che, a Zurigo, già da un po’ di tempo, il Comites locale (coinvolgendo anche l’amministrazione comunale locale) ha cercato di trovare una soluzione al problema sollecitando le strutture per anziani della città a costituire nel loro interno dei settori ad hoc per gli ospiti di origine latina. Uno sforzo che è stato finalmente coronato da successo. Infatti la scorsa settimana, sempre alla Casa d’Italia di Zurigo, alla presenza di molte autorità, tra cui il sindaco Elmar Lederberger, il Console Generale d’Italia Giovanni Maria Veltroni ed il Console Generale di Spagna Guillermo Brugaloras, vi è stata la presentazione ufficiale con l’inaugurazione di Oasi, un alloggio assistito che accoglie anziani di origine italiana e spagnola che necessitano di cure ed assistenza all’interno di una struttura locale. Una vera e propria novità per la comunità italiana d’oltralpe che si spera venga presa come esempio anche da molte altre strutture per anziani della Svizzera di lingua tedesca e che sta a dimostrare come l’associazionismo e le organizzazioni degli emigrati, con le loro strutture di rappresentanza democratica quali i Comites, possano essere utilissime alla comunità italiana.

Pubblicato il 

27.01.06

Edizione cartacea

Nessun articolo correlato