"Il problema? Troppi obiettivi per una sola area"

Silvano Toppi è un giornalista alternativo. Con l'aggettivo alternativo s'intende un giornalista non allineato, non omologato su posizioni comode o dogmatiche perché semplici e convenienti, ma un professionista dell'informazione abituato a guardare con occhio critico le notizie degne di essere raccontate. Non sono molti i giornalisti di tale spessore in circolazione. La sua carriera professionale lo attesta. Il suo essere "scomodo" lo ha anche pagato di persona. Nel 1987 è stato allontanato dalla direzione del Giornale del Popolo. Con lui, dovettero partire anche altri quattordici redattori, «costretti ad andarsene se volevano ancora rimanere "liberi"». Insieme hanno dato vita, sostenuti da migliaia di lettori ticinesi, a quell'eccezionale avventura editoriale che fu il Quotidiano, un «giornale indipendente da partiti, chiese e camarille varie» come dirà lo stesso Toppi nel libro che narra l'utopia giornalistica raccontata dai protagonisti. Un giornale che in poco tempo raggiungerà le migliaia di abbonati, finanziato da un azionariato popolare, ma destinato a soccombere nel giro di un anno e mezzo dall'ostruzionismo di chi aveva i mezzi, soprattutto economici, per evitare il consolidamento di un giornale indipendente in Ticino. Proprio in ragione della sua professionalità ed esperienza, a Toppi era stata chiesta una consulenza al momento del concepimento di area, dieci anni or sono. In questo viaggio fra il passato di area e le sfide future che l'aspettano, non si poteva non ascoltare quanto Silvano Toppi avesse da dire su questa esperienza editoriale, che, come esprime nel suo sottotitolo, si vuole "di critica sociale".

Signor Toppi, in un articolo di 9 anni or sono su questa testata, lei scrisse di essere sempre stato contrario «ad imbarcare anche il partito socialista nel progetto di un nuovo settimanale di critica sociale». Dal prossimo anno il Partito socialista non sarà più tra gli editori di area. Che cosa ne pensa?
Si riesce a far chiarezza. Costruire un giornale che  diventasse un'alternativa editoriale all'omologazione dei giornali presenti in Ticino, che fosse in grado di presentare una visione diversa dal pensiero unico dominante e si estendesse oltre un orto partitico, era l'obiettivo che ha poi  portato ad area. A mio modo di vedere quell'obiettivo è stato subito penalizzato dall'etichetta di "giornale del partito socialista". Anche perché molti socialisti erano e sono parte integrante di quel pensiero unico dominante. Così facendo è andato perdendosi l'aspetto essenziale, peraltro contenuto nel titolo della testata, di critica sociale. Che, sia  detto subito per inciso, è decisamente migliore di quello sempre più ambiguo di "giornale  progressista".
Crede che con un editore unico sindacale, diventerà maggiormente visibile la critica sociale?
Essendo meno vincolato nella condivisione del potere a livello cantonale o federale, il sindacato dovrebbe avere potenzialmente un margine di manovra più ampio rispetto al Ps. Non essendo condizionato dal partito ed essendo per definizione più dentro la realtà sociale, il sindacato dovrebbe poter esprimere una maggiore critica sociale. Va detto però che anche il sindacato ha dei limiti nella sua critica su certi temi che lo coinvolgono direttamente. Per essere concreti, l'attuazione di una politica ambientale potrebbe esigere una diminuzione o una mutazione  dei posti di lavoro in determinati settori, scontrandosi con la preoccupazione sindacale della difesa, innanzitutto, del posto di lavoro dei suoi  associati. In questo caso, potrebbe venir meno il contenuto di critica sociale se il sindacato non riuscisse ad assumere e promuovere un'altra logica politica e d'azione: quella, ad esempio, dell'investimento (vedi fonti energetiche alternative), della formazione (riconversioni), del diritto del lavoro e non solo al lavoro (precariato), della difesa del servizio pubblico e della strenua lotta alle privatizzazioni, dell'utilizzazione del risparmio dei lavoratori (vedi secondo pilastro, consegnato semplicemente nelle mani di banche e assicurazioni).
Un giornale indipendente dai suoi editori. Può esistere?
Non credo sia possibile essere indipendenti dal proprio editore. È inevitabile che un editore intervenga in un modo o nell'altro, non fosse altro perché esiste. Così come molti giornali non possono dirsi indipendenti dalla pubblicità. Sui quotidiani ticinesi di oggi, ad esempio, un giornalista non potrà scrivere un articolo nel quale evidenzia gli aspetti negativi della continua erosione di porzioni di territorio a favore dei grandi magazzini in un cantone che conta 300 mila abitanti. I grandi inserzionisti, che sono soprattutto i grandi magazzini, non lo accetterebbero. Se poi dipende dalla BancaStato, altro esempio di questi giorni, non si opporrà alla recente trovata di questo istituto pubblico di voler acquistare una società privata per affidarle il "private banking".
L'esperienza del Quotidiano ha insegnato che il libero mercato non era così libero. Oggi siamo nella stessa situazione?
Il mercato rimane sempre chiuso. Le difficoltà di avere un giornale che esca dall'omologazione sono ancora ben presenti. I giornali di oggi sono del genere "acchiappa tutto", ossia che parlano a tutti i potenziali lettori indistintamente di tutti gli argomenti immaginabili, offrendo punti di vista opposti. Si confonde pluralità con pluralismo. Questo può tradursi in una perdita dell'identità propria di una testata. Essere un giornale alternativo, portatore di critica sociale, significa sì dar voce a opinioni differenti, ma inquadrando il problema in una precisa angolazione che mi dica quale è l'identità del giornale. Insomma, non posso credere in un giornale che finge di essere neutrale (come non posso credere in un partito che si definisce o vuol essere centrista).
Un bilancio di area dei suoi primi dieci anni.
area aveva, a mio modo di vedere, un ottimo progetto di partenza. Conteneva però fin dall'inizio tre aspetti problematici. Voler essere un settimanale di critica sociale, legato al contempo ad un partito, quello socialista, in parte immobilizzato nel pensiero unico dominante, quasi  non ci fossero alternative. Seconda difficoltà, avere dei lettori (eredità sindacale) divisi geograficamente tra chi vive in Ticino o poco oltre  frontiera e i residenti oltre Gottardo (italofoni). Questo comporta la difficoltà di scegliere le notizie in grado di interessare tutti i suoi lettori, una gamma molto più estesa e impegnativa rispetto a quella di un giornale  "ticinese". Altra difficoltà, l'ambizione di essere un giornale di facile accesso, diciamo popolare, e al tempo stesso luogo di discussione intellettuale che potesse  fungere da motore di un cambiamento sociale. Quest'ultima ambizione, in un giornalismo dove predominano la semplificazione, l'ombelicismo cantonticinese e la  conta  elettorale, richiede un impegno di lettura più importante, rischiando di allontanare molti dei suoi lettori o di finire nell'accusa, come è capitato, di essere un giornale elettoralmente "inutile". La sfida nel coniugare il popolare e l'inchiesta o l'approfondimento rigoroso non è semplice. Credo però che il prodotto editoriale costruito nel tempo abbia comunque notevoli meriti e abbia raggiunto una sua dignità.
Parlando invece del futuro di area, non si può non accennare all'evoluzione dei mezzi d'informazione grazie al web. Lei come la valuta?
Osservo che mezzi d'informazione esclusivamente online assumono sempre maggiore importanza, tanto da essere citati quali fonti da altre 
autorevoli testate. Ne è un esempio significativo La Voce, in Italia, unico strumento di  valida critica alla  politica governativa. Anche nei grandi giornali la tendenza è avere sia la versione cartacea sia quella online. Un sito internet può rendere più facile la consultazione, l'analisi e l'interazione con i propri lettori. Anche per area l'internet potrebbe costituire un vantaggio, a patto di sapere poi quali contenuti inserire nel sito, e di riuscire anche nell'uso di questo mezzo mediatico a differenziarsi dagli altri siti.

Pubblicato il

19.12.2008 03:30
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