Un po' fa sorridere, un po' fa pena il continuo affaccendarsi di tanti dottori attorno al capezzale del traffico nel Luganese. Lo scorso 6 novembre c'è stato un nuovo maxi consulto al Centro studi bancari di Vezia, di cui hanno ampiamente riferito gli organi di informazione. A nessuno dei convenuti sembra essere passato per la testa un'idea semplice, che forse potrebbe intuire anche un ragazzo delle medie un po' sveglio in gita scolastica sul San Salvatore: il territorio del Luganese – come quello del Mendrisiotto – è ormai saturo, il limite fisico delle capacità di accoglimento di abitanti, turisti, traffici, attività economiche e di servizio è stato raggiunto e forse superato. Eppure tutti continuano a chiedere ed auspicare per il futuro un'ulteriore crescita quantitativa. Si vogliono consolidare le attività bancarie, della finanza e del cosiddetto "terziario avanzato"; si vuole promuovere il settore industriale, puntando giustamente su quello altamente qualificato ed innovativo, ma anche con un occhio di riguardo ai capannoni ed ai magazzini della "logistica"; non potrà mancare un nuovo e moderno centro espositivo (nell'attesa si darà forse una mano di vernice a quello esistente); si vogliono attirare sempre più turisti, quelli "di lusso", legati ai congressi, agli affari ed alla cultura, ma anche quelli alla giornata e di passaggio; non si porrà nessun freno all'edificazione di residenze di vacanza o di speculazione, in continua competizione (indovinate che vince) con la necessità di costruire alloggi per i residenti; da qualche parte dovranno ancora trovare posto le aziende dell'edilizia e dell'artigianato; non si dirà di no a nessun nuovo centro commerciale; l'estensione del polo universitario e formativo è lungi dall'essere terminato; ci si appresta a potenziare alla grande l'offerta culturale e ricreativa; qualcuno vuole lo Stadio-Ticino; qualcun altro invoca le terze corsie autostradali da Lugano a Chiasso (e faremo anche quelle); l'aeroporto di Agno richiede di essere potenziato e intanto si costruisce il collegamento ferroviario per raggiungere Varese (ma non subito e direttamente la Malpensa); bisognerà scegliere e poi costruire il tracciato di Alptransit a sud di Cadempino e intanto Lugano si sta preparando per partecipare da protagonista all'Expo 2015 di Milano…
Mai mi permetterei di contestare pubblicamente questo indirizzo che persegue la crescita continua e che quasi tutti in fondo condividono. Sono ben consapevole di quanto sia difficile fermare il treno in corsa sul quale tutti ci troviamo e di quanto ancora più difficile sia cambiare direzione per imboccare la strada non dico della decrescita, ma anche solo di una crescita maggiormente controllata. E so bene che i costi economici e sociali di un tale cambiamento di direzione sarebbero principalmente a carico dei ceti sociali e delle zone geografiche già oggi meno favorite. Ma i conducenti del treno dovrebbero sapere – e dovrebbero avere la cortesia di comunicarlo ai passeggeri – che sulla strada della crescita continua che auspicano e promuovono,  il traffico – e forse non solo quello – sarà sempre sull'orlo del collasso. Non ci sono né interventi, per quanto costosi, né "misure fiancheggiatrici", per quanto intelligenti, che possano essere veramente risolutivi. Nuove opere possono anzi peggiorare la situazione. Nemmeno il trasporto pubblico, da tutti indicato come la panacea, sarà in grado di decongestionare il traffico nel Luganese. Quando la bottiglia è piena è piena. E non ci entra più nulla.
Il Cantone, cioè la comunità formata da tutti quelli che vivono e lavorano in Ticino, ha già acconsentito ad investire centinaia di milioni per le infrastrutture del traffico nel Luganese e nel Mendrisiotto. Per interventi che di volta in volta sono stati presentati come risolutivi ma che, prima ancora  di essere terminati vengono qualificati come "cerotti" dalle stesse autorità che li hanno fortissimamente voluti. I cantieri fervono, nuove opere si disegnano e nei prossimi anni saranno spese altre centinaia di milioni. È giusto – oltre che inevitabile – che sia così, perché nessuno vuole fermare il treno in corsa, nessuno vuole veramente cambiare direzione di sviluppo e nel frattempo i problemi non possono certo essere lasciati marcire. E i "cerotti" (ma che "cerotti"!) non si negano a nessuno.
Mi sembra invece meno giusto e comprensibile che la stessa comunità cantonale ticinese non riesca a trovare quelle poche decine di milioni di franchi che basterebbero per costruire uno sviluppo sano ed armonioso delle valli e della montagna, basato sulla cura dell'ambiente e del paesaggio, sul recupero, il risanamento e la valorizzazione del patrimonio costruito esistente, più che sulla nuova edificazione. È incomprensibile che i mezzi finanziari destinati all'attuazione della politica regionale vengano ora dimezzati e possano essere in parte dirottati sulle agglomerazioni urbane, dove saranno peraltro goccia in un mare di necessità. È incomprensibile che ci si appresti a varare una nuova legge sulla politica regionale che fonda il futuro delle valli e della montagna sul "troppo pieno" della città.

Pubblicato il 

05.12.08

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