Il trasferimento delle merci su rotaia resta una chimera

Il Ticino è sempre schiacciato dal traffico pesante, da quasi un milione di camion che lo attraversano ogni anno. Alptransit era stato concepito proprio per risolvere questo problema. Prima ancora di un treno a servizio dei viaggiatori, la Nuova ferrovia transalpina (Nfta), che verrà inaugurata mercoledì 1° giugno, è stata concepita proprio per il traffico merci. Resta da sapere in che misura questa opportunità verrà sfruttata.

 

«Nell’interesse dell’ambiente» la Nfta vuole «trasferire sulla ferrovia il traffico di transito». Questa era, nell’essenza, la promessa del Consiglio federale prima della votazione che, nel 1992 e poi nel 1998, ha portato all’approvazione dei finanziamenti per il progetto da parte delle cittadine e dei cittadini svizzeri. Promessa che è poi stata tradotta in legge, in vigore dal 2010, il cui scopo è quello di proteggere la regione alpina, per cui il traffico merci pesante attraverso le Alpi deve essere trasferito in modo sostenibile dalla strada alla ferrovia. Una legge che pone un obiettivo: 650.000 viaggi annui da raggiungere al più tardi due anni dopo l'entrata in servizio della galleria di base del San Gottardo. Un obiettivo che, però, non verrà raggiunto, come già più volte ribadito dal Consiglio federale. E questo nonostante il fatto che il trend del trasferimento del traffico merci dalla strada alla ferrovia resti tutto sommato positivo, seppur insufficiente.


In questo contesto, quale sarà l’impatto di Alptransit? La nuova trasversale alpina riuscirà a ridurre il volume di camion in transito da questo corridoio chiamato Ticino? Perché in fondo, per chi abita nella Svizzera italiana, quello ambientale rimane il grande interrogativo. Per i viaggiatori i vantaggi saranno evidenti. Così come per il turismo ticinese e per l’attrattività economica del Cantone. E anche i lavoratori ne dovrebbero beneficiare, grazie ad una migliore accessibilità ai posti di lavoro. Ma per l’ambiente? Per l’Iniziativa delle Alpi il trasferimento sarebbe già possibile oggi: è solo una questione di volontà politica e di una migliore efficenza logistica (vedi sotto). Volontà che non sembra essere manifestata dalle autorità politiche, più propense in questi mesi a difendere l’attrattività e la competitività della strada. Basta ricordare che, tre giorni soltanto dopo il voto sul raddoppio del tunnel autostradale del Gottardo, il Consiglio nazionale ha approvato un postulato del Plr che chiede di esaminare i mezzi per cambiare i limite dei 650.000 camion fissato nella legge. Questo nonostante il fatto che più camion verranno trasferiti, più i 24 miliardi di franchi investiti in Alptransit verranno ammortizzati. Oltre a questo atteggiamento politico, diversi altri fattori hanno tuttavia contribuito al non raggiungimento dell’obbiettivo. Su tutti l’aumento, inesorabile e costante, del volume di merci che è trasportato attraverso le Alpi. Questo anche a causa dell’attrattività maggiore – dovuta in parte proprio alla prossima apertura di Alptransit, oltre all’apertura (2015) del secondo canale di Suez – dei porti italiani nel commercio tra Europa e Medio Oriente. Questo aumento non sarà compensato dalla nuova metropolitana delle merci. Un recente studio pubblicato dal Credit Suisse afferma: «Il traffico su strada non verrà sgravato nella misura auspicata. Tuttavia è anche evidente che senza la Nfta, più nessuno sceglierebbe di viaggiare su strada in Ticino: si creerebbe una lunga coda di mezzi pesanti tra Basilea e Lugano». In sostanza, Alptransit riuscirà a limitare i danni della continua espansione del traffico merci.


Da un punto di vista tecnico, poi, vi sono ancora diversi ostacoli. «Solo quando il corridoio tra Genova e il Nord sarà del tutto modernizzato, la rotaia potrà sfruttare al pieno il suo potenziale» si legge sempre nel rapporto dell’istituto bancario. I problemi rimangono, sia a sud che a nord. In Germania si sono accumulati ritardi e i lavori per il moderno collegamento tra Basilea e Karls­ruhe dureranno ancora diversi anni. Dall’altra parte le vie d’accesso dall’Italia hanno ancora una capacità limitata. Già oggi, il tunnel di base del Lötschberg è utilizzato al 60% da viaggiatori interni alla Svizzera e al 40% per il transito merci. L’inverso di quanto era stato previsto. In causa: le condizioni vetuste della linea in uscita dal Sempione. Proprio per questo la Confederazione ha concesso un credito di circa 300 milioni di franchi per dei progetti di ampliamento in Italia, tra i quali l’adattamento della linea di Luino. Quest’ultimo tratto è importante perché permette di sopperire ad un altro anello mancante di Alptransit: la continuazione a sud di Lugano. A tutto ciò occorre poi aggiungere anche la concorrenza tra merci e viaggiatori sulla rete ferroviaria più trafficata al mondo. Se Alp­transit non sarà la luce in fondo al tunnel, speriamo sia perlomeno un’opportunità per la Svizzera, e per il Ticino, per attenuare i disagi del traffico di transito. Ma per farlo occorre incoraggiare il trasferimento (e la mobilità sostenibile) in maniera più efficace di quanto fatto negli ultimi anni. Per far sì che il Ticino di domani non muoia soffocato.

Pubblicato il

24.05.2016 23:09
Federico Franchini

Preoccupazione per le sorti del personale dei treni

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