Trent'anni fa se la prendevano con i richiedenti l'asilo di origine tamil. Gente operosa, pacifica e tranquilla quant'altre mai. Eppure già dicevano che la barca era piena. Che non si può sempre abusare della tradizione umanitaria della Svizzera. Che va bene gli italiani, ma i tamil no. E per loro inventarono, quelli dell'Udc, una nuova parola, orrenda: Asylanten. Tradotto in italiano in un ancor più brutto asilanti. Un termine spregiativo che in questi trent'anni è diventato di uso comune, a destra come a sinistra. Per dire che soltanto il disprezzo può essere la moneta di scambio con queste persone, che con loro un rapporto alla pari (almeno sul piano della dignità) non è possibile. Per legittimare fin dal loro nome un trattamento che non si riserverebbe a nessun umano.
In questi stessi trent'anni l'Udc è cresciuta di pari passo con la diffusione e l'affermazione del termine asilante. Un successo figlio di una spregiudicatezza e di una mancanza di scrupoli nel piegare al proprio tornaconto politico il destino di persone per lo più inermi e innocenti. La lunga marcia dell'Udc è passata in particolare attraverso una dozzina di inasprimenti delle norme che regolano lo statuto di rifugiato. Quasi come se questo fosse il problema più importante che la Svizzera in questi tre decenni ha dovuto affrontare. Certo l'immigrazione è anche causa di problemi, e lo sfruttamento del diritto d'asilo a scopi criminali è una realtà. Ma il crimine lo si combatte con il codice penale e con le procedure penali. Non con misure amministrative che colpiscono alla cieca, ferendo il più delle volte persone innocenti e mancando quelli che ne dovrebbero essere almeno a parole il bersaglio.
Ora la Legge sull'asilo è stata nuovamente inasprita (cfr. pag. 4). Con norme che ancora una volta colpiscono alla cieca (come la soppressione del diritto di chiedere l'asilo in ambasciata o la cancellazione della diserzione dai motivi d'asilo). Per l'ennesima volta si attenta alla dignità di persone innocenti, si manda al macero gli ultimi barlumi di umanità in una lotta tutta ideologica ai presunti abusi. Tutto questo rende sacrosanta la decisione di lanciare il referendum contro queste nuove norme.
Un referendum da cui ha preso le distanze il Partito socialista svizzero (Pss). Con argomentazioni che hanno anche un certo peso. Non ultimo il fatto che ogni volta che si è chiamato il popolo alle urne su questi temi, perdendo, si è dato legittimità popolare alle norme contestate. Ma ci sono limiti oltre i quali non è più permesso tollerare nulla. Oltre i quali opporsi è un dovere etico e umano, prima ancora che un diritto politico. Perché quando per l'ennesima volta si va a toccare la dignità umana il silenzio non è più indifferenza, ma complicità.

Pubblicato il 

09.11.12

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